Destra di Popolo.net

OMICIDIO CERCIELLO, SCOPPIA IL CASO DELLE FRASI DELLE INTERCETTAZIONI SBAGLIATE E MANCANTI

Febbraio 20th, 2020 Riccardo Fucile

ELDER NON SAPEVA CHE I DUE FOSSERO CARABINIERI, MA NELLA TRADUZIONE LA SUA AFFERMAZIONE E’ SPARITA

Alcune frasi dell’informativa finale dell’indagine sull’omicidio del carabiniere Mario Cerciello Rega in cui Lee Finnegan Elder è a colloquio in carcere con il padre e un avvocato americano sarebbero state tradotte in modo errato mentre altre, contenute nei video allegati, non sarebbero state proprio riportate nell’atto.
Dopo aver riascoltato i nastri e affidato una consulenza a esperti traduttori, gli avvocati dello stesso 19enne, Renato Borzone e Roberto Capra, hanno scoperto che alcuni passaggi riportati, sui momenti precedenti all’uccisione di Cerciello Rega avvenuta lo scorso 26 luglio, erano diversi da come scritto dagli inquirenti.
Da quanto tradotto dal consulente degli avvocati, quindi, Elder non sapeva che Cerciello e Andrea Varriale, il secondo agente di pattuglia, fossero carabinieri. “Pensavamo fossero mafiosi o qualcosa del genere”, è una delle frasi mancanti.
E poi, “non hanno mostrato nulla. Non hanno detto nulla”. In sostanza, quindi, Elder non ha fatto alcuna ammissione: “Non sapevo che fosse un poliziotto. Pensavo fosse un tizio qualunque, un malvivente (…) un tipo mafioso”.
Quanto al passaggio nell’informativa in cui si fa riferimento al tesserino che i carabinieri avrebbero mostrato, ovvero la frase “they flashed their cards or whatever”, pronunciata da Elder, si farebbe riferimento a un passaggio precedente, ovvero a quanto avvenuto a piazza Mastai alcune ore prima, quando Elder e Gabriel Natale Hjorth stavano provando ad acquistare della droga da Sergio Brugiatelli, prima che Natale fosse intercettato dai militari.
“Loro gli hanno tipo, velocemente mostrato i tesserini (…) hanno detto di essere carabinieri e lui non li ha creduti, pensava che lo avessero fottuto perchè era un turista americano”, è la frase tradotta dall’interprete nominato dagli avvocati di Elder. Un passaggio in cui lo stesso 19enne riporta quanto gli aveva riferito Natale Hjorth.
Quanto ai consulenti incaricati dagli inquirenti alla traduzione, si tratta di due interpreti, uno di nazionalità  italiana e uno svedese.
“Siamo rimasti stupefatti ma nulla di quello che risulta sulla traduzione sui punti essenziale è corretto. Dimostreremo nel processo che le nostre traduzioni mostreranno tutta la verità . Un po’ preoccupante quello che è accaduto” ha commentato l’avvocato Renato Borzone. Mercoledì 26 febbraio in Corte d’Assise inizia il processo.

(da “NextQuotidiano”)

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VOLI DI STATO: IL TRIBUNALE DEI MINISTRI CHIEDERA’ L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE CONTRO SALVINI PER ABUSO D’UFFICIO

Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile

LA CONFERMA ARRIVA DALLO STESSO LEGHISTA… 35 VOLI UTILIZZATI FACENDO COMBACIARE IMPEGNI ISTITUZIONALI A COMIZI ELETTORALI NEL CORSO DELLA STESSA GIORNATA

La magistratura è pronta a chiedere il processo nei confronti del leader della Lega con l’accusa di abuso d’ufficio per la vicenda dei voli di Stato.
Lo ha confermato lo stesso ex ministro dell’Interno in una diretta video su Facebook, nella quale ha parlato dell’ennesimo procedimento giudiziario in cui è stato coinvolto. E, come al solito, attacca la sinistra.
«Sembra che mi stia arrivando un altro processo per abuso di ufficio. Ormai colleziono processi come fossero figurine Panini. Ma io non ho paura, perchè male non fare, paura non avere».
E la collezione di figurine, come quelle dei calciatori, è stata quasi completata.
La magistratura, infatti, starebbe per chiedere — e, a quanto pare, la notizia sembra certa dato che è lo stesso Matteo Salvini a parlarne apertamente — l’autorizzazione a procedere nei confronti del leader della Lega per quelle anomalie dei voli di Stato utilizzati durante il suo mandato di ministro dell’Interno.
Si tratta di 45 voli di Stato, effettuati con mezzi aerei istituzionali, utilizzati da Matteo Salvini per presiedere ad alcune iniziative che lo vedevano protagonista: da celebrazioni ufficiali a impegni istituzionali nel ruolo di capo del Viminale.
Alcune di queste località , però, si trovavano in prossimità  di luoghi in cui il segretario della Lega ha tenuto comizi elettorali nel corso della stessa giornata (o in prossimità  di essa). Per questo motivo c’è l’ipotesi di abuso d’ufficio.
In pratica avrebbe fatto coincidere visite istituzionali al suo calendario elettorale, utilizzando di fatto voli di Stato per presenziare a impegni di partito in 35 casi.

(da agenzie)

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IL DEPUTATO CALABRESE CHE IMBARAZZA LA LEGA

Febbraio 19th, 2020 Riccardo Fucile

IL SUOCERO HA UNA CONDANNA DEFINITIVA PER TENTATA ESTORSIONE AGGRAVATA DA METOSO MAFIOSO… ORA LE ACCUSE AL MAGISTRATO PETRINI, INDAGATO PER CORRUZIONE RIAPRONO IL CASO: 100.000 EURO OFFERTI AL GIUDICE PER SBLOCCARE BENI SEQUESTRATI

Duecento militanti calabresi della Lega hanno scritto una lettera a Matteo Salvini per chiedere “maggiore trasparenza” nella gestione del partito. Lo riferiva esattamente un anno fa il Fatto Quotidiano.
Sul banco degli imputati c’è il Segretario regionale Lega Salvini Premier Calabria, l’onorevole Domenico Furgiuele.
Non risulta che quelle richieste siano state accolte, visto che Furgiuele — che è l’unico deputato eletto dalla Lega in Calabria — è ancora al suo posto e Salvini si è limitato a inviare un commissario, Christian Invernizzi, al quale non sono stati dati molti poteri operativi. Il problema quindi potrebbe non essere stato risolto, almeno secondo una recente inchiesta di Alessia Candito per l’Espresso.
Ma perchè, esattamente, Furgiuele dovrebbe rappresentare un problema per la Lega e per Salvini? In che modo la sua figura potrebbe mettere in imbarazzo la Lega?
L’elemento chiave è   la figura del suocero dell’onorevole Furgiuele: l’imprenditore Salvatore Mazzei. Noto imprenditore e titolare di una cava a Lamezia Terme (dove c’è anche il quartier generale della Lega) Mazzei è stato condannato, in via definitiva, per tentata estorsione aggravata da metodo mafioso (e assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa).
Di lui si parlava già  nell’inchiesta di Claudia Di Pasquale per Report sulla “nuova” Lega che sfondava al Sud Italia nel 2018.
A Mazzei (che oltre a Furgiuele aveva anche un altro genero all’epoca impegnato in politica, ma con CasaPound) sono stati sequestrati beni per 200 milioni di euro. Tra i beni sequestrati anche un immobile — di proprietà  di una delle figlie di Mazzei, la moglie del deputato leghista — dove risultava avere domicilio proprio l’onorevole Furgiuele.
Lui, che con quel processo non c’entra, si è difeso dicendo che la sua unica colpa «è quella di essermi innamorato a 15 anni di una ragazza, dopo di che, io mi sono sposato, sono cresciuto con mia moglie, la mia condotta di vita, politica, personale è trasparente».
Il provvedimento di sequestro però colpisce anche il patrimonio intestato ai figli di Mazzei che la Polizia giudiziaria di Catanzaro ritiene che sia di Salvatore Mazzei perchè «le risorse, ab origine fornite dal capostipite — si leggeva nel provvedimento — sono state trasferite indistintamente fra persone fisiche e soggetti collettivi, a seconda dell’abbisogna del momento».
Inoltre, aveva scoperto Report, dopo essere stato eletto Furgiuele aveva ceduto le sue quote di una società  (la Terina Costruzioni Srl) di cui era socio assieme ad una delle figlie di Mazzei (Maria Concetta, che ne deteneva l’80%) al cognato Armando Mazzei, vale a dire a una delle persone a cui erano stati confiscati i beni: «e grazie a questa società  gli consente di lavorare all’interno della cava confiscata alla famiglia» commentava in studio Sigfrido Ranucci.
Storia vecchia, si dirà . Tanto più che Furgiuele ne è sempre uscito pulito.
Il punto però è che Mazzei non ha mai gradito quel provvedimento di sequestro ed è tutt’ora pendente un ricorso alla Corte d’Appello di Catanzaro.
E il nome dell’imprenditore lametino, suocero del deputato leghista, è spuntato fuori nelle carte dell’inchiesta su Marco Petrini, il magistrato presidente della III sezione della Corte d’Appello di Catanzaro arrestato il mese scorso con l’accusa di corruzione in atti giudiziari.
Secondo l’accusa gli indagati (otto in tutto) offrivano a Petrini denaro, oggetti preziosi o altre utilità  «per ottenere, in processi penali, civili e in cause tributarie, sentenze o comunque provvedimenti favorevoli a terze persone concorrenti nel reato corruttivo. In taluni casi i provvedimenti favorevoli richiesti al magistrato e da quest’ultimo promessi e/o assicurati erano diretti a vanificare, mediante assoluzioni o consistenti riduzioni di pena, sentenze di condanna pronunciate in primo grado dai tribunali del distretto, provvedimenti di misure di prevenzione, già  definite in primo grado o sequestri patrimoniali in applicazione della normativa antimafia, nonchè sentenze in cause civili e accertamenti tributari».
Interrogato a inizio febbraio Petrini ha raccontato in tribunale gli innumerevoli episodi di corruzione di cui è stato protagonista. Il nome di Salvatore Mazzei — scrive Alessia Candito su LaCNews24.it — salta fuori in un’intercettazione del faccendiere Mario Santoro che rivela il tentativo di comprare una sentenza favorevole in appello per far cadere l’aggravante mafiosa. Il prezzo? Centomila euro.
Secondo la Guardia di Finanza Mazzei avrebbe consegnato delle somme di denaro al commercialista Antonio Claudio Schiavone «al fine di interferire sul predetto giudice [Petrini NdR] per fare restituire dei beni sottoposti a sequestro nell’ambito di una indagine della Dda di Catanzaro».
Rimane naturalmente un interrogativo: dove avrebbe preso i soldi Mazzei se l’intero patrimonio era sotto sequestro?
All’epoca dell’inchiesta di Report Salvini aveva risposto che lui non voleva fare «processi ai parenti, ai cugini, ai nipoti» e per quanto riguardava Furgiuele «… ecco io non rispondo di quello che fa mio suocero onestamente, porti pazienza…».
Sarà  ancora così?

(da agenzie)

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DON ALBERTO VIGORELLI, IL SACERDOTE QUERELATO DA SALVINI PER DIFFAMAZIONE PER AVER DETTO CHE UN VERO CRISTIANO NON PUO’ ESSERE DELLA LEGA

Febbraio 18th, 2020 Riccardo Fucile

IL PM AVEVA GIA’ CHIESTO L’ARCHIVIAZIONE, SALVINI VUOLE LE SCUSE… IL LEGALE DI DON VIGORELLI: “PREDICARE IL VANGELO NON E’ UN’AZIONE DELLA QUALE SCUSARSI”

E’ stato aggiornato in maggio il processo per diffamazione davanti al giudice di pace di Como che vede imputato don Alberto Vigorelli, 80 anni, ex missionario in Africa e Perù, citato a giudizio dal leader della Lega Salvini.
Don Vigorelli in una omelia domenicale nel 2016 a Mariano Comense, nel commentare un passo del vangelo dedicato all’accoglienza (“ero straniero e mi avete accolto”) aveva affermato “O siete cristiani o siete di Salvini”.
L’affermazione era stata stigmatizzata da un referente locale della Lega ed era arrivata ai vertici del partito.
Il pm di Como aveva chiesto l’archiviazione della denuncia, che è stata però rigettata, per cui il sacerdote si è trovato davanti al giudice di pace.
Questa mattina l’aula era gremita da alcune decine di persone che hanno voluto mostrare la loro solidarietà  all’anziano sacerdote, presente con il suo legale. Non c’era la parte lesa, Salvini, che ieri sui social aveva postato “Disse durante la Messa che un cristiano non può essere della Lega, non ho parole… Se questo prete, che mi odia, chiederà  scusa e devolverà  1.000 euro a una Onlus che si occupa di disabili, pace fatta e amici come prima”.
E stamani il legale di Salvini ha ribadito la richiesta di scuse.
“Don Vigorelli ha predicato il Vangelo quel giorno, un’azione del quale non può scusarsi” ha replicato l’avvocato Oreste Dominioni, che assiste il sacerdote. Il giudice ha aggiornato il processo a maggio
Salvini aveva anche scritto a Scola e Stella per chiedere la rimozione del prete.

(da agenzie)

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RUBY, TROVATI 400.000 EURO SUI CONTI DELL’EX MARITO LUCA RISSO: “TELEFONATE CONTINUE A VILLA DI BERLUSCONI”

Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile

AL PROCESSO LA TESTIMONIANZA DELLA POLIZIA GIUDIZIARIA: “VIAGGI TRA MESSICO E DUBAI PER NON FARE TESTIMONIARE KARIMA IN AULA”

Su conti esteri, tra Lugano e Francoforte, riconducibili a Luca Risso, l’ex compagno di Ruby, sarebbero transitati, tra il 2013 e il 2014, oltre 400mila euro, di cui 300mila euro, stando ad un’indicazione “manoscritta” dello stesso Risso, sarebbero dovuti arrivare ad una filiale di una banca a Playa del Carmen in Messico.
Così un’investigatrice di polizia giudiziaria, testimoniando in aula nel processo milanese ‘Ruby ter’ a carico di Silvio Berlusconi e altri 28 imputati, ha riassunto l’esito di alcune rogatorie effettuate nelle indagini e i cui contenuti erano già  emersi nei mesi scorsi. L’ufficiale di polizia giudiziaria ha parlato di due bonifici da 25mila e 20mila euro partiti da Genova e arrivati su un conto di Francoforte riconducibile a Risso e di “altri due bonifici” verso la Germania partiti da un conto svizzero, “aperto nel marzo 2011”, dell’ex compagno di Karima, uno da 300mila euro e l’altro da 60mila euro.
Nel corso della sua deposizione la testimone di polizia giudiziaria ha parlato di molti altri dettagli dell’inchiesta già  emersi come, ad esempio, un messaggio rintracciato nei telefoni sequestrati nel quale Risso diceva “mia figlia deve crescere bene, non con una che sa solo spendere soldi (…), sputtano tutto”.
L’investigatrice ha dato conto anche di “una serie di chiamate” in quel periodo “dal numero di Risso a quello di villa San Martino”, ossia la residenza dell’ex premier.
Poco prima l’investigatrice aveva anche ricostruito i “viaggi tra il Messico e Dubai” di Ruby, Risso e dei familiari di quest’ultimo. Il 10 dicembre 2012, ad esempio, Karima avrebbe dovuto testimoniare nel processo milanese sul caso Ruby a carico di Berlusconi (poi finito con un’assoluzione definitiva), ma la ragazza assieme all’allora compagno e ai genitori di quest’ultimo “era partita per il Messico il primo dicembre”. Il teste ha citato, tra gli altri, anche un messaggio nel quale la madre di Risso diceva al padre “fai quello che devi e vieni via”.
Secondo le indagini del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e del pm Luca Gaglio, infatti, parte dei milioni di euro intascati dalla giovane marocchina per non parlare sarebbe servita per l’acquisto di un ristorante con annesso pastificio e di due edifici con mini-alloggi per operatori del settore turistico a Playa del Carmen.
Attraverso una rogatoria in Messico, tra l’altro, gli investigatori hanno accertato “la costituzione di una società ” a nome di Risso, Ruby e altre due persone. Il testimone ha ricordato, poi, un altro dettaglio emerso nell’inchiesta, ossia una lettera firmata da Risso e trovata su un suo pc in cui l’uomo si rivolgeva al “presidente” Berlusconi.
E ancora una “dichiarazione di debito” del marzo 2014 nella quale Karima avrebbe fatto riferimento ad un prestito a favore del suo compagno di 160mila euro.
In quel periodo, ha spiegato la teste, Ruby si lamentava con la famiglia di Risso dicendo “non sono una mucca da mungere”.
Tra gli elementi ricostruiti nella testimonianza dell’agente anche un contratto di consulenza da 75mila euro per Marysthell Polanco, “secondo il quale lei avrebbe dovuto fare consulenze sulla produzione di programmi su Milan Channel”.
Tuttavia, “non è stata trovata documentazione sulle prestazioni effettuate”. Lei, come altre ‘olgettine’, secondo i pm, sarebbe stata pagata da Berlusconi per il silenzio sulle serate ad Arcore.

(da agenzie)

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IL MILITANTE DI FORZA NUOVA MANDATO AI LAVORI SOCIALMENTE UTILI ALL’ARCIGAY

Febbraio 17th, 2020 Riccardo Fucile

PER EVITARE LA CONDANNA CONCESSA LA MESSA IN PROVA: TINTEGGIARE LA CAMERA MORTUARIA DEL CIMITERO E PRESTARE SERVIZIO ALL’ARCIGAY

Aveva inscenato un funerale per le vie del centro storico di Cesena, in occasione della seconda unione civile tra persone dello stesso sesso celebrata in Comune.
Lo scorso ottobre il Tribunale di Forlì ha concesso la messa alla prova, tramutando la pena in lavori socialmente utili, tra i quali la tinteggiatura di alcuni fabbricati del cimitero urbano di Diegaro.
E così un esponente di Forza Nuova, di 57 anni, che insieme ad altri militanti il 5 febbraio 2017 aveva sfilato con tanto di bara in spalla per le vie di Cesena inscenando il funerale d’Italia’, nei giorni scorsi ha effettuato i lavori di tinteggiatura, dedicandosi alle pareti esterne della camera mortuaria del cimitero e ad altre strutture, per 6 ore. Non solo: il Resto del Carlino riferisce che domani lo stesso militante andrà  a svolgere servizio socialmente utile nella sede Arcigay di Rimini.
“Si tratta — commenta il Sindaco Enzo Lattuca — di una pena simbolica ma incisiva . È stata violata la ‘Legge Mancino’ che punisce chi inneggia all’ideologia nazifascista o incita alla discriminazione per motivi religiosi, razziali, etnici o nazionali, ma anche altre specifiche norme del Codice penale. Inoltre, in una città  libera e democratica come Cesena, manifestazioni di questo tipo non saranno mai tollerate”.

(da agenzie)

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GIANLUIGI MERANDA, LA GOLA PROFONDA DEL METROPOL

Febbraio 15th, 2020 Riccardo Fucile

L’AVVOCATO D’AFFARI CHE CON SAVOINI TRATTAVA IL CONTRATTO CON I RUSSI HA REGISTRATO L’INCONTRO: PER QUALE MOTIVO?

Con il nomignolo di Gola Profonda veniva appellata la fonte che aveva fatto scoppiare il Watergate: una trentina d’anni dopo Mark Felt ammise che era stato lui ad aver girato le intercettazioni illegali effettuate nel quartier generale del Comitato nazionale democratico, a opera di uomini legati al Partito Repubblicano, a Bob Woodward e Carl Bernstein. Oggi il nomignolo viene rispolverato per far sapere che è l’avvocato Gianluca Meranda la fonte dell’audio del Metropol.
Il nome di Meranda salta fuori ieri, e non per caso. Sulla squadretta di pm milanesi che indaga per corruzione internazionale in relazione all’incontro del Metropol e alla megafornitura di prodotti petroliferi discussa in quell’occasione si era abbattuta poco prima una rogna consistente.
La Cassazione, chiamata a esaminare il ricorso di Savoini contro il sequestro dei suoi telefoni e del computer, aveva respinto il ricorso, confermando l’esistenza del fumus della corruzione ma mettendo in chiaro un principio: per poter essere utilizzata in un processo, la registrazione dell’incontro deve avere una paternità , non può essere una intercettazione illecita. E gli unici a poter registrare lecitamente l’incontro erano (anche all’insaputa l’uno dell’altro) i sei presenti: da parte italiana Savoini, Meranda, l’ex bancario Francesco Vannucci; da parte russa Ilya Yakunin, Andrey Kharchenko e un terzo signore non identificato.
Dare un nome all’autore per la Procura era dunque indispensabile per impedire che l’inchiesta — che ha come vero obiettivo l’ipotesi di finanziamenti in nero alla Lega perdesse un pezzo importante. Ed ecco che il nome salta fuori, rivelato ieri anche se con qualche cautela dall’agenzia Ansa. A registrare tutto sarebbe stato Meranda.
L’intuizione su Meranda l’aveva avuta prima di tutti Giacomo Amadori, che aveva scritto di Meranda su La Verità  nel luglio scorso. L’avvocato d’affari, già  massone, poi espulso dalla Serenissima Gran Loggia d’Italia, che a suo dire a Mosca rappresentava gli interessi di una non meglio identificata «banca d’affari anglo-tedesca», è quindi la fonte dei rubli alla Lega.
Di fatto, è Meranda ad innescare tutto il meccanismo che oggi porta la Procura milanese a dare la caccia ai fondi occulti della Lega. E sarebbe interessante capire se abbia fatto tutto di testa sua.

(da “NextQuotidiano”)

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RUSSIAGATE LEGA, GLI INQUIRENTI: “E’ STATO MERANDA A REGISTRARE LA CONVERSAZIONE AL METROPOL”

Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile

L’AUDIO DIVENTA FONTE DI PROVA NEL PROCESSO MENTRE EMERGONO NUOVI ELEMENTI NELL’INCHIESTA

È fondata l’ipotesi che a registrare l’ormai noto dialogo nella hall dell’hotel Metropol di Mosca, del 18 ottobre di due anni fa, sia stato uno dei presenti, verosimilmente Gianluca Meranda, l’avvocato indagato, assieme al leghista presidente dell’associazione LombardiaRussia Gianluca Savoini e all’ex bancario Francesco Vannucci, per corruzione internazionale.
Ne è convinta la Procura di Milano che indaga sul caso dei presunti fondi russi alla Lega e che ha acquisito in questi mesi di accertamenti anche nuovi elementi sul fronte dell’origine di quell’audio, che venne pubblicato dal sito americano BuzzFeed lo scorso luglio.
Per gli inquirenti, infatti, è importante poter dimostrare che la registrazione venne effettuata da uno dei partecipanti all’incontro (c’erano anche tre russi) perchè, se così fosse, il file, stando a quanto chiarito ieri dalla Cassazione, sarebbe fonte di prova documentale utilizzabile in un eventuale processo. Altrimenti si tratterebbe di un’intercettazione abusiva inutilizzabile, se non come notizia di reato per indagare sulla trattativa che non andò a buon fine.
Il faccia a faccia nell’albergo moscovita, stando proprio alle trascrizioni dell’audio, sarebbe servito per discutere di una compravendita di petrolio che avrebbe dovuto garantire, attraverso un sconto di almeno il 6% su un affare da 1,5 miliardi di dollari, 65 milioni al Carroccio per la campagna elettorale per le Europee dello scorso anno, ma anche mazzette ad almeno un funzionario di Mosca.
Da qui la contestazione di corruzione internazionale nell’inchiesta del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dei pm Donata Costa, Gaetano Ruta e Sergio Spadaro, nell’ambito della quale, tra i molti testimoni sentiti finora, è stata ascoltata anche una giornalista russa che ha conosciuto, quando è stato a Mosca più volte, lo stesso Savoini, che fu anche portavoce di Matteo Salvini.
Confermando i sequestri di telefoni e altri dispositivi a carico del presidente di LombardiaRussia, la Cassazione nelle motivazioni depositate ieri ha chiarito, però, che l’audio del Metropol, risultando al momento dagli atti di origine incerta (venne consegnato ai pm dai giornalisti de ‘l’Espresso’ che si avvalsero del segreto professionale sulla fonte), non può essere utilizzato in un processo, ma è una “notizia di reato” e, come tale, da quella gli inquirenti sono potuti partire nella ricerca delle prove.
Ad ogni modo, si è saputo che i pm e gli investigatori della Gdf hanno trovato ulteriori elementi – oltre alla buona qualità  della registrazione che dimostrerebbe che è stata realizzata da uno degli interlocutori – per sostenere l’ipotesi che a captare il colloquio fu uno dei protagonisti del meeting, probabilmente Meranda.
Tra l’altro, proprio sul fronte della pianificazione dell’affare e delle trattative già  intavolate nei mesi precedenti rispetto al Metropol, gli investigatori hanno potuto analizzare una quindicina di telefonate di Meranda, da lui stesso registrate attraverso un’applicazione, oltre che messaggi ‘vocali’ e audio di altri colloqui.

(da “Huffingtonpost”)

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INSULTATO E PICCHIATO IN DISCOTECA PERCHE’ GAY

Febbraio 14th, 2020 Riccardo Fucile

CESENATICO: ROTTURA DEL SETTO NASALE, TRAUMA CRANICO, E’ STATO OPERATO… L’ITALIA STA DIVENTANDO UNA FOGNA

Un ragazzo gau di 29 anni è stato prima insultato con parole omofobe e poi picchiato: è successo nella discoteca Energy di Cesenatico, in provincia di Forlì-Cesena, durante la serata del Tunga, un evento Lgbt
Ad aggredirlo sarebbero state più persone. Secondo quanto riferito dal giovane, i suoi aggressori lo avrebbero preso di mira per via della sua omosessualità , e quando si è alzato da un tavolo dov’era seduto con amici, è stato accerchiato e pestato.
In seguito all’aggressione il 29enne he ha riportato la frattura del setto nasale e un trauma cranico, è stato condotto in ospedale, dove è stato anche operato.
Ieri mattina, quindi, il ragazzo, che ora è uscito dall’ospedale, ha presentato denuncia contro ignoti. La direzione del locale ha comunicato che gli addetti alla sicurezza sono intervenuti subito per allontanare gli aggressori e la discoteca si dissocia dall’accaduto.
‘Purtroppo è solo l’ennesimo episodio di omofobia in Romagna avvenuto nell’ultimo anno e l’inasprimento dei toni della politica ha contribuito: fa sì che molti si sentano quasi autorizzati a identificare dei nemici, le minoranze, e poi a scagliarcisi contro – commenta Marco Tonti, presidente di Arcigay Rimini, che domani alle 11.30 terrà  una conferenza stampa per parlare dell’accaduto, alla quale parteciperà  anche la vittima dell’aggressione -. Ciò che sta succedendo denuncia una recrudescenza di violenza e purtroppo al momento non ci sono strumenti legali per contrastarla: serve una legge nazionale che riconosca l’aggravante omotransfobica nelle aggressioni, anche in un’ottica di prevenzione”.

(da agenzie)

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