CASO RUBY, IL QUESTORE, IL PREFETTO E LE PRESSIONI DEL PREMIER: LA FIDANZATA DEL NARCOS RICEVUTA DA LOMBARDI
LA POLANCO TELEFONO’ IN PREFETTURA: “CHIAMO DA PARTE DEL PRESIDENTE BERLUSCONI”….IL PREFETTO ACCOGLIE LA SOUBRETTE CHE CHIEDEVA AIUTO PER LA CITTADINANZA E LA CONGEDA CON UN “MI SALUTI IL PRESIDENTE”…I SINDACATI DI POLIZIA: “SERVITORI DELLO STATO O SERVI DEL POTERE?”
Questa storia complessa e penalmente rilevante che va dal bunga bunga alla telefonata in questura per sottrarre alla polizia una minorenne frequentatrice di Arcore, sta creando, insieme con le ultime scoperte, un piccolo terremoto nel cuore degli apparati di sicurezza.
I sindacati per ora “stanno fermi”.
Hanno già protestato tutti per difendere i colleghi accusati dal premier di perquisizioni “indegne di un paese democratico”.
Ma dietro le quinte sono ancora furibondi: “Sembriamo dei servi del potere, altro che servitori dello Stato e professionisti della sicurezza”, dicono.
Proviamo ad osservare dalla loro prospettiva il film berlusconiano.
Lo scandalo Ruby è esploso a fine ottobre 2009 e le indagini sono in corso. Varie cose sono accadute.
Per esempio, la consigliere regionale Nicole Minetti sa che il convivente della soubrette Marysthel Polanco è stato arrestato per droga.
E quando è stato acchiappato era sull’auto che lei aveva prestato all’amica dei bunga bunga di Arcore.
Questo narcos e Berlusconi hanno dunque condiviso la stessa donna, ognuno a casa sua. Questioni di cuore.
Qui importa altro.
Nonostante questa tempesta giudiziaria sia in corso, il 4 dicembre, alle 15, una telefonata di Palazzo Grazioli, abitazione romana di Berlusconi, arriva a Marysthel: “Buonasera, le dovrei dare il numero di telefono del prefetto Lombardi… come Lombardia senza a”.
Due giorni dopo Marysthel si fa viva: “Allora io la chiamo da parte del presidente Berlusconi, non lo so se era giusto dirlo a lei…”
È la parola magica. La segretaria del prefetto diventa più gentile: “Ovviamente io ho avuto questo input … mi può attendere solo un attimo?”.
È davvero un attimo: “Il prefetto mi diceva di verificare con lei l’orario per l’incontro”.
Ora il punto, al di là delle raccomandazioni, per detective e sindacati è: ma questo Berlusconi non ha esitazioni nell’aiutare la donna di un narcos?
Salta le rigorose procedure che riguardano gli stranieri grazie a Berlusconi: “Daranno il passaporto italiano a me ed a Maitè… Sicuramente in due settimane…”, esulta la Polanco con la mamma.
In realtà , come le spiega direttamente il prefetto Lombardi, le verifiche, purtroppo non aiutano. Intanto la soubrette può andare in prefettura, ed entrarci in auto: “Non perda tempo a cercare parcheggio”.
Come il prefetto viene tirato in mezzo per quest’amica di Berlusconi, così è successo in questura per l’altra amica, la più famosa e famigerata Ruby Rubacuori, allora minorenne.
Come si sa, Berlusconi chiama da Parigi e parla con il capo di gabinetto della Questura di Milano, Pietro Ostuni. “Il Presidente del Consiglio disse che la ragazza gli era stata segnalata come la nipote di Mubarak e che il consigliere Minetti”, sempre lei, “era disposto a farsene carico. Io mi sono preoccupato – spiega nel verbale d’interrogatorio il questore Vincenzo Indolfi – che la gestione della minorenne fosse stata lineare da parte dell’ufficio (…) il fatto che la Presidenza del Consiglio avesse raccontato una balla per me era poco importante”.
Ma è davvero così semplice e poco importante questa “balla”?
Ruby viene rilasciata alle 2 e ieri, in una spericolata intervista al Giornale, Nicole Minetti aggiunge sulla liberazione di Ruby un suo “ricordo” piuttosto sdrucciolevole.
Dice: “I funzionari hanno contattato la famiglia in Sicilia ma ci sono dei problemi”.
Pessima parola, “problemi”, nel corso di un’inchiesta sulla concussione. “L’unica soluzione – aggiunge Minetti – è l’affido temporaneo. A me (…) Io insisto: “Ma deve dormire da me?”. “No”, mi spiegano, “l’importante è la vostra reperibilità , di lei e di Ruby, sul cellulare per 48 ore””.
Siamo sicuri che funzionino così le procedure d’identificazione e affido dei minori accusati di furto? Pare di no.
Ed è certo che il fax con la richiesta d’accertamento dell’identità alla questura di Messina smentisce i poliziotti: parte dopo che Ruby è uscita, solo alle 2.20. E, di più, “la volante Taormina 1 riferisce che la pattuglia prese contatto solo alle ore 4 del 28 maggio 2010 con i genitori di El Mahroug Karima”, che “dichiarano di non avere i documenti della figlia e negano qualsivoglia parentela con Mubarak”.
Ora, s’indignano i poliziotti, se è vero che Karima era stata “segnalata” a
Berlusconi per la parentela con il presidente egiziano, come mai, quando i genitori negano “qualsivoglia parentela”, nessuno avvisa Berlusconi che può stare tranquillo?
E, anzi, può dirlo allo “zio”?
Perchè nessun documento riporta traccia della telefonata del premier?
Sono domande cruciali, i poliziotti lo sanno.
E dovrebbe saperlo anche il ministro leghista Roberto Maroni, che intorno alla questione ha rivendicato in Parlamento una correttezza che non è evidente, anzi.
Da allora tace.
Chissà se sta leggendo anche lui gli inviti a comparire. Dove si sottolinea come Ruby alle 4.53 si collega a Internet dalla casa di Michelle Coinceicao: cioè in luogo espressamente vietato dal magistrato dei minori Anna Maria Fiorillo.
Servire lo Stato o servire Berlusconi: a questo è ridotto il dilemma di funzionari, di detective e pure dei leghisti?
Piero Colaprico
(da “La Repubblica“)
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