Febbraio 8th, 2020 Riccardo Fucile
SARA’ DESTINATO ALL’OSPEDALE PEDIATRICO REGINA MARGHERITA DI TORINO… DOPO TIZIANO FERRO E RULA JEBREAL, UN ALTRO GRANDE GESTO
Dopo Tiziano Ferro, e Rula Jebreal anche Georgina Rodriguez ha deciso di devolvere il suo
intero cachet in beneficenza.
Nelle ultime ore è trapelato che la modella spagnola avrebbe deciso di donare quanto ricevuto per la sua partecipazione al Festival di Sanremo all’Ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino.
Sulla notizia non c’è ancora l’ufficialità e nè Cristiano Ronaldo nè Georgina Rodriguez hanno confermato la decisione.
Secondo La Repubblica lo staff della modella ha preso contatti con l’ospedale pediatrico. La cifra, che non è stata resa pubblica, si aggirerebbe sui 140mila euro.
(da agenzie)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
BOOM DI ASCOLTI, PUNTE MASSIME DI SHARE PER LE CANTANTI CHE ANNUNCIANO IL CONCERTO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE, GABBANI CON IL TRICOLORE INSIEME AD ALTRI “ASTRONAUTI” DI ETNIE DIVERSE, ACHILLE LAURO ALLA DAVID BOWIE
Archiviata la terza puntata del Festival di Sanremo, quella dei duetti e delle cover dei 24 big in gara. Gli ascolti continuano a premiare l’edizione condotta da Amadeus con una punta di 15,4 milioni di spettatori quando sono salite sul palco Alessandra Amoroso, Gianna Nannini, Emma, Elisa, Laura Pausini, Fiorella Mannoia e Giorgia, le sette artiste che hanno annunciato un grande concerto contro la violenza sulle donne. Durante l’esibizione di Mika invece c’è stato il record dello share che ha toccato il 60.9%.
Il Festival che nessuno dei sovranisti doveva guardare a quanto pare lo stanno guardando quasi tutti (tranne Salvini).
Gli italiani guardano Sanremo, ma chi sono “gli italiani”?
I casi sono due, o quelli che hanno promesso boicottaggi vari — da quello contro Rula Jebreal a quello contro Junior Cally — se ne sono dimenticati oppure alla fine tutti si sono fatti prendere dalla curiosità di guardare quello che succede sul palco dell’Ariston.
E forse ieri sera di sorprese ne hanno avute parecchie. A cominciare dall’esibizione di Francesco Gabbani, che ha cantato una cover de L’Italiano vestito da astronauta (ieri il cosmonauta italiano Luca Parmitano è tornato sulla Terra) sventolando una bandiera dell’Italia.
Una performance che molti hanno etichettato come sovranista ma che in realtà aveva un significato diametralmente opposto. Perchè ad un certo punto con Gabbani sono saliti sul palco sei sbandieratori, anche loro vestiti da astronauti.
E tutti di etnie diverse, diverse età e diverse provenienze geografiche ma ugualmente italiani. Perchè come ha scritto Gabbani su Twitter: «siamo tutti italiani, anche sulla Luna». E gli italiani veri della canzone di Toto Cotugno non sono solo quelli nati qui da genitori italiani da non so quante generazioni.
Gli italiani sono quelli che si sentono tali, che vivono nel nostro Paese o che sono dovuti emigrare all’estero. Sono italiani anche quelli che qualcuno non vorrebbe fossero tali: i figli degli immigrati, gli “stranieri” che lavorano assieme a noi e vivono in mezzo a noi.
La pacata reazione dei sovranisti per la presenza di “ballerini non connazionali” non si è fatta attendere. Come facciano a sapere che i ballerini non hanno la cittadinanza italiana non è dato di saperlo. O meglio, lo sappiamo bene come fanno a saperlo: hanno la pelle, gli occhi o chissà cos’altro che non è quello dell’italiano vero, tradizionale, DOCG.
Ma non c’è stato solo Gabbani. Ieri sera Junior Cally ha bellamente perculato i leghisti cantando «in mezzo a questi pesci grossi preferisco le sardine» mentre Vito Dell’Erba, il cantante dei Viito che lo accompagnavano nella cover di Vado al Massimo di Vasco, ha sfoggiato un messaggio che ha fatto inorridire la Redazione di Libero: «ok boomer».
C’è stato l’impacciato tentativo di bacio tra Elettra Lamborghini e Myss Keta, una citazione di quello tra Madonna e Britney Spears ai VMA del 2003? Non importa, sono cose non fanno scandalo per il pubblico di questi cantanti.
Achille Lauro, che già aveva “sconvolto” tutti con la sua tutina dorata ieri è salito sul palco con un omaggio a Ziggy Stardust, uno dei più famosi e amati alter ego di David Bowie che su Facebook il trapper ha definito «anima ribelle simbolo di assoluta libertà artistica espressiva e sessuale e di una mascolinità non tossica».
È la classica paraculata? Una scelta di marketing? Citazionismo? Qualcuno ha scambiato Sanremo per la settimana della moda? Può essere tutto e niente e tutto assieme. Chiamatelo come volete, tanto sono giorni che dicono che Achille Lauro “copia” Bowie (o Renato Zero). E se lo fa lo fa da un bel po’.
Ma il suo duetto con Annalisa con la cover de Gli uomini non cambiano di Mia Martini (una, tanto per restare nel tema del sessismo, che per colpa degli uomini ha sofferto molto, troppo) è andato oltre la maschera di Ziggy Stardust/David Bowie. A partire dalla scelta di rispettare il testo e cantare la canzone lasciandola al femminile. E non è solo perchè Achille Lauro, se ne frega, è una questione di lasciare un messaggio.
Un messaggio che — al netto di tutte le trovate per attirare l’attenzione — è chiaro ed è stato capito. Non dai boomer ma da quella generazione che ascolta Achille Lauro da ben prima di Sanremo o di Rolls Royce.
Persone che hanno letto il suo libro o vanno ai suoi concerti e che se ne fregano se è tutto costruito, se non sa cantare bene (ieri però è stato uno dei migliori nonostante non abbia le doti vocali per competere con l’originale). E che se ne fregano anche del fatto che il messaggio possa essere visto come rivoluzionario.
Anzi, ridono di noi, dei vecchi, che pensano che Achille Lauro stia facendo davvero qualcosa di rivoluzionario. Perchè per loro, le nuove generazioni, la generazione Z sono cose abbastanza normali, quotidiane o scontate.
I ragazzi e le ragazze di oggi non hanno bisogno di Achille Lauro per scardinare la società eteronormativa. Non hanno bisogno di Gabbani per sapere che il compagno di banco “cinese” è italiano quanto loro.
E forse ci guardano con compassione quando scriviamo e diciamo che a Sanremo sta succedendo una mezza rivoluzione perchè uno ha portato sul palco “ballerini non connazionali” e un altro si esibisce en travesti.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 7th, 2020 Riccardo Fucile
C’E’ CHI ADERISCE A UN GRUPPO AUTONOMO FONDATO DALL’EX COORDINATORE E CHI VA VERSO FRATELLI D’ITALIA
A poco più di dieci giorni dall’ultimo minitour, Matteo Salvini torna in Calabria. Motivazione
ufficiale “ringraziare gli elettori perchè è la prima grande regione del Sud ad avere quattro consiglieri regionali della Lega”.
Problema ufficioso, strigliare le truppe, in primis quelle aree assai ben definite ancora interne alla Lega, che con Fratelli d’Italia sembrano andare d’amore e d’accordo e più di uno dice pronte a portare in dote al partito di Giorgia Meloni consiglieri e forse assessorati.
Non a caso la maggior parte della visita del leader della Lega in Calabria se ne va per una riunione interna e blindatissima. In un noto albergo reggino si danno appuntamento neoconsiglieri, grandi elettori, militanti, aspiranti assessori, portatori d’acqua e sottobosco di partito. E la cosa si prolunga ben oltre il previsto.
Le truppe si stanno sfaldando, c’è chi in campagna elettorale ha giocato su più tavoli e più liste, mentre un pezzo di Lega, che faceva capo all’ex coordinatore del reggino, Michele Gullace, si è già trasferita armi e bagagli in un nuovo micropartito, la Lega per l’Italia. Troppe variabili impazzite per Salvini, che in Calabria ha il primo test della strategia di apertura a Sud decisa all’ultimo congresso.
Una linea che alla vecchia guardia non piace per nulla, come ha detto a chiare lettere il Senatur Umberto Bossi, e su cui Salvini si sta giocando la leadership. E non si può permettere passi falsi.
Traduzione, il messaggio per tutti è che il Capitano è uno e la linea si decide in via Bellerio, dunque nessuno sogni di giocare da solista. E poco dopo, sul palco, nessuno ha facoltà di parola, salvo il commissario regionale, Cristian Invernizzi. A fare da scenografia muta ci sono eletti e non eletti, l’unico deputato leghista calabrese, Domenico Furgiuele, che compare ma nessuno nomina.
Quello di Salvini è un one man show. E tocca a lui lanciare il guanto di sfida alla neopresidente della Regione Calabria, Jole Santelli.
Nonostante la Lega abbia mancato l’obiettivo di primo partito della coalizione, non sembra intenzionata a cedere il passo a Forza Italia o Fdi. Per questo alza la posta, lanciando pubblicamente sulle imminenti comunali di Reggio Calabria. “Alle prossime elezioni del Sindaco e del Consiglio comunale di Reggio Calabria – dice Salvini – parteciperemo con una nostra lista e contiamo di avere un buon risultato”
Per il resto, Salvini procede spedito con l’edizione riveduta e corretta del disco da campagna elettorale.
Dal palco urla contro i clan e dice “dove ci sarà un procuratore come Nicola Gratteri ci sarà la Lega, dove ci saranno i mafiosi noi saremo pronti a prenderli a calci”. Non tutta la platea reagisce con caldi applausi, ma si infiamma quando il Capitano si lamenta “ci sono giudici come Gratteri che ripuliscono la Calabria e altri che vogliono processare me”, con tanto di chiamata al tesseramento a sostegno (finanziario) del partito. “Sono dieci euro a tessera, ma sono un messaggio importante anche per me. Significa che mi sosterrete”. E poi ci sono debiti da ripagare in ottanta anni di comode rate. Ma questo Salvini non lo dice.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 6th, 2020 Riccardo Fucile
“NON MI PIACE NESSUN POLITICO DI OGGI”
Rita Pavone era una delle artiste più attese a Sanremo 2020 e sin da subito la sua partecipazione
era stata vista in modo divisivo, ma la cantante ha subito chiarito: “Non sono sovranista, ma solo una liberale. Sono per il libero pensiero e se sono d’accordo con quello di un altro politico per un particolare argomento lo dico senza problemi. C’è un errore di base, io sono una persona liberale. Non ascolto se destra, sinistra o centro. Mi piace quello che dicono le persone e non metto i paraocchi come i cavalli. Io non ho mai bussato in 58 anni di carriera alla porta di un politico”.
Poi sul tweet di due anni fa incriminato: “Io non ho detto nulla su Pearl Jam. Io vado in giro per il mondo ma non mi sono mai permessa di giudicare la politica degli altri, è giusto che se faccio una cosa qualificata dica la mia opinione. Ma se vengo ingaggiata per fare un concerto non vuol dire se la penso in modo diverso offendere qualcuno. Ridirei ancora oggi la mia opinione”.
(da agenzie)
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Febbraio 6th, 2020 Riccardo Fucile
DA QUANDO IL RADICALCHIC SALVINI HA ANNUNCIATO CHE NON GUARDERA’ SANREMO SONO AUMENTATI I TELESPETTATORI
Alla fine Junior Cally è salito sul palco dell’Ariston, senza maschera e con un vestito che
ricordava molto l’orbace dei gerarchi fascisti. Ha cantato No Grazie, una canzone dove non incita al femminicidio e alla violenza sulle donne e non ci sono nemmeno insulti alle forze dell’ordine.
Perchè alla fine tutta la polemica di Matteo Salvini e dei sovranisti su Junior Cally è stata scatenata a causa di questi due versi: «Spero si capisca che odio il razzista/Che pensa al Paese ma è meglio il mojito»
Due barre dedicate al sedicente Capitano, cui per altro fanno seguito altri due versi su un certo liberista che si professa di sinistra e che ha fondato un nuovo partito (Matteo Renzi).
Alla fine della serata il brano è ultimo nella classifica. Al punto che oggi Libero lancia la notizia così: “Sanremo 2020, Junior Cally ultimissimo in classifica: al Festival il trionfo di Salvini“. E non si capisce di che trionfo si tratti, Salvini non è in gara e i suoi inviti a non guardare il Festival (la prima serata ha detto che andava a teatro, ieri che avrebbe letto un libro) non sembrano funzionare molto visto che ieri sera sono stati 9 milioni 962mila, pari al 53.3%, i telespettatori che hanno seguito in media ieri sera su Rai1 la seconda serata di Sanremo. Un anno fa, la seconda serata del festival aveva raccolto una media di 9 milioni 144mila spettatori e del 47.3%.
I sovranisti però hanno le idee confuse. Come quello che ritiene che dopo il pippone infinito e lagrimoso di Rula Jebreal sul femminicidio abbiano fatto cantare Junior Cally con una canzone in cui dice “sborro nella bara”. Ma oltre alla contraddizione di chi si lamenta contemporaneamente di un monologo contro la violenza sulle donne e di una canzone che parla di donne uccise in realtà quello non è il testo di una canzone di Junior Cally ma di un altro cantante, un rapper di nome Skioffi (che non è nemmeno a Sanremo).
E non è il solo ad avere questo problema. Anche secondo un’altra utente il canone Rai non si deve usare per pagare “violenti che inneggiano al femminicidio” nè “Rula Jebreal che offende gli italiani chiamandoci”, e qui il messaggio si interrompe.
Insomma al Festival — sembra di capire — non ci devono andare nè quelli che inneggiano alla violenza sulle donne (ma non c’è nessuna canzone che lo fa) nè quelle che ci dicono che in Italia c’è un problema: la violenza e le molestie sessuali contro le donne.
Ma forse Junior Cally non è nemmeno il vero problema visto che c’è poi chi chiede all’onorevole Gianni Tonelli (Lega) di «fare un esposto contro la Rai per la presenza a Sanremo di personaggi come Junior Cally e ancora di più per le immagini raccapriccianti di Achille Lauro vestito e truccato da donna in un orario in cui i bambini guardano la TV».
Ci sono due cose interessanti: la prima è che per “i bambini” sembra essere più pericoloso un tizio che canta con una tutina dorata di uno accusato di incitare alla violenza contro le donne. La seconda è che due sere fa Achille Lauro si è esibito intorno alle 23, non proprio l’orario in cui i bambini sono davanti alla televisione, in teoria.
Altri invece hanno le idee chiare: quello che scrive che Junior Cally «è quello che vorresti incontrare a soli, di notte, che attraversa fuori dalle striscie [sic] pedonali».
Per un tizio che si definisce ultrasovranista invece si tratta di un “delinquente di periferia” che deve stare zitto invece che dissare Salvini.
Incredibile che si sia fatto tanto casino per un brano che potrebbe benissimo essere l’inno delle Sardine così come la canzone di Fedez era stata eletta a inno del M5S.
Naturalmente la ragione per cui Junior Cally è a Sanremo è chiara a tutti: è di sinistra. Lui però ha dichiarato di aver votato per il MoVimento 5 Stelle, che era al governo con la Lega quando sono state fatte le nomine degli attuali vertici della Rai che hanno deciso l’organizzazione di questa edizione di Sanremo.
Un bel casino, non se ne esce. Soprattutto perchè quando qualcuno li accusa di “razzismo” i sovranisti non capiscono più nulla e si sentono ingiustamente discriminati. Junior Cally è «un’altro [sic] sfigato che ha capito che se vuole far carriera deve stare sotto la cappella del pd siccome sono tutti cantanti senza arte nè parte e sanno che valgono 2 centesimi bucati conoscono bene il sistema mafioso che il pd può dare degli apecorati». Dopo il partito di Bibbiano ecco il partito di Sanremo.
E si arriva alla logica conclusione: Junior Cally vincerà di sicuro (intanto è ultimo e probabilmente sarà eliminato) perchè «è lo specchio di questo viscida associazione che ci governa e che pretende la nostra accettazione al loro patetico tentativo di controlo [sic] del pensiero». La canzone? Secondo un utente è «razzista e misogina», anche se non parla di donne e dice testualmente «Spero si capisca che odio il razzista». Si tratta di “razzismo nei confronti dei bianchi”, da parte di un bianco. Ma certamente.
(da “NextQuotidianio”)
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Febbraio 5th, 2020 Riccardo Fucile
MA ERA “GROTTESCA” ANCHE LA CENA CINESE TAKE AWAY DI SALVINI DUE SERE FA?
Stamattina il molto onoLevoLe goveLnatoLe del Veneto Luca Zaia aveva un diavolo pel capello: era infatti arrabbiato con il presidente del Consiglio e con il governo che non intendono seguire i suoi diktat sui bambini cinesi nelle scuole:Il premier Conte vi ha invitato «a fidarsi di chi ha specifiche competenze». Sbaglia?
«Rispondo citando due esperti al di sopra di ogni sospetto. Walter Ricciardi, rappresentante italiano all’Organizzazione mondiale della Sanità , in una intervista ha dovuto riconoscere: “Una volta tanto hanno ragione. Evidentemente avranno qualche tecnico bravo che ha consigliato gli amministratori”».
Sembra che lo faccia quasi controvoglia. Chi altri vi dà ragione?
«Beh, il professor Roberto Burioni che mi pare un’autorità assoluta. Su Facebook ha scritto: “Giusta la richiesta di alcuni presidenti di Regione della Lega di avere maggiore attenzione prima di riammettere bambini provenienti dalla Cina nelle nostre scuole”».
Ora, è urgente segnalare che Zaia non si è filato per niente nè Burioni nè Riccardi quando ha presentato un ricorso alla Corte Costituzionale contro la legge sui vaccini, finendo sconfitto su tutta la linea.
Ma è importante anche segnalare che Zaia è diventato nel frattempo un fustigatore di costumi (altrui): ha criticato l’esibizione delle cene nei ristoranti cinesi per combattere il panico da Coronavirus
«No, lo spettacolo a cui stiamo assistendo è il segno di un Paese malato. Ma non del virus…».
A cosa si riferisce?
«Mah, vedo che c’è chi organizza pranzi e cene in ristoranti cinesi per solidarietà . Non discuto la buona fede, ma mi sembrano iniziative grottesche. Di fronte ad un virus che si sta diffondendo serve un approccio scientifico. Non c’entra non è i Paesi nè le razze. Mi pare che anche in Cina stia prevalendo, anche a Wuhan, l’autoquarantena. Noi chiediamo un piccolo supplemento di prudenza. Se anche dovesse essere inutile, che male fa?».
Ora, sarebbe troppo facile far notare a Zaia che Wuhan dista da Castelfranco Veneto appena 8.490 km, e a Wuhan è scoppiata un’epidemia mentre in Italia finora ci sono due casi accertati.
Più significativo è invece ricordargli che appena due giorni fa Salvini su Facebook ha beatificato la bontà delle cene cinesi take away.
Anche quella del suo segretario di partito è stata un’iniziativa grottesca?
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 4th, 2020 Riccardo Fucile
MOLTE AZIENDE ITALIANE PRODUCONO IN CINA, COMPRESO L’ABBIGLIAMENTO SPORTIVO GRIFFATO
Qualche giorno fa quelli di Forza Nuova hanno pensato bene di fare un blitz razzista contro i
negozi cinesi per invitare gli acquirenti ad acquistare solo merce italiana perchè “più sicura”.
Il Corriere della Sera raccontava ieri che molte delle telefonate arrivate al 1500, il numero verde del Ministero della Salute attivato per rispondere alle domande dei cittadini sul nuovo coronavirus 2019-nCoV molti hanno chiesto se è sicuro indossare prodotti “made in China” oppure toccare merci importate dalla Cina.
Come ha detto già l’Organizzazione Mondiale della Sanità non c’è alcun rischio nel maneggiare o ricevere prodotti provenienti dalla Cina poichè generalmente i coronavirus non sopravvivono a lungo al di fuori del corpo umano.
Il metodo di trasmissione del coronavirus non è per via cutanea ma principalmente attraverso la saliva, tossendo e starnutendo; i contatti diretti personali oppure le le mani, ad esempio toccando con le mani contaminate (non ancora lavate) bocca, naso o occhi.
Indossare una maglietta fatta in Cina non rientra in questa casistica. C’è però chi vuole organizzare un improbabile boicottaggio dei prodotti e dei negozi cinesi. Non solo dei ristoranti, che sono stati i primi ad essere colpiti dall’ondata di psicosi e di infodemia che accompagna le notizie sul nuovo coronavirus ma anche di smettere di comprare tutti i prodotti fabbricati in Cina.
C’è chi lo vuole fare perchè la Cina “ha nascosto la verità sul coronavirus” e chi invece invita a non comprare prodotti fabbricati nella Repubblica Popolare e a non commerciare con i cinesi.
La domanda a questo punto è una sola: è possibile davvero farlo?
Lasciamo perdere il fatto che la gran parte dei prodotti tecnologici (smartphone, computer, tablet e così via) che vengono usati per pubblicare certi messaggi siano fatti in Cina o abbiano componenti realizzati in Cina.
Prendiamo ad esempio solo gli interscambi commerciali tra Italia e Cina. Secondo il centro studi di Unimpresa il volume d’affari degli scambi commerciali ammonta a oltre 44 miliardi di euro, 13 miliardi di esportazioni e di quasi 31 miliardi di importazioni dirette.
In base ai dati dell’Osservatorio Economico sul commercio internazionale del Ministero degli Esteri la Cina è il terzo principale paese di provenienza delle importazioni italiane dopo Germania e Francia.
Tra principali prodotti della Cina importati dall’Italia ci sono proprio gli articoli di abbigliamento (escluso l’abbigliamento in pelliccia). Nel settore abbigliamento l’import dalla Cina vale qualcosa come 3 miliardi di euro l’anno e occupa all’incirca il 19.7% del totale delle importazioni del settore (seguono Francia e Bangladesh).
La Cina la fa da padrona anche per quanto riguarda le importazioni italiane nel settore moda, con un valore di oltre sei miliardi di euro all’anno e lo stesso si può dire per il settore tessile. Vale anche l’inverso perchè la Cina è tra i principali paesi dove esportiamo i nostri prodotti d’abbigliamento.
Il tutto senza contare come una parte sempre più consistente dei processi manifatturieri della filiera del made in Italy nel settore della moda e dell’abbigliamento avvenga proprio in Cina.
È quindi altamente probabile che in un modo o nell’altro il “made in China” sia un po’ ovunque nei negozi italiani, senza dover per forza andare in quelli cinesi.
Questo perchè per le aziende italiane produrre in Cina è molto conveniente (o almeno farsi arrivare alcune materie prime e lavorazioni) e al tempo stesso molti prodotti cinesi “di marca” non italiana sono prodotti in Cina (pensiamo alla gran parte dell’abbigliamento sportivo griffato di marchi “occidentali”).
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 4th, 2020 Riccardo Fucile
LE STUDIOSE ERANO STATE INVITATE A SALIRE SUL PALCO DELL’ARISTON, MA VOGLIONO RIMANERE IN LABORATORIO: “SIAMO IN EMERGENZA”
“Mi rammarico di non avere potuto accettare il lusinghiero invito alla partecipazione del
personale di ricerca dell’Istituto da me diretto a partecipare al Festival di Sanremo, ma come certo comprenderà , visti i tempi stretti e la situazione di emergenza sanitaria in cui ci troviamo non è stato purtroppo possibile organizzare la partecipazione delle nostre ricercatrici. Porgo comunque anche a nome della dottoressa Capobianchi e del suo team i più sentiti ringraziamenti per la vostra attenzione”.
È la replica del direttore generale dell’Ospedale Spallanzani, Marta Branca, in risposta all’invito giunto per la presenza al Festival di Sanremo.
Anche Concetta Castilletti, virologa dello Spallanzani aveva fatto sapere che avrebbero declinato l’invito: “Impossibile lasciare il laboratorio in questo momento di intenso lavoro: siamo impegnate a coltivare il coronavirus e a distribuirlo ai laboratori che dovranno studiarlo. E anche nelle attività di controllo per i test che potrebbero essere necessari”.
(da agenzie)
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Febbraio 4th, 2020 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA INSEGNA IN UNA UNIVERSITA’ AMERICANA
Rula Jebreal devolverà “metà del compenso per il festival di Sanremo a Nadia Murad”, l’attivista irachena yazida che è stata rapita e stuprata dall’Isis, “anche lei consigliere come me del presidente francese Macron”: lo annuncia in conferenza stampa la stessa giornalista, senza rivelare l’entità del cachet.
“Il vero tema – sottolinea – è capire perchè nel 2020 le donne vengono ancora pagate il 25% in meno rispetto agli uomini che fanno il loro stesso lavoro”.
“Ancora prima della trattativa con Rai il mio compenso era già sulla vostra stampa: anche questo dovremmo chiederci, perchè si usa la stampa per portare avanti numeri non ancora accertati”, aggiunge.
Quanto a Michelle Obama, “mi sarebbe piaciuto – dice – avere un suo contributo, magari non sul palco per ragioni di sicurezza, ma in collegamento satellitare. Spero che un giorno questo si riesca a realizzare perchè è una donna straordinaria, di una famiglia semplice del sud di Chicago, diventata dal nulla First Lady degli Stati Uniti”.
(da agenzie)
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