CASO RUBY: IL BIGLIETTO DA VISITA E LA CARRIERA LAMPO DI BELSITO, SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA DA DISCOTECA
IL “FRATELLO COLTELLO” MARONI HA CHIESTO UNA NOTA INFORMATIVA SUL COLLEGA BELSITO… QUEL BIGLIETTO TROVATO A CASA DI RUBY MANDA IN FIBRILLAZIONE LA CASTA DI VIA BELLERIO
“Un biglietto da visita riportante la dicitura ‘Presidenza del Consiglio dei ministri — dottor Francesco Belsito, sottosegretario alla semplificazione normativa’”.
È scritto nel verbale che elenca il materiale sequestrato dalla polizia a Ruby. Una riga in mezzo a un mare di oggetti: scarpe, vestiti, Rolex, carte di credito. Eppure quel breve accenno ha mandato in fibrillazione il sottobosco politico.
Belsito non è toccato dall’inchiesta milanese.
Un’eventuale conoscenza con Ruby sarebbe del tutto lecita.
Lui, il sottosegretario, si è però subito affrettato a gettare acqua sul fuoco: “Ruby non l’ho mai vista nè conosciuta. E non sono mai stato all’Albikokka, il locale che frequenta. Sono una persona riservata”.
Ma come mai Ruby aveva il suo biglietto da visita?
“Sono un uomo politico, vedo centinaia di persone e distribuisco i miei biglietti”.
Belsito, volto rotondo e appena quarant’anni, è uno degli astri nascenti del potere leghista.
Personaggio potente quanto poco noto, è l’uomo dei conti di Calderoli e Bossi.
Un politico dal curriculum atipico: i primi passi nelle discoteche genovesi, poi diventa autista e collaboratore di Alfredo Biondi e dopo quattro anni eccolo al governo.
Belsito oggi è, però, soprattutto uno dei nodi intorno ai quali si consuma il confronto sordo tra gli uomini del Senatùr e quelli del ministro dell’Interno, Roberto Maroni.
E proprio dal Viminale nei mesi scorsi è stata richiesta agli uffici interni un’informativa su Belsito.
Un’azione che sarebbe da collegare a episodi di cronaca di cui il neo-sottosegretario è stato protagonista.
Perfino a Genova, la sua città , pochissimi lo conoscono, almeno nelle aule della politica.
Il suo nome, fino a pochi anni fa, circolava piuttosto negli ambienti “notturni” perchè Belsito faceva l’organizzatore nella nota discoteca Cezanne.
Poi eccolo tentare la via dell’impresa: aveva tra l’altro partecipazioni in due società poste in liquidazione .
Infine è stato consigliere fino al 1999 di una cooperativa in fallimento dal 2000.
Ma Belsito lavora dietro le quinte, diventa collaboratore di Alfredo Biondi nel 2006: “Lo accompagnava in giro”.
Insomma, un po’ autista, un po’ segretario.
Chi avrebbe detto che dopo una manciata d’anni si sarebbe ritrovato al governo.
L’occasione arriva quando Belsito incontra Maurizio Balocchi, che a sua volta era l’uomo dei conti della Lega.
L’uomo che delle casse del Carroccio sapeva tutto.
Belsito gli diventa amico, si guadagna la sua fiducia fino a diventarne alla morte l’erede politico.
È così che conquista la Lega che gli garantisce tante occasioni (e poltrone): prima quella ambita di consigliere della Filse, la finanziaria della Regione Liguria che amministra miliardi.
Poi quella di vice-presidente di Fincantieri, carica nuova di zecca costruita su misura per lui (“Adesso mi sono autosospeso”, assicura Bel-sito).
Ma Belsito è soprattutto amministratore della Editoriale Nord che fa capo alla Lega.
Il colpaccio arriva nel febbraio 2010 quando, proprio sostituendo Balocchi, Belsito diventa addirittura sottosegretario alla Semplificazione Normativa. Quanta strada dalle piste da ballo del Cezanne.
Con l’incarico ecco, però, le prime rogne, le polemiche.
Qualcuno, andando a vedere il curriculum ufficiale del membro del governo, nota una frase: “Laureato in Scienze politiche”.
E scoppia il caso: nei documenti depositati al cda della Filse — scrisse Giovanni Mari sul Secolo XIX — lui aveva dichiarato di essere laureato in Scienze della Comunicazione.
Allora? Alle domande del cronista il neo-sottosegretario rispose:
“Le ho tutte e due”.
Ma dove le ha prese? A Malta e a Londra.
Alla segreteria dell’ateneo di Genova , dove dovrebbero essere passate le pratiche per il riconoscimento delle lauree all’estero, la carriera universitaria di Belsito risultò “annullata”.
Due mesi fa i sindacati di polizia insorgono scoprendo che la Porsche Cayenne posteggiata abitualmente negli spazi riservati alle auto di servizio della Questura di Genova altro non è che l’auto privata — anche se intestata a una società di noleggio di Roma — di Belsito.
Un tipo cortese che, però, sa tirare fuori i denti: “Alla polizia faccio solo un favore, almeno evito agli agenti di venirmi a prendere”.
Poi un attacco a Roberto Traverso, sindacalista: “Vada a lavorare”.
Adesso, però, ecco quel biglietto da visita.
E sotto la pelle il Carroccio è diviso: una parte ad augurarsi che quel dettaglio non porti grattacapi, un’altra fetta a sperare che il potente Belsito si bruci e gli uomini di Bossi debbano mostrare i loro conti.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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