Ottobre 22nd, 2017 Riccardo Fucile
LA DIFFERENZA NON E’ PIU’ TRA BIANCHI E NERI, ETERO E GAY, ITALIANI E STRANIERI, MA TRA AMANTI DELLA LEGALITA’, DELLA LIBERTA’ E DEL MERITO E CHI LE NEGA… E A DESTRA E’ RIMASTA SOLO IGNORANZA E BECERUME
E’ passato qualche anno da quel 2013 nel quale, improvvisamente, da cittadino, da idealista e da Napoletano, liberale e “ribelle”, mi sono ritrovato senza un punto di riferimento politico.
Ricordo ancora la sensazione di vuoto “devastante” he provai quando, nel leggere i risultati di quella tornata elettorale, mi resi conto che GianfrancoFini era defintivamente uscito dalla ribalta politica e che FLI era naufragata sotto i colpi di un elettorato sempre più disamorato ed incapace di sognare
Da cittadino avevo vissuto il sogno rivoluzionario di AlleanzaNazionale
L’idea di una destra che, pur non rinnegando la storia, si affacciava, per la prima volta nella lunga storia Repubblicana, al postulato del “meno Stato, più mercato e più libertà “.
Una destra moderna, ribelle e capace di cavalcare le nuove neccessità sottese all’evoluzione della società e dello stesso ordinamento giuridico in tema di diritti e libertà civili
Una destra equilibrata, moderata e di governo.
Una destra lontana dal popolusmo becero e di facciata. “Identitaria” ma non nazionalista.
Una destra capace di lanciare un giavelotto verso il futuro, spingedo i più giovani a sognare un futuro di merito e di libertà .
Di quella destra non è rimasto quesi nulla, oggi. Soltanto rivoli sparsi, un po qua, un po là . Un “deserto desertificato”. Un campo incolto. Un buio profondo.
Gianfraco Fini, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente, una volta, riuscendo a parlarci per un’oretta circa, ha commesso sicuramente degli errori. Lui stesso lo ha ammesso: del resto tutta la vicenda della “casa di Montecarlo”, pure al netto della parola defintiva che, in una direzione o nell’altra, pronuncerà la Magistratura, è stata una brutta storia; una storia greve; il segno di un apparato politico incapace di gestire la responsabilità di essere un centro di imputazione rappresentativo per milioni di Italiani. Se l’iter giudiziario proverà colpe e responsabilità , è giusto che Fini paghi, e che accada in modo duro, perchè “se a rubare è uno dei nostri deve avere l’ergastolo”, proprio come insegnato, anche a noi della nuove generazioni, Almirante.
Fino a quel giorno, però, il garantismo (che non è un mero postulao filosofico, ma valore pregnante della nostra Carta Fondamentale) impone il massimo rispetto…
Ridurre la fine di quella destra alla “storia della casa di Montecarlo” sarebbe oltremodo riduttivo, però
Diciamoci la verità : quella destra si è sciolta come neve al sole per l’incapacità della Sua classe dirigente di essere all’altezza del compito.
Gente che non studiava; che non aveva il ben che minimo titolo sostanziale (salvo le “mazzate” di cui era stata capace ai tempi della guerriglia di strada tra “rossi e neri”); gente che manco lo sapeva che cosa significasse impervicarsi per il periglioso sentiero del sapere e del dubbio…
Irrigidirsi è facile. Ci vogliono giusto due secondi per farlo.
Arroccarsi sulle proprie convinzioni, continuare a postulare valori irrinunciabili senza nemmeno si stia parlando, sia dal punto di vista filosofico, sociologico, giuridico ed economico, però, è stato il peggir errore che quella “classe polititica” potesse commettere, però
Fini azzardava. Ci provava. Dal punto di vista “politico-folosofico” bisognerà dargliene sempre atto
Gli altri, invece, quelli che gli stavano accanto, manco lo capivano dove cercasse di condurre un’intera comunità politica.
Manco lo afferravano il senso rivoluzionario e ribelle di una visione ultranazionalista, europea e nella quale, la differenza tra le persone non era più tra banchi e neri, tra etero e gay, tra italiani e stranieri, ma tra amanti della libertà , della legalità e del merito, da una parte, e tutti gli altri, all’altra.
Ma questa è storia, oramai. Una storia lontana e sempre più sbiadita. Priva di condottieri. Priva di armate e senza più luce…
Ricordo soltanto che in quel 2013 mi sentii spaesato. Che, in qualche modo, da cittadino appassionato, mi sentti chiamato in causa. Volevo impegnarmi. Volevo provare a portarle avanti, quelle idee. Ma con chi? Dove? In quale contesto empirico-organizzativo
In quattro anni i tentativi sono stati tanti e tutte le volte, al netto delle belle persone che, pure, ho conosciuto, il risultato è sempre stato desolante ed infruttuoso, e da tutti i punti di vista.
Perchè in un mondo fatto di gelosie, pressapochismo, qualunquismo di manietra, ed arroganza e presunzione, un idealista – peraltro alla continua ricerca della verità su ogni cosa – fa davvero fatica a provare stima sincera per qualcuno.
Mi porto dietro la bellezza di qualche amicizia sinceramente nata, però.
La bellezza di qualche amicizia di spessore capace di farmi riflettere, di farmi crescere e di farmi provare l’ebrezza concettuale dell’imperitura sfida verso la modernità . Il resto è soltanto “putrida melma”…
Tra queste amicizie annovero sicuramente Riccardo Fucile ed il suo meraviglioso blog che, proprio quest’anno, festeggia i suoi 10 anni di vita
Ricordo che proprio quel blog fu uno dei primi risultati che reperii su google quando, preso dalla “disperazione rappresentativa”, mi misi alla ricerca di notizie di quel che rimaneva della destra nella quale avevo creduto.
E proprio non lo immaginavo, in quei giorni, che (poi) l’avrei conosciuto quel Riccardo Fucile, Che addirittura mi avrebbe intervistato due volte, dedicandomi, peraltro, un’attenzione sensibile e profonda. Che ne nascesse un’amicizia sincera e disinterssata, fatta anche di “litigate di concetto” quando è stato necessario, ma sempre – e comunque – nel pieno e puntuale rispetto per le altruii idee.
Non so quante persone sarebbero state capaci di essere così costanti ed evolute com’è stato Riccado in tutti questi anni.
Non lo so proprio quante persone avrebbero avuto la capacità di conservarsi fedeli a se stessi senza rinnegare le ragioni della modenrità .
Non so quante persone sarebbero state capaci di “battersi” per l’affermazione sempre più pregnante di quel senso di dignità e di libertà che travalica gli steccati ideologici di chi, non avendo manco capito di cosa si stia parlado, sostiene, perennemente, di esserne all’altezza di un non meglio precisato compito, salvo sciogliersi nella peggiore delle “masturbazioni mentali”, peratro, “solitarie”..
Io e Riccado avremo sempre idee molto diverse su certe questioni.
Lui continuerà a credere nei “fallimenti del mercato” e nella necessità della persistenze esigenze della presenza di beni pubblici. Continuerà a ragionare su “esternalità ” e “selezione avversa” (e farà anche bene tutte le volte in ci sarà necessario seganalare tutte quell porcate che, nel nome dell’antifascismo, sistematicamente consumano ladri, corrotti ed incapaci).
Io, invece, continuerò sempre a pensare che “l’efficienza Paretiana”, che il “miglioramento Paretiano” e che i postuali propri, sia della prima che della seconda teoria dell’economia del benessere, pur essendo difficili da realizzare per intero, siano la strada maestra per abiurare le brutture di un sistema sempre più ripiegato su se stesso, ed incapace di costruire il futuro.
Ma, pur nella diversità delle vedute, non riuscirò mai a non avere stima per il suo slancio ideale e per il suo impegno.
Sicuramente avrà vissuto anche lui profonde delusioni in un mondo che, mentre da un lato propugna i valori della solidarietà , dall’altro, li rinnega sistematicamente, e nel modo più bieco e indegno.
Non posso fare molto per spingerlo a continuare nella sua quotidiana azione di denuncia e di riflessione. Quel poco che potrò continaure a fare, però, lo farò di cuore, nell’assoluta certezza di agire per il meglio. Sono trascorsi 10 anni da quando hai aperto il tuo blog, Riccardo: io direi che non è ancora venuto il tempo di consegnarsi alla storia…
Salvatore Castello
Right BLU – La Destra Liberale
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Ottobre 21st, 2017 Riccardo Fucile
INES ARRIMADOS GARCIA, 36 ANNI, GUIDA L’OPPOSIZIONE NEL PARLAMENTO CATALANO … LA LEADER DI CIUDADANOS: “SONO SPAGNOLA, CATALANA ED EUROPEA”
Nelle vicende spagnole seguite al referendum per l’indipendenza in Catalogna dello scorso
primo ottobre, quello di Inès Arrimadas Garcia non è il primo volto che viene in mente al pubblico italiano.
Eppure Arrimadas è una delle protagoniste della lotta a sostegno dell’unità del Paese.
A 36 anni guida l’opposizione all’indipendenza nel Parlamento della Catalogna e da mesi si distingue per le parole forti contro il presidente catalano Carles Puigdemont.
“Lei è solo, non avete sostegno”, ha detto a Puigdemont dopo il suo discorso del 10 ottobre. Già a metà settembre, aveva proposto una mozione di censura per il capo della Generalitat, non presentata per il mancato sostegno di tutti i partiti d’opposizione.
Nota per il suo volto da attrice, Arrimadas è stata eletta con la formazione di orientamento liberale Ciudadanos, guidata da un altro politico di belle apparenze, Albert Rivera.
La sua carriera è stata rapida: nel 2011 accompagna un collega a un incontro del partito e resta affascinata da quello che sente. Nel 2012 viene eletta al Parlamento catalano e nel 2015 diventa portavoce e presidente del gruppo di Ciudadanos.
Ha una storia personale divisa fra due appartenenze.
È nata a Jerez de la Frontera, vicino Cadice, in Andalusia ma dal 2006 vive in Catalogna e ne ama la lingua e la cultura. Avvocato, ha studiato legge all’università di Siviglia. I suoi genitori sono originari di Barcellona e ha sempre tifato per il Barà§a. Ma di indipendenza non vuole proprio sentir parlare.
Tanto da essere riuscita anche a convincere il marito Xavier Cima, ex deputato del partito indipendentista Convergenza Democratica di Catalogna, a ritirarsi dalla politica.
Almeno, così si dice in Spagna, anche se gli interessati non hanno mai parlato in pubblico dell’argomento.
Inès Arrimadas Garcia vede nell’indipendenza una perdita economica grave per la Catalogna, con la fuga di imprese e banche e la possibile diminuzione di posti di lavoro. Sul suo account Twitter ha sottolineato le partenze di CaixaBank e Aguas de Barcelona e dell’industria simbolo della regione Codornìu, storica casa produttrice di vino.
Odia il nazionalismo perchè lo ritiene per natura aggressivo in quanto per avere successo ha bisogno di crearsi un nemico esterno.
È critica verso le politiche del governo spagnolo degli ultimi anni. Il primo ministro Mariano Rajoy, con il quale Ciudadanos ha stretto un patto su alcuni punti di programma dopo le elezioni nazionali del 2016, non ha promosso le riforme con il vigore necessario. Sono mancati in particolare provvedimenti per migliorare il funzionamento della giustizia e per sviluppare le infrastrutture e i cittadini sono rimasti scontenti.
Questo, secondo Arrimadas, ha scatenato una frustrazione collettiva che in Catalogna si è espressa attraverso le richieste di indipendenza ma è sentita in tutta la Spagna.
“Se parlassimo di istruzione, salute, lotta alla corruzione, tutto il Paese sarebbe d’accordo”, ha detto al giornale interviù.
Anche il sistema sanitario dovrebbe essere cambiato, in senso più unitario. Arrimadas ricorda spesso di quando si trasferì in Catalogna dall’Andalusia e non poteva a usare la sua tessera sanitaria perchè il chip era diverso.
Come Albert Rivera si proclama spagnola, catalana e europea. Come Rivera, nei giorni dopo il referendum ha ricevuto minacce di morte sui social network e su diversi graffiti apparsi sui muri di Girona e di altre città .
In Catalogna Ciudadanos ha più sostegno che a livello nazionale. Dopo le ultime elezioni del 2015 le liste indipendentiste Junts pel Sì con 61 seggi e l’ala di sinistra Cup con 10 seggi hanno la maggioranza assoluta, ma Ciudadanos è il primo fra gli altri partiti, con 25 seggi, più dei 16 del partito socialista e degli 11 dei popolari.
Nello stallo politico seguito al discorso sull’indipendenza di Puigdemont, i centristi sono stati la prima forza a parlare di elezioni anticipate nella comunità autonoma, considerate il modo più pulito per alleviare il conflitto attraverso il cambiamento degli interlocutori. Uno dei motivi dietro questa posizione sarebbe che la loro candidata Arrimadas ha rafforzato la sua posizione rispetto al 2015 e gode del favore di molti catalani, come dimostrato dal sostegno ricevuto durante la manifestazione degli unionisti a Barcellona.
(da “L’Espresso”)
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Settembre 5th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO DI NARDO’: “LA CAMPAGNA DI ODIO CONTRO GLI IMMIGRATI DI FATTO RICORDA IL RAZZISMO NEL CONFRONTI DEI MERIDIONALI”
Giuseppe “Pippi” Mellone è il sindaco della destra sociale di Nardò. Eletto con una lista civica alle
amministrative di giugno 2016 Mellone ha sconfitto il candidato del centrosinistra. A 31 anni è diventato così il più giovane sindaco della cittadina pugliese.
Mellone in gioventù ha militato in Azione Giovani, un gruppo politico di destra. Per le amministrative ha fondato un suo partito che ha chiamato “Andare Oltre” in omaggio al titolo di un editoriale pubblicato da Pino Rauti nel 1979.
Mellone però è un personaggio politico particolare e giustamente non si riconosce nella destra italiana
Ma ci sono anche altri aspetti che danno la misura della distanza di Pippi Mellone dai partiti di destra, soprattutto da quelli di stampo sovranista.
Ad esempio Mellone è a favore delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e ritiene che sulla liberalizzazione delle droghe leggere l’Italia debba percorrere la “via olandese” per sottrarre il mercato alla criminalità organizzata.
Ma le posizioni del sindaco di Nardò sugli immigrati e sull’immigrazione lo allontanano anche dal M5S.
Qualche giorno fa Mellone infatti ha scritto su Facebook che non è più possibile rimandare la discussione sullo Ius Soli.
Se la politica — soprattutto chi ha congelato il dibattito sulla legge in attesa di tempi migliori — “è sterile e parla alle pance non riuscendo a parlare alle teste” Mellone allora si rivolge ai colleghi sindaci invitandoli a prendere in mano il dibattito.
Sono infatti gli amministratori locali e non i politici “di Roma” a toccare con mano i problemi quotidiani delle persone e le loro preoccupazioni. Compresi quelli degli “italiani di fatto”, contrapposti agli “italiani di diritto”.
Per Mellone non ha più senso alimentare il consenso agitando la preoccupazione di coloro che temono la presenza di irregolari o gli sbarchi senza controllo.
Mellone è per una politica in grado di vedere il futuro, e quel futuro non può passare che per le mani delle giovani generazioni.
Il sindaco di Nardò ha deciso di sostenere le istanze degli Italiani senza cittadinanza, di coloro che si sentono italiani al 100%. Mellone spiega che la nazione è un “patrimonio che cresce e si rinnova nell’impegno dei cittadini”.
E Mellone, che da Nardò vive in prima persona il dramma del caporalato e della manovalanza sfruttata, ne sa qualcosa.
Secondo Mellone la campagna d’odio contro gli “italiani di fatto” ricorda molto il razzismo nei confronti degli italiani del Meridione.
Connazionali vittime di campagne d’odio come quelle di un partito che oggi si schiera contro lo Ius Soli.
Per riprenderci il futuro allora l’unica strada da percorrere è quella di garantire che quegli italiani di fatto possano diventare italiani anche per la legge. In fondo loro italiani si sentono già .
E per farlo bisogna anche impegnarsi a fare corretta informazione ricordando che con la legge sullo Ius Soli nessun clandestino diventerà “automaticamente” italiano e che l’Italia non diventerà la sala parto del Mediterraneo, come hanno voluto fare intendere certi sovranisti disperati.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 31st, 2017 Riccardo Fucile
ALLA BERGHEM FEST ORGASMI PADANI: “MINNITI AL GOVERNO CON SALVINI”… E LA MUSSOLINI: “STA FACENDO LE COSE CHE DOVEVAMO FARE NOI E NON ABBIAMO FATTO”
Sarebbe istruttivo per la base elettorale del Pd non ancora completamente rincoglionita dai rigurgiti
xenofobi ascoltare le interviste di Vox alla Berghem Fest leghista di Alzano Lombardo.
“Marco Minniti potrebbe governare con Salvini?”
Sì, secondo i militanti della Lega Nord, impegnati in questi giorni nella storica Berghem Fest.
Proprio a loro il giornalista ha chiesto se fossero d’accordo con le ultime dichiarazioni del Ministro dell’Interno, senza specificare però all’inizio a chi appartenessero.
Una volta scoperto, i leghisti hanno ammesso, quasi all’unanimità , che Minniti è il miglior politico di centrosinistra degli ultimi anni e un possibile alleato futuro.
Se la base Pd avesse ancora dubbi su dove sono capitati e da chi sono rappresentati ecco un’altra perla.
Intervistata da Radio Cusano Campus, anche Alessandra Mussolini dice la sua sul ministro degli Interni Marco Minniti: “Non è mica male sta facendo cose che dovevamo fare noi e non abbiamo fatto — ha spiegato .
Resta la preoccupazione su cosa intenda per “quello che dovevamo fare e non abbiamo fatto” e a chi si riferisca quel “noi”.
A scanso di equivoci, rivendichiamo di non rientrare nella sua categoria.
Non abbiamo infatti mai affogato nessuno (nemmeno da ragazzini in spiaggia libera), nè pagato i trafficanti libici per affogare, stuprare e affamare per conto terzi.
Senza dimenticare che non abbiamo mai avuto congiunti condannati per prostituzione minorile.
No, non rientriamo proprio in quel “noi”, spiacenti.
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Agosto 15th, 2017 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI DE NOIATRI CHE NON SI INDIGNANO CON RENZI PER AVER NASCOSTO LA VERITA’ SU REGENI COMUNICATA DAGLI USA
Queste note sono destinate a coloro che, per età anagrafica, hanno conosciuto qualche destra seria,
pur con tutti i difetti che poteva avere.
Ma in parte anche a quei pochi giovani non ancora rincoglioniti dalla propaganda sovranista-populista-macchiettarapseudofascistadaavanspettacolo.
Immaginate la reazione di un Almirante, di un Rauti o anche solo di un democristiano “perbene” della tanto vituperata prima Republica di fronte al sequestro, alle torture e all’assassinio di un giovane italiano da parte di un regime militare straniero.
Altro che ritiro dell’ambasciatore, ci sarebbero state manifestazioni, cortei, proteste, occupazioni del Parlamento fino a pretendere le teste dei criminali.
Invece nulla, silenzio complice per un anno e mezzo, la destra “sovranista” che ha riscoperto, dopo anni di “secessione”, la via della sedicente “identità nazionale” se ne fotte se un italiano viene massacrato da servizi segreti stranieri.
La compagnia di merende salvian-meloniana, i sedicenti fasci da combattimento e i leoni da tastiera, gli urlatori e le oche giulive dei programmi nazional-popolari, pronti a scendere in piazza se un immigrato piscia controvento, i governatori dai tappeti rossi e i politici per la “legalità “, tutti uniti nel silenzio, nella omertà , nella collusione.
Nel tradimento dell’Italia.
Oggi il New York Times rivela (e altre fonti confermano) che Obama avvertì Renzi di avere le prove della responsabilità del regime di Al Sisi nel massacro di Giulio Regeni.
Di questo Renzi non ha mai informato nè il Parlamento, nè gli Italiani.
Quella destra avrebbe assaltato i banchi del governo, se non l’ambasciata egiziana a Roma, accompagnando a calci nel culo l’ambasciatore sul primo aereo per il Cairo.
I sovranisti de noiatri tacciono persino ora che il gioco, da noi denunciato da 18 mesi, caso quasi unico a destra, è ormai scoperto: dell’Italia se ne fottono, gli italiani possono essere torturati e uccisi, un governo può nascondere i fatti e coprire gli assassini, un regime straniero può depistare le indagini delle nostre istituzioni, una famiglia “non meticciata” può essere abbandonata al proprio dolore, a loro non frega una emerita mazza.
Evviva i sovranisti egiziani.
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Agosto 13th, 2017 Riccardo Fucile
A CARDINALE, NEL SUO PAESE NATALE, GLI DEDICANO UNA VIA, A DESTRA HANNO DA PENSARE ALLE POLTRONE
Il comune di Cardinale ha deciso di intitolare una strada a Pino Rauti, nato appunto nel paesino del Catanzarese governato da una giunta di centrosinistra guidata da Giuseppe Marra.
Pino Rauti, giornalista e politico, è stato segretario nazionale del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (1990-1991), del Movimento Sociale Fiamma Tricolore (1995-2002) e del Movimento Idea Sociale (2004-2012).
E’ stato per anni un punto di riferimento della destra sociale missina, direttore di Linea, protagonista di combattuti congressi alll’interno del Msi prima con Almirante e poi con Fini.
Ha rappresentato il punto di riferimento di una intera generazione con i primi campi Hobbit, l’interesse per l’ecologia, i centri culturali, il dialogo con i giovani, la musica alternativa, delineando un partito attento alle tematiche sociali, al riscatto del Sud, alla lotta alla corruzione, all’Europa Nazione.
Hanno provato più volte a coinvolgerlo in inquieste giudiziarie, salvo poi doverlo assolvere “per non aver commesso il fatto”, emblema della persecuzione politica che in quei tempi era di moda verso “gli opposti estremismi”.
Ora il comune che gli ha dato i natali lo ricorda.
Un giorno forse anche qualcuno dei tanti comuni guidati da presunte giunte di centrodestra troveranno il tempo di fare altrettanto.
Con comodo, come sempre
(da agenzie)
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Agosto 8th, 2017 Riccardo Fucile
CITARE PINO RAUTI, ASSIMILANDOLO ALLA FECCIA SEDICENTE DI DESTRA ATTUALE, E’ UN INSULTO ALLA INTELLIGENZA
Oltre 100 persone si sono radunate nel pomeriggio in Campidoglio per chiedere l’apertura
di un centro di prima accoglienza a Roma, del quale la città è sprovvista da anni ormai.
La protesta, organizzata dai volontari del Baobab Experience, prende le mosse dalla risposta scritta ricevuta dalla dirigenza delle Ferrovie delle Stato di approntare un presidio umanitario in piazzale Maslax, nelle vicinanze della Roma Tiburtina.
I volontari hanno srotolato un striscione con 17.301 firme di cittadini romani che hanno sottoscritto la petizione.
Un numero di firme simbolo: lo stesso numerodei migranti morti in mare dall’inizio dell’anno ad oggi nel canale di Sicilia.
“Si sta criminalizzando chi accoglie e salva i migranti — accusa Andrea Costa, coordinatore dei volontari del Baobab — e Renzi utilizzando lo slogan coniato da Pino Rauti ‘accogliamoli a casa loro’ rende più difficile la battaglia culturale dell’accoglienza. Accogliere è investire in sicurezza, è togliere terreno al fondamentalismo e all’integralismo”
Avendo sempre appoggiato la meritoria opera di volontario degli attivisti del Baobab, riteniamo opportuno, avendo vissuto in prima linea il periodo cui fa riferimento Costa, smentire la frase attribuita a Pino Rauti che non ha mai parlato di “accoglierli a casa loro” (frase che peraltro non avrebbe molto senso logico).
In un contesto geopolitico fondato sull’analisi dello sradicamento dei primi immigrati che fuggivano da guerre e carestie, dando per scontato che nessuno si allontanerebbe dalla propria terra, dalla propria cultura e tradizioni se non perchè “costretto”, Pino Rauti fu il primo a destra (quella vera, sociale e popolare) a studiare il fenomeno mondiale dei flussi migratori.
Paragonare Rauti a un Salvini è come accostare un fine intellettuale a un cialtrone populista.
Se 30 anni fa l’Europa avesse posto in essere gli interventi di aiuto concreto, investimenti senza fini di lucro in infrastrutture e alfabetizzazione, evitando la vendita di armi a regimi militari criminali e ponendo fine allo sfruttamento dell’Africa da parte delle grandi multinazionali, come postulato da Pino Rauti, oggi non saremmo di fronte alla tragedia di milioni di esseri umani in fuga e in cerca di sopravvivenza.
Invitiamo gli amici del Baobab a cercare altrove argomenti di polemica, lasciando perdere Pino Rauti che, allora come ora, si sarebbe schierato dalla parte dei deboli, non certo dei potenti.
Con buona pace delle tante teste di cazzo che nella presunta destra attuale si sono scoperti identitari solo per garantirsi una poltrona.
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Maggio 8th, 2017 Riccardo Fucile
QUANDO EMMANUEL NON SE LO FILAVA NESSUNO E NOI GLI DEDICAMMO DIVERSI ARTICOLI… NELLA SUA VITTORIA C’E L’INDICAZIONE DI UN MOVIMENTO “OLTRE LA DESTRA E LA SINISTRA” CHE RAPPRESENTA UN MODELLO A NOI AFFINE
I nostri lettori più assidui ricorderanno che, a differenza di molti “grandi intellettuali” della destra nostrana, abbiamo iniziato a seguire il neo-presidente francese quando era accreditato al massimo di un 5% e non se lo filava nessuno, liquidando “En marche” come un tentativo velleitario di “un ex ministro socialista”.
Con la mentalità tipica di chi è abituato a vivere di slogan e con l’unico obiettivo di raccattare voti piazzando filo spinato sul pianerottolo di casa, non è che da questi soloni ci aspettassimo molto di più.
Siamo riusciti a farci “scappare” le motivazioni di base che hanno originato il fenomeno grillino, figurarsi se qualcuno poteva “perdere tempo” a studiare Macron.
Più facile dipingerlo come “banchiere” e “uomo al servizio degli ebrei” che come innovatore con il suo “nè di destra, nè di sinistra”.
Abituati ai fancazzisti sovranisti che non hanno mai lavorato in vita loro, era diventato motivo di accusa a Macron persino di essersi laureato nell’università che forma i migliori cervelli di Francia nel campo dell’amministrazione dello Stato.
Se un giovane italiano andasse a lavorare in banca, qualcuno lo definirebbe forse banchiere?
Eppure Macron, di cui non condividiamo peraltro alcune parti del suo programma economico, qualcosa dovrebbe aver insegnato alla destra italiana.
1) Un movimento politico deve essere portatore di valori “coniugati” ai tempi e ai mutamenti della società civile. Fare politica non vuol dire fare testimonianza, ma innovare, in simbiosi con la comunità nazionale in cui si vive.
Macron, qualora qualcuno non l’avesse notato, è entrato nell’amministrazione statale francese per poi lasciarla ed entrare nello staff di una banca, ha lasciato la banca per entrare nello staff di un ministero statale, ha mollato il ministero e il partito per fondare un suo movimento e in un anno è riuscito a farlo diventare il primo partito in Francia.
Una capacità di “rimettersi in discussione” che dovrebbe essere alla base di una concezione della vita affine a certi nostri valori.
2) Ragionare in termini “oltre la destra e la sinistra” non è affatto un’eresia, è stato alla base del successo di tanti movimenti politici della nostra area all’inizio del Novecento, quando “certa destra” borghese e latifondista venne travolta da chi seppe portare, almeno nella fase iniziale, il vento “futurista” del cambiamento.
Anzi, semmai consente di recuperare certe origini che non sono contigue alla destra economica e speculativa, ma attenta ai bisogni sociali.
Adottare un programma che, coi criteri attuali, potrebbe essere definito liberale in economia e sociale nella protezione dei diritti dei lavoratori, è una sintesi perfettibile, ma non certo ostile a una destra moderna.
3) Il richiamo al patriottismo francese collegato a quello europeo è in perfetta linea con quello che dovrebbe essere il percorso ideologico di riferimento della destra post-fascista, quando per primi si rivendicava una Europa-Nazione a fronte degli imperialismi contrapposti Usa e Urss.
Macron ha fatto dell’Europa (da riformare, anche secondo lui) il suo cavallo di battaglia, mentre i sedidenti destri hanno rinnegato, in nome di un ridicolo nazionalismo protezionistico ottocentesco, decenni di battaglie.
Per la prima volta un candidato europeista (critico) batte i populisti che non hanno ancora neanche deciso se uscire dall’euro o meno.
Se i fenomeni politici venissero “analizzati” a tempo debito invece che pigramente cavalcare le fobie o mettersi sulla ruota di sgangherati gregari,, salvo perdere sempre la volata finale, certa sedicente destra avrebbe capito che il popolo non va sempre “assecondato” ma va guidato, che vanno sperimentate nuove forme di comunicazione (lo diciamo da dieci anni, quando ancora i Cinquestelle erano agli albori), che si cresce dicendo cose scomode e non confermando che Ruby fosse la nipote di Mubarak, che gli spazi per una destra reazionaria, razzista e bigotta, oltre a non essere conforme alla nostra tradizione, sono ormai inesistenti, perchè superati dal comune sentire della società civile.
Grazie a questa trasversalità avevamo scommesso da mesi che Macron sarebbe arrivato al ballottaggio, favorito indubbiamente anche dalla crisi di credibilità dei partiti tradizionali .
Emmanuelle ha saputo interpretare la “voglia di cambiamento” di fronte a vecchie cariatidi come Fillon, Hollande e Marine Le Pen.
Perchè nessuno potrà mai vincere per dinastia o intestandosi come madre di tutte le battaglie quelle di invocare il far west, di negare diritti civili agli altri o di affogare esseri umani, occorre metterselo bene in testa.
La deriva sovranista non va subita, va contrastata in nome dei valori di destra, la solidarietà non va lasciata alla sinistra perchè è rinunciare a un nostro valore etico, l’Europa si difende e si cambia, non la si vende a interessi stranieri, spacciando regimi indegni per punti di riferimento.
Quando l’elettore di destra deve scegliere tra una Le Pen e un Macron, sceglie in maggioranza Macron.
Ora forse qualcuno l’avrà capito.
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Marzo 28th, 2017 Riccardo Fucile
NEL LIBRO “DESTRA SENZA VELI” DI BALDONI SCENE E RETROSCENE INEDITI DI 70 ANNI DI STORIA DAL MSI AD AN … QUANDO ERANO I MISSINI AD OCCUPARE L’UNIVERSITA’
Sul finire degli anni Settanta, in gran segreto, Enrico Berlinguer e Giorgio Almirante — leader carismatici del Pci e dell’Msi – iniziarono ad incontrarsi: di solito il venerdì all’imbrunire, quando alla Camera dei deputati non circolava più nessuno, perchè se si fosse saputo che quei due usavano parlarsi, la notizia avrebbe fatto scandalo.
Militanti ed elettori del Pci e dell’Msi non avrebbero capito.
Erano anni nei quali i parlamentari comunisti e missini non prendevano un caffè insieme neanche per cortesia e invece, ad un certo punto, i due leader cominciarono a vedersi.
Siamo nel 1978-79 e personaggi così diversi si trovavano a condividere una comune preoccupazione: che il terrorismo brigatista e quello neofascista potessero infangare la credibilità di due partiti, Pci e Msi.
Insidiando entrambe le denominazioni: le Br erano comuniste, i terroristi di estrema destra erano neo-fascisti.
I due leader decisero di scambiarsi idee e informazioni utili ad entrambi. Perchè negli anni Settanta, dopo aver tenuto per decenni nel proprio grembo spinte opposte, i due partiti si trovarono a fare i conti con la propria storia: per il Pci i brigatisti appartenevano all’ “album di famiglia”, come scrisse Rossana Rossanda; per l’Msi alcuni terroristi che sparavano per strada erano stati in “famiglia” sino a pochi mesi prima.
Tremila nomi
Gli incontri Berlinguer-Almirante sono tra i tantissimi episodi editi, inediti o poco conosciuti, contenuti nel libro “Destra senza veli”, scritto da Adalberto Baldoni (giornalista e scrittore di destra atipico, da sempre fuori dagli schemi), sulla storia dell’Msi e poi di An, fino all’attuale diaspora.
Settecento pagine, un indice che comprende oltre tremila nomi (impresa da Guinness dei primati), il libro dà soddisfazione a chiunque voglia ritrovare dettagli e senso di una storia politica, soprattutto per una caratteristica: della lunga e vivacissima storia missina Baldoni non nasconde nulla, contribuendo a restituire l’originalità di una vicenda che ha coinvolto milioni di persone, ma è stata totalmente ignorata dalla stragrande maggioranza degli italiani, di più generazioni.
Al netto di tante teste calde, di tanti picchiatori violenti e di qualche avventuriero, il libro – come scrive Gennaro Malgieri in una vibrante introduzione — racconta ”la storia di una passione civile come poche altre se ne sono viste”, perchè ”la politica era davvero bella una volta”, “ci si incanagliva, affettuosamente e anche rancorosamente, girando attorno a tattiche e strategie”, tra militanti e dirigenti nostalgici di una storia autoritaria ma immersi in un contesto democratico che li induceva a ”confronti e scontri, lacerazioni, non di rado amori”, con le idee che ”illuminavano vite raminghe e soddisfatte ed accendevano giornali, libri, precarie case editrici”.
“Rosso e nero”
E proprio alla vivacissima produzione di cultura politica che fermentò in quel mondo ostracizzato e ghettizzato, il libro di Baldoni (edito dalla editrice Fergen, dei fratelli Gennaccari) dedica alcune delle pagine più originali.
In quell’area politica fermentarono riviste, gruppi dai nomi bizzarri, il primo e irriverente “Bagaglino”, le vacanze militanti dei Centri Hobbit, il gruppo sportivo Fiamma, una miriade di radio, un giornale come il “Secolo d’Italia” fucina di bravi giornalisti ma anche di futuri politici, da Fini a Gasparri, da Urso a Storace. Appartengono a quel fermento anche iniziative originalissime e trasversali. Come il locale pop “Rosso e nero”, fondato nel 1966 dallo stesso Baldoni. Criticato dagli ambienti più conservatori dell’Msi, sull’onda di un grande successo, il locale (presto ribattezzato “Dioniso”) era frequentato anche da giovani di sinistra: sui muri l’immagine di Che Guevara si mischia a quella croce celtica, si esibiscono personaggi come Lucio Dalla, gruppi come l’Equipe 84, i Nomadi, i Pooh.
La foto simbolo del Sessantotto
Quella breve stagione di mischiamento destra-sinistra nella comune contestazione del “sistema” culmina nel Sessantotto: le prime occupazioni universitarie vedono protagonisti giovani di entrambe le parti politiche.
Al punto che una delle foto-simbolo di quella stagione — quella che coglie un gruppo di ragazzi sulla scalinata di Valle Giulia a Roma — non ritrae, come comunemente si immagina, giovani di sinistra ma invece di destra, alcuni dei quali faranno parlare di loro, per diversi motivi: Stefano Delle Chiaie, Adriano Tilgher, Mario Michele Merlino, Guido Paglia.
Nel libro si ripercorrono tutti i passaggi della storia delle destra italiana con un’attenzione ai personaggi più incisivi: i leader (Romualdi, Michelini, Almirante, Rauti, Fini) ma anche personalità che per le idealità e l’esempio hanno lasciato un’impronta: Mirko e Marzio Tremaglia, Beppe Niccolai, Teodoro Buontempo, Pinuccio Tatarella, Tomaso Staiti di Cuddia.
Una storia, quella della destra italiana, finita nella diaspora. Una chiave per capire quella storia e una coesione persa forse per sempre, la offre Gennaro Malgieri: la destra si è dispersa perchè caduta in azzardi politicisti, che hanno finito per perderla come comunità , perchè, ”questa era la sua forza: una comunità di destino”, nella quale ”i principii dell’autorità , della gerarchia, il culto della memoria storica e del primato della politica, della lealtà e della fedeltà valevano più di ogni altra considerazione”.
Fabio Martini
(da “La Stampa”)
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