CASO LA RUSSA, IL SILENZIO DELLA MELONI: MA IN PASSATO DIFENDEVA A PAROLE LE DONNE VITTIMA DI VIOLENZA
QUANDO ATTACCO’ BEPPE GRILLO CHE DIFENDEVA IL FIGLIO CIRO
È sempre la stessa storia, più o meno: garantisti e pacati con gli amici, forcaioli ed esagitati con tutti gli altri. Vale anche per Giorgia Meloni e il delicato tema della violenza sessuale. Quando in passato le notizie di cronaca – con indagini spesso ancora tutte da fare – riguardavano presunti molestatori stranieri e Fratelli d’Italia stava all’opposizione, era un tripudio di “vermi” (testuale: “branco di vermi magrebini”, agosto 2017), “bestie”, “animali” e altri epiteti; né ci si faceva troppi problemi a invocare la castrazione chimica oppure in alternativa una pena di 40 anni di carcere. Addirittura lo scorso anno, con la campagna elettorale per le Politiche in corso, Meloni condivise sui propri canali social il filmato di uno stupro in strada a Piacenza, ad opera di un uomo di colore. Tutto faceva brodo per alimentare la macchina del consenso centrata su un’aggressiva retorica anti-immigrazione e in chiave securitaria. “Adesso lo Stato indagherà?”, si domandava sempre nel 2017, con quel fare un po’ complottista, riguardo a un tentativo di stupro subìto da una ragazza romana (e presunto aggressore bengalese).
Invece sul caso che coinvolge il figlio di Ignazio La Russa, Leonardo Apache, la presidente del Consiglio sceglie un rispettoso e istituzionale silenzio. Non ripete ad esempio lo stesso giudizio rivolto a Beppe Grillo: il fondatore del M5S infatti ha vissuto e sta vivendo un’esperienza simile a quella del presidente del Senato e sempre come La Russa difese a spada tratta il figlio Ciro. “Mi ha colpito il modo in cui Grillo ha minimizzato su un tema pesante, come quello che è la vicenda della presunta violenza sessuale”, disse la leader di destra due anni fa. Al compagno di partito che ha messo in discussione la testimonianza della ragazza, tirando in ballo la non immediatezza nella denuncia e il suo utilizzo di cocaina, Meloni non ha ricordato ciò che aveva spiegato accorata lo scorso novembre al convegno ‘I risultati della Commissione Femminicidio’, cioè che “molte donne non hanno il coraggio di denunciare” le violenze che subiscono e che se lo trovano, anche a distanza di tempo, forse non sarebbe il caso di darle delle bugiarde.
E pensare che esattamente dieci anni fa (29 maggio 2013) sempre Meloni intervenne in aula alla Camera per annunciare il sì di Fratelli d’Italia alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Un sì poi smentito sei anni dopo in europarlamento dai suoi eletti, ma comunque quel giorno Meloni fece un intervento sul tema con La Russa accanto a lei ad ascoltarla: “La violenza sulle donne qui e oggi è ancora la violazione dei diritti umani più diffusa in assoluto. In Italia nella quasi totalità dei casi la donna sceglie di non denunciare, oltre il 90 per cento di quelle che subiscono violenza sessuale, ed è un tipo di violenza che a volte le perseguita per anni, per decenni”. Quando Meloni a fine discorso si rivolse all’allora presidente della Camera Laura Boldrini (“Mi consenta di far notare che anche in questo dibattito sono soprattutto le colleghe donne a intervenire, questo tradisce un problema culturale, la violenza sulle donne non è un problema delle donne ma della società”) il fino a quel momento imperturbabile La Russa ebbe qualche secondo di ilarità, con faccette e sorrisini: forse gli conveniva prendere sul serio l’argomento.
(da agenzie)
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