BREXIT, OLTRE 2 MILIONI DI FIRME PER UN NUOVO REFERENDUM SULLA UE
LA PETIZIONE CHIEDE UNA LEGGE CHE PREVEDA UNA SECONDA CONSULTAZIONE SE NELLA PRIMA L’AFFLUENZA E’ INFERIORE AL 75% E IL RISULTATO SOTTO IL 60% DI VOTI…E INTANTO LA SCOZIA VUOLE STACCARSI DALLA GRAN BRETAGNA
Petizione per nuovo referendum. La petizione per una nuova consultazione ha superato i due milioni difirme. È pubblicata sul sito del parlamento britannico (https://petition.parliament.uk/petitions/131215), che, a un certo punto, è andato in tilt a causa dei troppi accessi.
I firmatari chiedono la promulgazione di una nuova legge che consenta la ripetizione del referendum in caso di un risultato del ‘Leave’ o del ‘Remain’ inferiore al 60%.
E che abbia come condizione minima un’affluenza alle urne non inferiore al 75%. Insomma, sarebbe un escamotage per poter ripetere la consultazione: in molti ritengono che difficilmente la petizione avrà seguito, tuttavia è eccezionale la quantità di firme a sostegno che in breve tempo ha ottenuto.
Va precisato che le petizioni inviate al governo e al parlamento che raccolgono almeno 100mila firme vengono automaticamente considerate per un dibattito parlamentare.
Doppio referendum: i precedenti.
Appare molto improbabile l’organizzazione di un nuovo referendum sulla Brexit come chiesto dai firmatari. Ma esistono dei precedenti. In Irlanda la ratifica dei trattati Ue di Nizza e di Lisbona è stata realizzata in due tempi, organizzando un secondo referendum, con risultati positivi, dopo la bocciatura di una prima consultazione popolare.
Una curiosità infine: persi i referendum sul Trattato di Nizza, Francia e Olanda decidono di non prendere rischi per la fase successiva. Il trattato di Lisbona viene ratificato per via parlamentare in ambedue in Paesi nel 2008.
La Norvegia ha indetto due referendum per l’entrata nell’Ue, ed entrambe le volte i cittadini hanno bocciato la proposta sebbene con un lieve margine, il primo nel 1972, il secondo nel 1994.
Secondo referendum indipendenza Scozia.
Un secondo referendum per l’indipendenza della Scozia, all’indomani dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, è “un’opzione concreta”.
Lo ha affermato il first minister scozzese, Nicola Sturgeon. Il governo scozzese chiederà di avviare “discussioni immediate” con Bruxelles “per proteggere il posto nell’Unione Europea della Scozia” che s’è espressa a favore dell’Europa.
Le manovre nei due partiti. Sono in pieno fermento, intanto, le manovre politiche all’interno dei due partiti più importanti, laburisti e conservatori.
Tra i laburisti: le critiche di Blair a Corbyn.
L’ex premier britannico Tony Blair non risparmia critiche anche al leader laburista Corbyn: “Ha dato un sostegno insufficiente alla causa del Remain. Non è riuscito a spiegare all’elettorato laburista che questo non era un voto di protesta contro il governo conservatore, la sua politica, i suoi tagli. Ha permesso che un’ampia parte del nostro elettorato votasse per Brexit, insieme a Ukip e all’ala più euroscettica dei Tories. Senza i voti del Labour, Brexit non avrebbe vinto”.
Corbyn si difende.
Jeremy Corbyn (che invita il Paese “a unirsi dopo la divisiva campagna sul referendum”), si dice pronto a ricandidarsi alla guida del partito laburista, se la sua leadership fosse messa in discussione. “Le nostre politiche commerciali, economiche e migratorie – ha aggiunto – devono cambiare, non possono essere lasciate a Johnson, Farage e Gove”, principali sostenitori della campagna pro-Brexit.
Tra i conservatori: la fronda anti Johnson.
La faida fra i Tory, degenerata in campagna referendaria, si sposta ora sul terreno dell’elezione del leader. La resa dei conti, dopo l’annuncio di dimissioni di Cameron, è fissata dopo l’estate.
È il Times a rivelare una fronda tutta interna al partito conservatore per evitare che Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra leader della campagna pro-Brexit, diventi primo ministro in seguito alle annunciate dimissioni di David Cameron.
(da “La Repubblica”)
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