BERLUSCONI: “LA MIA CONDANNA E’ GIA SCRITTA”
RUBY, OGGI IL VERDETTO… L’ULTIMO PRESSING SUL COLLE
L’ora fatale della sentenza Ruby è arrivata, Berlusconi l’attenderà ad Arcore come sempre.
Poi in settimana racconterà la sua «verità », in televisione, l’unico foro che riconosce e davanti all’unica giuria dalla quale si aspetta un’assoluzione: il pubblico.
Al ricevimento per il matrimonio di Geronimo La Russa, il Cavaliere sabato notte (è rimasto fino all’una) è apparso quasi indifferente alla sua sorte.
Seduto al tavolo con Sergio Dompè, Adriano Teso e altri industriali, Berlusconi aveva poca o nessuna voglia di parlare di politica.
Ma quando, inevitabilmente, uno degli ospiti gli ha chiesto della sentenza in arrivo dal Tribunale di Milano, l’ex premier ha scosso la testa: «È impossibile che mi condannino, sarebbe una cosa talmente assurda… io comunque non getterò la spugna».
L’ultimo che gli ha parlato ieri, mentre il premier riceveva messaggi di solidarietà preventiva da mezzo partito, ha colto in Berlusconi una cupa vena di pessimismo: «La condanna è già emessa, mi aspetto che quelle tre donne scrivano di tutto e di più, finirà male: mi vogliono far sparire dalla scena politica ».
Anche per questo, venti giorni fa, il Cavaliere aveva tentato il tutto per tutto, spedendo al Quirinale un recalcitrante Angelino Alfano (convinto che sarebbe stato un buco nell’acqua) per supplicare il capo dello Stato di firmare un decreto di nomina a senatore a vita per Berlusconi. «Ma Napolitano – si è sfogato l’ex premier con un amico – gli ha risposto quasi indignato, come se fosse una richiesta assurda. Da quel momento ho capito che mi avrebbero condannato e che la Consulta mi avrebbe dato torto sul legittimo impedimento. E così è stato».
Il leader del Pdl ha fatto giungere segnali anche al premier, facendo presente che avrebbe apprezzato un gesto di copertura da parte del governo.
«In fondo – ha argomentato Berlusconi – se non fosse per me Enrico Letta non sarebbe a palazzo Chigi ». Come ha detto ieri la senatrice Pdl Elisabetta Alberti Casellati, visto che «la persecuzione giudiziaria subita da Berlusconi è sotto gli occhi di tutti, il presidente del Consiglio se ne faccia carico nell’interesse dei cittadini ».
Ma anche da palazzo Chigi, a parte le parole di umana comprensione del premier dopo la sentenza della Corte costituzionale, non è arrivata più alcuna risposta.
Enrico Letta, intervistato da Lucia Annunziata a In mezz’ora, ha alzato un muro di indifferenza per la sorte giudiziaria del Cavaliere: «Ho sempre pensato che devo lavorare come se questi temi non ci fossero. Il governo rispetta l’autonomia della magistratura, noi lavoriamo per aiutare il Paese e la giustizia civile ha problemi maggiori di quella penale ».
Berlusconi intende ora reagire in due modi, con un risposta a breve ai magistrati e una conseguenza di più lungo periodo sul fronte politico.
La risposta a breve arriverà in settimana (oggi ci sarà solo una nota scritta concordata con Bonaiuti e gli avvocati) e sarà ovviamente in televisione.
Il Cavaliere intende ripetere a qualche milione di italiani, possibilmente sulla Rai, quella che definisce «la mia verità » e che è stata già confezionata nei due speciali andati in onda su Mediaset.
Nessuna manifestazione a Milano, nessuna mobilitazione oggi al Tribunale.
Gli stessi responsabili dell’Esercito di Silvio, la nuova organizzazione nata proprio per scendere in piazza in difesa del leader «perseguitato », negano che ci siano in campo iniziative: «La manifestazione davanti al Tribunale sarebbe un dèjà vu».
È un missile a due stadi quello che sulla rampa di lancio.
Perchè la strategia preparata ad Arcore prevede un’escalation politica che fornisca il terreno adatto a una crisi di governo.
Da aprire in estate sui temi dell’economia o sull’Imu.
Uno dei falchi Pdl spiega con parole dure il concetto: «Per noi il governo ormai è finito. Sta in piedi, ma è solo questione di tempo. Tanto, qualsiasi cosa accada, non può essere peggiore della prospettiva di vedere Berlusconi in galera ».
Il prossimo bersaglio, destinato a diventare il capro espiatorio della rabbia Pdl, sarà il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni.
La pressione contro di lui aumenterà giorno dopo giorno, sperando di metterlo con le spalle al muro. «Il governo non ha più bisogno di un “Signor No” – osserva un alto esponente del Pdl – altrimenti tanto valeva tenersi Tremonti o Grilli. Serve qualcuno che trovi le soluzioni, non l’ennesimo esecutore della volontà della Merkel».
Voci di questa escalation che potrebbe sfociare in una crisi sono giunte fino a Mario Monti che ieri sera, in un orario domenicale insolito, ha lanciato l’allarme per iscritto: «Un indebolimento del governo sarebbe pagato dai cittadini e dalle imprese attraverso un ritardo della ripresa economica e maggiori tassi di interesse. Il governo, tutore del bilancio pubblico e responsabile verso tutti gli italiani di oggi e di domani, non può e non deve sentirsi tenuto a mantenere promesse elettorali fatte, talora irresponsabilmente, dai partiti».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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