Destra di Popolo.net

TRUMP ORA VUOLE SCARICARE LA CRISI SU NATO ED EUROPA, DOPO AVER CAUSATO IL CONFLITTO

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

PAUSA TATTICA TRA USA E IRAN DOPO I PRIMI COLPI: ENTRAMBI PROVANO AD ALLARGARE LA PROSPETTIVA DELLA CRISI

Retromarcia dal precipizio. Per riportare il gioco allo zero a zero e allargare l’inquadratura della contrapposizione con l’Iran alla comunità  internazionale, chiamando in causa un maggiore coinvolgimento della Nato e dunque dell’Europa in Medio Oriente.
È questo il nucleo del discorso di Donald Trump alla nazione, all’indomani della risposta militare iraniana al raid in cui gli Usa hanno ucciso il generale Qasem Soleimani.
Una risposta, quella iraniana, attentamente calibrata e studiata per essere inattaccabile dal punto di vista del diritto internazionale, come ha sottolineato oggi il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif .
E una risposta che, non a caso, non ha provocato vittime tra i soldati americani e ha causato solo “danni minimi” alle basi americani.
La vendetta iraniana, almeno per ora, si è fermata a un livello simbolico e di deterrenza.
Un fatto che, allargando lo sguardo, ha dei vantaggi per entrambi i protagonisti: per Washington, che così può rivendicare di aver ucciso “uno dei più grandi terroristi del mondo”, e per Teheran, che di fronte a un Occidente diviso, e con alle spalle pesi massimi come Mosca e Pechino, ha tutto l’interesse a restare nel perimetro delle Nazioni Unite rispettandone le leggi.
Dopo il confronto muscolare dei giorni scorsi – innescato dal raid che ha ucciso Soleimani e accompagnato dalle dichiarazioni incendiarie del presidente Usa su Twitter e dai gridi di vendetta dei leader sciiti, dall’Iran all’Iraq, passando per il Libano — quello che si registra oggi è un tentativo di inquadrare lo scontro in una cornice più ampia, che allenti la tensione diretta tra Washington e Teheran invitando Nato, Onu e Unione Europea a condividere la responsabilità  di ciò che accade in Medio Oriente.
“Chiederò alla Nato di diventare molto più coinvolta nel processo mediorientale”, ha detto oggi Trump parlando alla Casa Bianca, circondato da tutto lo stato maggiore della sua amministrazione.
Mentre restano da chiarire i termini — e i presupposti – di questa richiesta, è chiaro ciò che Trump intende dire: il perno americano dell’Alleanza atlantica vuole dagli alleati più impegno in Medio Oriente.
§Attualmente nella regione la Nato ha missioni in Afghanistan e in Iraq, dove dall’estate del 2018 è impegnata nell’addestramento e nel capacity-building delle forze di sicurezza irachene, su richiesta del governo di Baghdad e in collegamento con la coalizione internazionale anti Isis. Un impegno che Trump vorrebbe più forte, come dimostra il suo richiamo rivolto in primis ai Paesi europei. E un contatto Trump-Nato c’è stato.
“Il segretario generale della   Nato Jens Stoltenberg ha ricevuto una telefonata dal presidente Usa Donald Trump incentrata sugli sviluppi in Medio Oriente. I due hanno discusso della situazione nella regione e del ruolo dell’Alleanza”, riferisce la Nato precisando che “Trump ha chiesto a Stoltenberg “che la Nato sia più coinvolta in Medio Oriente”.
I due “hanno convenuto che la Nato potrebbe contribuire maggiormente alla stabilità  regionale e alla lotta contro il terrorismo internazionale” e hanno anche concordato di rimanere in stretto contatto sulla questione”.
La Nato ricorda che sta “svolgendo un ruolo chiave nella lotta contro il terrorismo internazionale, anche attraverso la formazione di missioni in Iraq e in Afghanistan e come membro della coalizione globale per sconfiggere l’Isis”.
Il presidente Usa ha chiesto all’Europa e agli attori che hanno firmato l’accordo del 2015 sul nucleare iraniano di abbandonare ciò che resta di quell’accordo “difettoso” e destinato comunque a “scadere in breve tempo”, offrendo all’Iran un percorso chiaro e rapido allo sviluppo dell’arma nucleare.
I toni usati dal presidente nei confronti della Repubblica islamica restano duri, come dimostra l’annuncio di “nuove sanzioni economiche immediate”, ma gli Usa “non vogliono fare ricorso all’uso della forza militare”, visto che Teheran sembra voler “allentare la tensione” (standing down), “il che è una buona notizia per tutte le parti interessate e un fatto molto positivo per il mondo”.
Per il futuro, Trump auspica “un accordo che consenta all’Iran di prosperare e sfruttare il suo enorme potenziale inutilizzato”.
Allontanato lo spettro dell’escalation militare, bisognerà  vedere su quali livelli si indirizzerà  la rappresaglia indiretta del Paese ayatollah, e in quali terreni.
Per quanto riguarda l’inserimento della crisi nel perimetro della comunità  internazionale — voluto da entrambe le parti — è arrivato il plauso dell’Onu alle parole di Trump.
Se la mossa di The Donald è chiara — scaricare la crisi sulla Nato, e nello specifico sull’Ue — restano da testare volontà  e capacità  dell’Europa di farsi carico di un ruolo di maggiore responsabilità  in Medio Oriente.
Nei giorni scorsi l’Alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell ha invitato il ministro degli Esteri Zarif a Bruxelles. Una visita la cui data resta ancora da stabilire, ma che a questo punto assume un peso ancora maggiore.

(da “Huffingtonpost”)

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LA MEDIAZIONE SULLA LIBIA SI INCEPPA SUL PIU’ BELLO

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

IL TENTATIVO EUROPEO, CON L’APPOGGIO DI PUTIN, DI RIPORTARE IN MANI ITALIANE LA GESTIONE DELLA CRISI LIBICA CROLLA MISERAMENTE PER L’INIMICIZIA DI HAFTAR E SARRAJ

La mediazione europea e italiana sulla Libia si inceppa sul più bello.
Quando il premier del governo di Tripoli Fayez al Serraj scopre che la sua visita a Palazzo Chigi è stata anticipata nel pomeriggio dal suo rivale Khalifa Haftar, “l’aggressore” come l’ha definito negli incontri di oggi a Bruxelles, annulla il colloquio con Giuseppe Conte, convinto che il premier italiano voleva fargli incontrare il generale della Cirenaica.
Così riferiscono fonti del governo, sottolineando che invece il faccia a faccia tra Haftar e al Serraj a Roma non era mai stato in programma. Conte avrebbe voluto incontrare entrambi, ma separatamente.
Comunque sia andata, dopo gli incontri istituzionali a Bruxelles, al Serraj se ne torna a Tripoli, senza passare per Roma.
Un inciampo dell’ultimo minuto che fiacca l’iniziativa comune sulla Libia avviata dall’Ue solo da ieri, benchè non la smonti: è destinata ad andare avanti, riferiscono fonti europee, con l’obiettivo di portare entrambi i rivali alla stessa conferenza di Berlino entro il mese di gennaio: da un lato, al Serraj, fresco di accordi militari con la Turchia, e Haftar, il generale della Cirenaica che gode dell’appoggio dei russi, dei francesi, degli egiziani e degli Emirati Arabi.
Ma oggi l’unico respiro di sollievo arriva dall’incontro di Vladimir Putin con il presidente turco Erdogan ad Ankara: i due dominus del nuovo confronto militare in Libia chiedono il cessate il fuoco a partire da domenica.
E’ questa la notizia che rassicura — per ora — Bruxelles e le capitali europee a partire da Roma, dove invece la mediazione diplomatica si inceppa.
Conte riceve Haftar, ma a sera, al termine di ore di vertice, il premier non può nemmeno rivendicare questo risultato. Perchè gli è costato l’irritazione di al Serraj, rovinando lo sforzo diplomatico di apparire equidistanti tra i due.
Nessuna dichiarazione, nè sua, nè di Haftar al termine del faccia a faccia. Il generale libico se ne torna in Cirenaica con il lungo corteo di auto blu che lo ha accompagnato a Palazzo Chigi e annulla anche la presunta visita a Bruxelles, di cui non si aveva notizia ufficiale ma ufficiosa sì.
Il ‘cessate il fuoco’ suggerito da Putin e accordato da Erdogan infiocchetta invece la giornata di celebrazione degli accordi energetici tra Russia e Turchia (i due oggi inaugurano il nuovo Turkstream, gasdotto che porterà  il gas russo in Turchia e in Europa) e spazza via per il momento la preoccupazione maggiore a livello europeo: il rischio che in Libia inizi una guerra per procura, agita da attori esterni, la Turchia che è membro della Nato contro la Russia.
Ma l’equilibrio — se si può parlare di equilibrio — è precario. Imbastito all’ultimo solo a partire da ieri, quando in via stroardinaria viene convocato un vertice dei ministri degli Esteri di Italia, Francia, Germania e Gran Bretagna a Bruxelles con l’Alto rappresentante per la politica estera europea Josep Borrell. E’ il primo timido passo di una iniziativa europea che porta agli incontri di oggi.
In sostanza, raccontano fonti diplomatiche, il cambio di passo europeo è dovuto alla maturazione della consapevolezza che lasciare l’iniziativa sulla Libia alle sole Italia e Francia, le più esposte e con interessi contrapposti nella regione, avrebbe portato a un fallimento a livello di Unione.
Ecco perchè, a partire dal vertice ministeriale di ieri, sono stati in particolare i francesi a spingere il loro interlocutore privilegiato in Libia, Haftar, a compiere quel passo che oggi pomeriggio lo ha portato a Roma da Conte: del tutto a sorpresa.
A Palazzo Chigi ci sarebbe dovuto arrivare anche al Serraj, ma all’ultimo minuto ha cancellato la visita, irritato per la presenza di Haftar nella capitale italiana. O almeno così ha lasciato dire ai suoi.
Molto più probabile che il premier di Tripoli, riconosciuto dall’Onu, abbia voluto far pesare le proprie ragioni. Le stesse che ha riferito all’Alto rappresentante Borrell nell’incontro di oggi a Bruxelles e poi al presidente del Consiglio europeo Charles Michel e al presidente dell’Europarlamento David Sassoli.
In sostanza, dice al Serraj, “in Libia la questione è molto chiara: ci sono un aggressore, che è Khalifa Haftar, e un aggredito che è il governo di Tripoli formalmente riconosciuto dal mondo che si sta difendendo”.
E’ un “diritto” del Governo di accordo nazionale “stringere alleanze con diversi autori per difendersi”, continua, difendendo l’accordo economico e militare stipulato prima di Natale con la Turchia.
Parole pesanti contro Haftar. Al Serraj vuole prima verificare se la tregua chiesta da Putin sarà  rispettata dal generale di Tobruk. Oppure se seguiranno altri attacchi come quello all’Accademia militare di Tripoli che ha dato inizio all’escalation la settimana scorsa.
“Ho rinnovato l’appello per uno stop immediato al conflitto militare che arreca soltanto lutti e sofferenze alla popolazione civile — dice Sassoli dopo il colloquio con al Serraj – La soluzione alla crisi non può essere militare ma passa solo attraverso un processo politico inclusivo di tutte le componenti del paese, sotto l’egida delle Nazioni Unite e senza alcuna ingerenza esterna.
Intanto, l’iniziativa unitaria europea si inceppa non solo a Roma ma anche al Cairo dove il ministro degli Esteri Luigi Di Maio non firma la dichiarazione conclusiva comune dopo il vertice con Francia, Egitto, Cipro e Grecia. Motivo: troppo sbilanciata e troppo dura contro la Turchia e al Serraj”.
“Il processo di Berlino – ha sintetizzato il titolare della Farnesina – non ci deve vedere sbilanciati da una sola parte”.
Perchè l’obiettivo dell’iniziativa europea sulla Libia è portare al Serraj e Haftar a sedersi allo stesso tavolo alla Conferenza di Berlino, che dovrebbe tenersi nella seconda metà  di gennaio.
La presenza dei libici non era prevista nel format iniziale pensato lo scorso autunno. Ma adesso la situazione sul campo è cambiata: portare i due rivali a parlarsi sarebbe un grosso successo per l’Ue, fresca di nuova legislatura, nuova Commissione europea. Della serie: non sono permessi passi falsi.
Non a caso, la riunione settimanale della Commissione oggi si concentra proprio sulle crisi in Libia, Iran e Iraq. “L’utilizzo delle armi deve fermarsi per dare spazio al dialogo”, dice la presidente Ursula Von der Leyen.
Insomma, l’Ue corre ai ripari e, quando sceglie la via comunitaria, ce n’è per tutti un po’. Conte intasca il successo dell’incontro a Roma con Haftar, anche se non può rivendicarlo perchè gli va male con al Serraj.
La Francia fa un passo indietro che non la fa sfigurare, visto che il cessate il fuoco arriva dallo stesso Putin, sostenitore anche lui di Haftar.
La Germania spera di riuscire a ospitare la conferenza di Berlino sulla Libia.
Grazie a Putin, l’Ue tira un respiro di sollievo. O magari anche grazie — indirettamente — al nuovo conflitto in corso tra Usa e Iran.
Troppi fronti aperti, consigliano prudenza. E in più Russia e Turchia sono entrambe alleate dell’Iran: sconveniente fronteggiarsi in Libia in questa fase. Sempre che i libici riescano a dialogare tra loro: ma questa è la storia ancora da scrivere.

(da “Huffingtonpost”)

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TRUMP OGGI SI TRAVESTE DA COLOMBA: “POSSIBILE ANCHE LA PACE CON L’IRAN”

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

LE BORSE FESTEGGIANO, IL PETROLIO CROLLA … NON CI SAREBBERO STATI FERITI PERCHE’ L’IRAN AVEVA PREAVVISATO L’IRAQ DELL’ATTACCO

Il giorno dopo l’attacco alle basi americane statunitensi in Iraq, Donald Trump ha parlato alla Nazione, rassicurando che nessun militare è stato ferito o ucciso nei radi lanciati dall’Iran in risposta all’uccisione del generale Qassem Soleimani.
Nel spiegare le ragioni del blitz che hanno portato all’assassinio del leader delle forze speciali dei Guardani della rivoluzione il presidente americano ha descritto Soleimani come il «maggiore terrorista mondiale», con «le mani sporche del sangue dei soldati americani e iracheni».
Nel suo discorso Trump ha annunciato anche nuove sanzioni contro Teheran e ha invitato i Paesi firmatari dell’accordo sul nucleare, i cinque membri permanenti del consiglio sicurezza dell’Onu più la Germania, ad abbandonare il patto raggiunto con l’Iran nel 2015.
«Queste potenti sanzioni rimarranno fino a quando l’Iran non cambierà  il suo comportamento», ha detto Trump. «Solo negli ultimi mesi, l’Iran ha sequestrato navi in acque internazionali, sferrato un attacco non provocato all’Arabia Saudita e abbattuto due droni americani».
Gli Stati Uniti «sono pronti alla pace, con tutti quelli che la desiderano», ha poi proseguito il presidente americano rivolgendosi ai vertici dell’Iran e al popolo della Repubblica Islamica.
Le parole pronunciate dal capo della Casa Bianca hanno fatto affondare il petrolio a New York, dove le quotazioni Wti perdono il 3,8% a 60,28 dollari al barile. Il Brent perde invece il 3,2%. Il calo è legato all’allentamento delle tensioni fra Stati Uniti e Iran e alle parole di Donald Trump, secondo il quale gli Stati Uniti non hanno bisogno del petrolio del Medio Oriente.
Chiudono in positivo anche le borse. Wall Street avanza decisa con lo S&P 500 che vola a un nuovo record storico. Il Dow Jones sale dello 0,63% a 28.763,03 punti, il Nasdaq avanza dello 0,67% a 9.129,34 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dello 0,7% a 3.258,75 punti. Positiva anche Piazza Affari, con gli investitori che confidano che l’attacco dell’Iran alle basi Usa non scateni un’escalation militare.

(da Open)

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IL MINISTRO DEGLI ESTERI ZARIF: “REAZIONE ENTRO I LIMITI DELL’ONU, LEGITTIMA DIFESA CONTRO UN ATTACCO TERRORISTICO”

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

“NON SARA’ L’IRAN A PROVOCARE L’ESCALATION, RIVENDICHIAMO L’AUTODIFESA NEL RISPETTO DELL’ART 51 DELLA CARTA ONU”

Un’azione condotta per “legittima difesa” contro un “attacco terroristico”. Un’azione che ha preso di mira “obiettivi legittimi secondo il diritto interazionale”, nel pieno rispetto dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite.
Se il presidente iraniano Hassan Rohani, rivolgendosi agli iraniani, utilizza il linguaggio forte della vendetta – “Taglieremo le gambe agli Usa, come loro hanno tagliato la mano al generale Qassem Soleimani — la volontà  di Teheran di restare entro i limiti dell’Onu, evitando azioni e provocazioni non conformi al diritto internazionale, è evidente nelle parole scelte dal ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif e dall’ambasciatore di Teheran all’Onu Majid Takht-e Ravanchi.
Parole che indicano la volontà  della Repubblica islamica di dare un segnale alla comunità  internazionale: non sarà  l’Iran a provocare l’escalation.
L’attacco iraniano di questa notte alle basi Usa in Iraq è stato condotto per “legittima difesa” contro un “attacco terroristico” compiuto con l’uccisione del generale Soleimani, ha detto ai media a Teheran il ministro degli Eteri Zarif.
“Non ho dati precisi sul numero” delle vittime dell’attacco alle basi Usa in Iraq, “li fornirà  l’esercito. Ciò che è certo è che la Repubblica islamica ha preso di mira una base degli Stati Uniti da cui avevano colpito il comandante Soleimani e che avevano usato in passato per attacchi contro le forze della Resistenza. Perciò è stato un obiettivo legittimo secondo il diritto internazionale”, ha aggiunto Zarif.
Un concetto ribadito anche sulla piazza virtuale di Twitter.
In un tweet Zarif ha riferito di “misure proporzionate di legittima difesa nel rispetto dell’articolo 51 della Carta delle nazioni unite” e ha sottolineato che l’Iran “non vuole la guerra nè l’escalation” ma “si difenderà  da ogni aggressione”.
L’Iran “non vuole la guerra” con gli Usa, ma si riserva il “diritto all’autodifesa” e “prenderà  tutte le necessarie e proporzionate misure contro ogni minaccia o uso della forza”, ha scritto l’ambasciatore di Teheran all’Onu in una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Dichiarazioni misurate e attente a mantenere la Repubblica islamica dentro il perimetro della comunità  internazionale e delle sue leggi.
Dichiarazioni dirette, appunto, all’Onu e a Bruxelles, più che a quella parte di Medio Oriente che chiede vendetta per Soleimani e brucia bandiere americane.
A questa parte si rivolge invece il presidente Rohani, quando promette che Teheran “taglierà  le gambe agli Usa nella regione”, dopo che loro hanno “tagliato la mano” a Soleimani
La Guida Suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha parlato di “uno schiaffo in faccia agli Usa”, che deve spingere gli americani ad andare via dalla regione. “Ieri notte li abbiamo schiaffeggiati”, ha detto parlando dalla città  santa di Qom. “Ma se si arriva al confronto, le azioni militari di questo tipo non sono sufficienti… la presenza corrotta degli Stati Uniti deve finire”.
I Pasdaran iraniani, attraverso la tv di Stato, hanno assicurato che qualsiasi misura di ritorsione degli Stati Uniti contro gli attacchi missilistici iraniani avrà  una nuova risposta. “Gli americani ora sanno che le loro basi possono essere prese di mira dall’Iran … Le loro basi saranno prese di mira se gli Stati Uniti risponderanno agli attacchi missilistici dell’Iran in Iraq”.
Un alto funzionario dell’ufficio della Guida Suprema ha assicurato che la risposta dell’Iran all’uccisione del generale Soleimani è stata finora la più debole tra quelle di cui Teheran può essere capace. Ora sta agli Usa non accendere altre micce.

(da “Huffingtonpost”)

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OPERAZIONE SOLEIMANI MARTIRE, PIOGGIA DI MISSILI CONTRO DUE BASI AMERICANE IN IRAQ, ALMENO 80 MORTI E 200 FERITI

Gennaio 8th, 2020 Riccardo Fucile

ILLESI I MILITARI ITALIANI… “ABBIAMO DATO UNO SCHIAFFO AGLI STATI UNITI MA E’ SOLO L’INIZIO”

Almeno 80 morti. Sarebbe questo un primo bilancio – non ancora ufficiale – dell’attacco missilistico “Soleimani martire” dell’Iran contro due basi irachene dove erano ospitati militari americani.
L’Iran “ha dato uno schiaffo gli Stati Uniti con l’attacco missilistico alle sue basi militari, ma non è ancora abbastanza e la presenza corrotta degli Stati Uniti dovrebbe finire”.Questo il commento del leader supremo iraniano, Ali Khamenei, in un messaggio in tv.
Decine di missili sono stati lanciati contro due basi irachene che ospitano militari statunitensi: quella di al-Asad e quella di Erbil, dove è presente anche il contingente italiano. I militari sono stati messi in sicurezza in un bunker e sarebbero tutti illesi. L’attacco dell’Iran, l’operazione “feroce vendetta”, è avvenuto nello stesso orario della morte del generale Soleimani. Crollano le borse asiatiche, mentre continua la corsa al rialzo del petrolio.
La televisione di Stato iraniana ha citato fonti ben informate della Guardia Rivoluzionaria secondo le quali circa 80 persone sono state uccise, ed altre 200 sono rimaste ferite, in seguito al raid.
“Grandi perdite sono state inflitte a numerosi droni, elicotteri e equipaggiamento militare nella base” di al-Asad. Secondo la Guardia Rivoluzionaria almeno 15 missili hanno colpito basi statunitensi, e nessuno è stato intercettato dall’esercito americano. “Circa 104 obiettivi degli Stati Uniti e dei suoi alleati locali sono sotto osservazione da parte dell’Iran, e se commetteranno un errore, siamo pronti ad attaccarli”, spiega una fonte della Guardia Rivoluzionaria alla tv di Stato.
“Noi non vogliamo l’escalation verso la guerra, ma ci difenderemo contro l’aggressione”. Così su Twitter il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha definito l’attacco missilistico contro le basi Usa in Iraq una “misura proporzionata di auto difesa”.
“Oltre una dozzina di missili balistici” sono stati lanciati contro due basi Usa e delle forze di coalizione in Iraq, ha confermato in una nota il Pentagono. ”È chiaro – ha aggiunto – che questi missili sono stati lanciati dall’Iran e hanno preso di mira almeno due basi militari irachene che ospitano forze Usa e personale della coalizione a al-Asad e Erbil”.
“Tutto bene, stiamo valutando i danni e le vittime, fino a questo momento va bene”. Così Donald Trump, via Twitter, ha confermato nella notte che “missili sono stati lanciati dall’Iran contro due basi militari in Iraq”. “Abbiamo l’esercito più potente e meglio equipaggiato del mondo, di gran lunga”, ha scritto ancora il presidente che poi ha annunciato una dichiarazione per questa mattina.
Intanto Air France ha sospeso fino a nuovo avviso “tutti i sorvoli dello spazio aereo iraniano e iracheno”, poche ore dopo gli attacchi iraniani contro due basi che ospitano soldati americani in Iraq. “Come misura precauzionale e non appena sono stati annunciati gli attuali attacchi aerei, Air France ha deciso di sospendere tutti i sorvoli dello spazio aereo iraniano e iracheno fino a nuovo avviso”, ha detto un portavoce della compagnia aerea.

(da agenzie)

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TRUMP ESILARANTE: “SE L’IRAQ VUOLE IL RITIRO DELLE NOSTRE TRUPPE PRIMA CI RESTITUSCA I SOLDI CHE ABBIAMO SPESO”

Gennaio 6th, 2020 Riccardo Fucile

“ABBIAMO UNA BASE CHE CI E’ COSTATA MILIARDI PER COSTRUIRLA”…   MA CHI VI HA OBBLIGATI AD ANDARCI? FATEVI PAGARE DA CHI VI HA MANDATO PER LUCRARE SUL PETROLIO

Dopo il voto di ieri, 5 gennaio, sulla risoluzione non vincolante per l’uscita delle truppe americane dal Paese, il presidente Usa Donald Trump ha avvertito che non solo ha in serbo “grandi sanzioni” ma che rivuole indietro tutti i fondi investiti nella base militare statunitense.
«Abbiamo lì una base straordinariamente costosa, costruirla è costato miliardi di dollari, ben prima che io mi insediassi. Non ce ne andremo a meno che non ci restituiscano i soldi», ha detto il presidente americano.
Il verdetto del parlamento iracheno arriva in conseguenza del raid contro il generale Soleimani, ucciso con un drone Usa. Il provvedimento dovrebbe riguardare tutti i soldati della coalizione internazionale, quindi anche i 926 militari italiani della Task Force 44 dispiegati su tutto il territorio iracheno, in particolare nella parte settentrionale, nella zona di Kirkuk.

(da agenzie)

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TEHERAN SI FERMA PER SOLEIMANI: MILIONI DI PERSONE AI FUNERALI DEL COMANDANTE

Gennaio 6th, 2020 Riccardo Fucile

DALLA FOLLA SLOGAN CONTRO GLI STATI UNITI… “PER GLI USA SARA’ UN ALTRO VIETNAM”

Sono milioni le persone che si sono riversate nelle strade di Teheran, accalcandosi intorno all’Università  dove si tiene la cerimonia funebre di Qassem Soleimani, il comandante delle forze di Qods ucciso in Iraq da un raid Usa lo scorso venerdì.
Slogan contro gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e Israele, immagini del comandante ucciso e bandiere iraniane
In lacrime, tra i lamenti di una folla, il leader supremo dell’Iran ha pregato sui resti dell’alto generale Qassem Soleimani ucciso in un attacco aereo statunitense a Baghdad, che ha drasticamente aumentato le tensioni tra Teheran e Washington.
In risposta, Teheran è uscito dall’accordo sul nucleare del 2015 con le potenze mondiali mentre in Iraq il Parlamento ha chiesto l’espulsione di tutte le truppe americane dal suolo nazionale.
Gli sviluppi potrebbero avvicinare l’Iran alla costruzione di una bomba atomica, innescare un attacco militare contro l’America e consentire al gruppo dello Stato islamico di organizzare un ritorno in Iraq, rendendo il Medio Oriente molto più pericoloso e instabile.
Il successore di Soleimani, Esmail Ghaani, era vicino al fianco di Khamenei durante i funerali, così come il presidente iraniano Hassan Rouhani e altri importanti leader della Repubblica islamica.
In un’intervista alla tv di Stato, Ghaani ha minacciato: “Dio Onnipotente ha promesso di vendicarsi e Dio è il principale vendicatore. Sicuramente verranno intraprese azioni”. Ghaani è ora diventato il capo della Forza Quds della Guardia Rivoluzionaria, un braccio di spedizione dell’organizzazione paramilitare responsabile solo di Khamenei.
Le salme del generale e delle quattro Guardie rivoluzionarie uccise assieme a lui sono arrivate a Teheran all’alba. Gli altri quattro assassinati sono Shahroud Mozaffarinia, Vahid Zamanian, Hadi Taremi e Hossein Pour-Jafarinia.
Dopo le preghiere, la processione funebre continua verso Piazza Azadi e i corpi verranno trasferiti a Qom per un’altra cerimonia funebre. Soleimani sarà  sepolto nella sua terra natale, Kerman, martedì.

(da agenzie)

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IL PARLAMENTO DELL’IRAQ VOTA LA CACCIATA DEI SOLDATI DELLA COALIZIONE, A RISCHIO 924 SOLDATI ITALIANI

Gennaio 5th, 2020 Riccardo Fucile

COSA ASPETTA IL GOVERNO A ORDINARE IL RIENTRO DEI NOSTRI MILITARI?

Il parlamento iracheno ha votato a favore della risoluzione che chiede al governo di Bagdad di far ritirare dal paese i soldati della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti, presente in territorio iracheno all’indomani della guerra del 2003.
È la prima diretta conseguenza dell’operazione Soleimani, l’uccisione da parte di un drone Usa del generale iraniano. Il provvedimento riguarda anche i militari italiani.
n questo momento sono dispiegati in Iraq: un contingente di carabinieri a Bagdad, con compiti di addestramento; il contingente di truppe speciali, la Task Force 44, concentrato soprattutto nella zona settentrionale di Kirkuk; il gruppi degli addestratori a Erbil, nel Kurdistan.
In tutto sono presenti in Iraq 926 militari italiani.

(da agenzie)

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PER LA SALMA DI SOLEIMANI RIENTRO IN PATRIA DA EROE

Gennaio 5th, 2020 Riccardo Fucile

IL FERETRO ACCOLTO DA UNA MAREA UMANA, CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE AL GRIDO DI “MORTE ALL’AMERICA”

Sono iniziati ad Ahvaz, città  nella provincia del Khuzestan in Iran, i tre giorni di lutto nazionali per la morte del generale Qassem Soleimani, ucciso venerdì scorso a Bagdad in Iraq da un raid americano. Con la salma del comandante delle forze speciali Al Quds, c’è anche quella del vice comandante della milizia filo-iraniana, l’iracheno Hashd al-Shaabi.
La processione funebre in loro onore è partita dall’aeroporto della cittadina iraniana. Una marea umana segue la processione funebre con bandiere, striscioni, foto e intonando canti sciiti: in piazza ci sono centinaia di migliaia di persone che si battono il petto e gridano: “A morte l’America”.
Il corpo del generale sarà  trasportato nella città  santa di Mashad nel pomeriggio, a Teheran lunedì mattina e poi a Qom lunedì sera. Soleimani verrà  sepolto martedì pomeriggio nella sua città  natale, Kerman, secondo le sue volontà .

(da agenzie)

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