Destra di Popolo.net

LETIZIA MORATTI: “PDL SENZA SENSO ETICO”

Luglio 25th, 2011 Riccardo Fucile

L’EX SINDACO DI MILANO ROMPE IL SILENZIO DOPO 50 GIORNI DALLE ELEZIONI MILANESI: “AVVERTO UN DISAGIO PROFONDO”…”SI E’ SMARRITO IL SIGNIFICATO VERO DI POLITICA AL SERVIZIO DEL CITTADINO”…”LA MANOVRA ECONOMICA NON RISPONDE ALLA DOMANDA CHE SALE DAL PAESE”

Un mese e mezzo dopo aver lasciato Palazzo Marino, Letizia Moratti rompe il silenzio.
«La manovra del governo è rigorosa. È stata approvata da Bruxelles. Ma non risponde alla domanda, che sale dal Paese, di una nuova etica politica. Non si possono chiedere ai cittadini sacrifici durissimi, senza fare sacrifici a propria volta. Non si possono tassare i pensionati, senza tagliare i costi della politica: gli emolumenti dei parlamentari, ma soprattutto le inefficienze della macchina amministrativa dello Stato, che costituiscono il maggior impedimento allo sviluppo del Paese. Questo mi induce oggi a riflettere sulla scelta che ho fatto due anni fa di entrare nel Pdl. Avverto un disagio profondo: non so più se la mia idea di politica, di una politica eticamente fondata, corrisponda ancora alla politica che pare aver smarrito il significato vero di servizio ai cittadini».
Letizia Moratti, sta pensando di lasciare la politica, o il suo partito?
Di certo non lascio la politica. Non voglio comunque fare passi affrettati in un momento in cui verrebbero strumentalizzati per alimentare una polemica tra schieramenti che non produce riflessioni e chiarimenti profondi. È una scelta difficile perchè mi sento stretta nella tenaglia tra una politica egoista, che difende privilegi e poteri, e una politica demagogica che cavalca il vento dell’opinione pubblica ma non affronta i nodi del sistema. Il mio impegno continua, nel solco del riformismo liberale e della solidarietà  espressa nella dottrina sociale della Chiesa. Trovo però sempre più difficile riconoscermi in un partito che non ha saputo fare le scelte di libertà  e di equità  che il Paese chiedeva.
Quali colpe imputa al Pdl?
La questione non riguarda solo il Pdl. Anche l’opposizione ha le sue colpe: nei momenti cruciali si è limitata ad astenersi e non ha mai fatto proposte concrete per il rinnovamento e la crescita del Paese. Ma la responsabilità  della manovra è del partito di maggioranza. Il vero ostacolo alla crescita è questa resistenza al cambiamento. Purtroppo, l’impulso al cambiamento che era venuto dal governo Berlusconi del 2001, e prima ancora dai governi di centrosinistra, oggi sembra perduto».
Il Pdl si è appena dato un nuovo segretario, Alfano.
Sarebbe ingiusto, prematuro, non corretto dare giudizi su chi si accinge a operare in un ruolo delicato. Massima apertura e rispetto. Ma il Pdl deve tornare alle radici. Alle forze del Partito popolare europeo. All’idea di libertà , di responsabilità  individuale. Io seguirò con attenzione il nuovo cammino del partito. E ne trarrò le conseguenze.
Lei ha parlato di questo con Berlusconi?
Sì. Ne ho parlato in passato, con Berlusconi e con Tremonti, e anche negli ultimi giorni. Ho espresso la mia convinzione che si debba andare oltre la politica dei tagli lineari, verso la spending review , un’autentica riforma della spesa pubblica. Invece si va nella direzione opposta. Si è ridotto al minimo lo scarto tra Comuni virtuosi e Comuni non virtuosi, riducendo sia la premialità  per chi ha i bilanci in ordine sia le penalizzazioni per chi non li ha. La revisione e ristrutturazione della spesa pubblica erano state avviate dal governo Berlusconi nel 2001, ma sono state interrotte. Anche il cammino del federalismo fiscale è rimasto incompiuto. Manca la cultura dell’efficienza e del merito. Manca una forte motivazione etica.
Non crede che anche il tono della campagna elettorale e il clima da scontro finale con la magistratura spieghino il calo del Pdl, in particolare a Milano?
A Milano, caso unico in Italia, il Pdl non è calato. Sommando i voti del partito a quelli della lista civica a me vicina, si arriva a quota 186 mila. Più che alle Regionali 2010, sui livelli delle Provinciali 2009».
Ma per la prima volta il centrodestra ha perso il Comune.
E anche da questo si devono trarre riflessioni. È sempre doveroso riflettere sulle sconfitte.
Non crede che la strategia di Berlusconi abbia disorientato molti moderati?
Il momento imporrebbe di operare per una maggiore coesione nel Paese, come ha più volte chiesto il presidente Napolitano. Non voglio fare polemiche sul passato. Metto in guardia su un pericolo: per chiedere i sacrifici ai cittadini occorrono consenso e credibilità . Rinviando i tagli della politica, non si hanno nè l’uno, nè l’altra.
Quali tagli propone?
Se anche tutti i parlamentari si riducessero lo stipendio del 10 per cento, avvicinandosi alle medie europee, sarebbe un fatto poco più che simbolico. Bisogna agire su proposte di riforma molto più forti, che devono essere realizzate subito. Per esempio, la riduzione del numero dei parlamentari. La drastica riduzione, se non abolizione, delle Province; difese anche dal Pd, affezionato a privilegi e clientele. Il rilancio del progetto delle città  metropolitane, cui all’Anci avevamo lavorato con il ministro Maroni. Il federalismo fiscale, con il meccanismo del fabbisogno standard, che introdurrebbe principi di maggiore qualità  e minori costi nei servizi ai cittadini. Sulla sussidiarietà , sul trasferimento di funzioni ai privati, lavorano il governo britannico, quello tedesco, persino Obama. E il nostro? Tra il ’92 e il 2000, con i governi Amato, Ciampi, Prodi, D’Alema, i costi della macchina amministrativa erano scesi di due punti di Pil. Segno che riformare è possibile.
Che effetto le ha fatto il caso Penati?
I giudizi si danno alla fine. Mi sembra però la conseguenza di un allontanamento dallo spirito di servizio che dovrebbe sempre animare la politica. È quello che bisogna ritrovare.
E il caso Milanese?
Idem. Dobbiamo essere più rigorosi possibile, quando è in gioco l’etica politica.
L’etica è un problema anche per il Pdl?
Certo. L’ultima manovra è il risultato di una politica che ha perso il senso etico. Da qui il mio disagio. Ma in gioco c’è molto di più. In tutto l’Occidente si avverte la necessità  di ritrovare una cultura del limite e il compito spetta prima di tutto alle classi dirigente.
Pensa che la leadership di Berlusconi possa avere un futuro? O è finita?
È finito il tempo di questa politica. Una politica che non è capace di coniugare rigore e crescita, che chiede sacrifici ai cittadini ma non li sa imporre a se stessa.
Il Pdl paga anche il fatto di aver lasciato troppo spazio alla Lega?
Il Pdl deve recuperare la cultura dei popolari e dei liberali europei, che tutela i più deboli e non le rendite di posizione, che propugna una big society , come quella di Cameron.
Il Pdl ha abbandonato questa via perchè troppo forte è stato il condizionamento della Lega?
Può darsi.
Il Pdl deve tenere un dialogo più stretto con mondi attorno a cui potrebbe ritrovarsi, i moderati, i cattolici?
Personalmente, ne sono convinta.
Ma dove immagina il suo futuro? Dopo Berlusconi, saranno altri leader e altri partiti a rappresentare i ceti moderati?
Il mio impegno politico sarà  indirizzato al dialogo con tutte le forze che intendono lavorare su una piattaforma programmatica davvero riformista, liberale e solidale. Le mie critiche vogliono ancora essere un contributo costruttivo al rinnovamento del Pdl. Mi auguro sinceramente che il Pdl possa mettersi alla guida di questo necessario cambiamento.
Se non lo fa?
Se non lo fa il Pdl, lo faranno altre forze. I vuoti politici vengono sempre colmati.

Aldo Cazzullo
(da “Il Corriere della Sera”)

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FINI: “PAESE FERMO E GOVERNO PARALIZZATO, SERVE UN PATTO DI SALVEZZA NAZIONALE”

Gennaio 12th, 2011 Riccardo Fucile

L’INTERVISTA DI FINI A “REPUBBLICA”: “MI APPELLO A MAGGIORANZA E OPPOSIZIONE, SE LA MAGGIORANZA RITERRA’ DI NON POTER GOVERNARE SI ASSUMERA’ LE RESPONSABILITA’ DELLE ELEZIONI, IO E CASINI STAREMO INSIEME”…. “SUL FEDERALISMO IL FISCO MUNICIPALE NON E’ IL CUORE DEL PROBLEMA, CONTERA’ LA SCELTA SULLE REGIONI”

Un patto di salvezza nazionale. Per tirare fuori dalle secche un Paese “fermo e sfiduciato”.
Gianfranco Fini esce dal silenzio in cui si era trincerato dopo la “sconfitta” del 14 dicembre. È appena tornato dalle vacanze nei mari delle Laccadive. Abbronzato, seduto nel suo studio a Montecitorio descrive le incapacità  di Silvio Berlusconi nell’affrontare le emergenze: un governo “paralizzato”.
Ma il presidente della Camera vuole superare lo scontro dei mesi scorsi. “Per il bene dell’Italia”, dice. E rivolge la sua proposta a tutti: “maggioranza e opposizione”.
Al centro del suo ufficio c’è la foto di Napolitano, quella del Papa e le immagini delle tre figlie. Sulla scrivania un posacenere. E un pacchetto di sigarette. Segno che gli scossoni politici hanno forse fatto naufragare il tentativo di smettere di fumare.
L’Italia è sul punto dell'”asfissia” e ha bisogno di “convergenze tra maggioranza e opposizione”. Una proposta da sottoporre a “tutti, non solo al governo”: al Pdl, alla lega e al Pd.
Le elezioni ora sarebbero “una prospettiva rischiosissima”. “Perchè la situazione, rispetto al 14 dicembre, non è tanto cambiata”.
Quella giornata è ancora una ferita aperta per lei?
“Ho preso atto di una sconfitta politica”.
Anche di alcuni tradimenti?
“Il tradimento è una categoria che non dovrebbe appartenere alla politica. Comunque alcuni hanno fatto delle scelte che vanno rispettate anche se non ne colgo le ragioni politiche”.
Ora, però, sembra essere tornati al punto di partenza.
“Nel voto del 14 c’è sicuramente la conferma che Berlusconi gode della maggioranza al Senato e alla Camera. Ciò che oggi si può fare seriamente è avanzare proposte per il prossimo futuro. Io vorrei iniziare l’anno con un auspicio: spero che nei prossimi mesi si compia un salto di qualità  complessivo nel dibattito e nell’azione politica. E questo deve riguardare le forze della maggioranza e quelle dell’opposizione”.
In che senso?
“Ci si può dividere nel dire che gli ultimi sei mesi del 2010 non hanno rappresentato un successo per nessuno? Non credo. Sarebbe invece molto pericoloso continuare a pensare che i prossimi sei mesi saranno come i precedenti. Il rischio è che si ampli la frattura con l’opinione pubblica. Si percepisce il senso di repulsione nei confronti della politica. Questo accade perchè il Paese è fermo e sfiduciato. C’è l’incubo dell’abisso”.
Pensa a una sorta di patto di salvezza nazionale?
“faccio notare che la ripresa economica è lontana. La metafora di Tremonti è stata felice: un videogame in cui se uccidi il mostro, ne compare subito un altro. Noi non riusciamo a innestare la marcia. E questo determina una sfiducia complessiva, non solo nel governo. Molti degli interventi del capo dello Stato – che io condivido e con il quale c’è sempre stata sintonia – hanno sottolineato proprio questo aspetto”.
Le proteste dei giovani contro la riforma Gelmini ne erano un’espressione?
“Certo. Ma la sfiducia nel domani va al di là  della riforma. Nell’insicurezza scattano i meccanismi di autodifesa individuale. Ad aggravare la situazione ci sono alcune conflittualità  storicamente irrisolte: quella tra nord e sud, tra le parite iva e i lavoratori dipendenti, tra precari e garantiti, tra giovani e anziani. O la politica, complessivamente, comprende che stiamo affrontando un tornante difficilissimo oppure i fossati si acuiranno”.
Ma lei e Fli siete usciti dal governo per questo. Ora cosa pensate di fare?
“Se si condivide questo approccio di sano realismo, allora ci possono essere convergenze per le forze di maggioranza e opposizione. Le opposizioni non si possono riparare dietro la logica del tanto peggio, tanto meglio. Sarebbe una logica sfascista. Così come per la maggioranza la logica dell'”andiamo avanti, non c’è alternativa””.
Ma lei pensa davvero che Berlusconi lo possa accettare? O pensa ad un altro governo?
“Questo non mi compete, lo decide il premier. La mia riflessione è rivolta a tutti e non solo al governo. Vivacchiare è negativo per tutti. Fermo restando i ruoli, della maggioranza e dell’opposizione, è un dovere proporre soluzioni per evitare l’asfissia”.
Ha pensato di dire queste cose direttamente al presidente del consiglio?
“Io faccio un’intervista a un importante giornale per parlare con tutti. Voglio uscire da quello che proprio Berlusconi chiama il teatrino della politica. E non userò nei confronti del premier una sola espressione polemica”.
I giornali del Cavaliere, però, non sono stati teneri. Le hanno attribuito anche una relazione con una escort.
“È solo fango. Non so da chi diffuso. Non ho mai conosciuto quella signora e chiunque affermi il contrario ne risponderà  in tribunale”.
Le hanno chiesto anche le dimissioni.
“Mai prese in considerazione. Mi si possono contestare posizioni politiche ma non l’incapacità  di rappresentare la Camera e l’imparziale gestione dei lavori d’Aula”.
L’asse con Casini è saldo?
“Certo. L’ho visto anche stamattina
Lei si rivolge anche al Pd?
“Io parlo a chi è in Parlamento. Opposizione e governo”.
Bersani e D’Alema, però, le hanno chiesto qualcosa di più. Immaginano un cartello per sconfiggere Berlusconi.
“Le alleanze non si fanno in ragione delle sommatorie di sigle. Ma sulla condivisione di alcuni progetti. E comunque le elezioni non sono vicine”.
Se non ci fosse la consapevolezza generale di cui parla, l’alternativa sarebbero le elezioni anticipate?
“Una prospettiva rischiosissima per l’Italia. In campagna elettorale non si fanno le riforme. Se poi la maggioranza riterrà  di non poter governare, spiegherà  il perchè agli italiani e se ne assumerà  la responsabilità . Ma sia chiaro che Futuro e libertà  e il Polo della nazione non temono le urne”.
Più che il voto a Palazzo Chigi stanno cercando di strappare qualche deputato per andare avanti e qualcuno chiede ai centristi di “entrare” in squadra.
“È tempo sprecato. Certo, c’è il tentativo di guadagnare dei singoli, ma non ci riusciranno. E se poi lo scarto anzichè di tre parlamentari diventasse di cinque, cosa cambierebbe? Continuerebbero a vivacchiare. Ma in questa situazione non si può vivacchiare e l’opposizione non si può limitare a dire valuteremo di volta in volta. Sarebbe un gioco di rimessa, e invece bisognerebbe disegnare un impianto di regole condivise”.
Regole condivise in due anni di legislatura?
“Siamo entrati nel 2011, il 150. mo anno dell’Unità  d’Italia. Si può fare una riflessione su cosa significa essere italiani? Sui vizi del nostro sistema bipolare – di cui resto un convinto sostenitore e su questo Casini sarà  d’accordo – che ha reso possibile l’alternanza ma non ha innovato sul piano della cultura politica?”.
Ma l’emergenza sembra soprattutto economica in questa fase.
“E infatti ridurre le spese e tenere sotto controllo i conti pubblici è necessario ma non sufficiente”.
Un limite di Tremonti?
“Di tutto il governo. Sarebbe ingeneroso dire che è colpa di Tremonti o pensare che si diverte a tenere sotto schiaffo i ministri. È il deficit di dibattito interno al Pdl che ho denunciato un anno fa. Anche l’Ue ha chiesto politiche riformatrici, che rilancino l’economia. Siamo in ritardo”.
Il ministro dell’Economia la accuserà  di essere uno spendaccione.
“Non ci si può dividere tra chi vuole la spesa facile e i rigoristi. Sarebbe più lungimirante individuare progetti strategici. Cito sempre la Germania, non per la Grosse Koalition ma per la cultura politica condivisa che indica gli investimenti nella ricerca e nella tecnologica come strategici”.
Quindi i tagli lineari sono stati un errore?
“Sono l’esatto opposto. Sarebbe più utile una “Grande Assise” dell’economia e del lavoro con 100 teste pensanti in grado di trovare soluzioni. Nel nostro Paese c’è una miscela esplosiva: la giusta flessibilità  nel mercato del lavoro si unisce però a un tasso di precarietà  altissimo e a un livello retributivo tra i più bassi d’Europa. L’Italia è impoverita. Il ceto medio sta scomparendo. Il 45% della ricchezza delle famiglie è in mano al 10% degli italiani”.
Tutto questo con il governo in carica?
“Noi cerchiamo di farlo. Avanziamo soluzioni, proposte. Il mio auspicio è che non sia solo un’iniziativa di parte. Poi, certo, non si risolve tutto dalla sera alla mattina”.
Intanto vi aspettano delle scelte da cui dipende la sopravvivenza dell’esecutivo. Come il voto sul federalismo.
“Quel decreto è importante, ma il prossimo – quello sulle Regioni – è la vera sostanza. Il fisco municipale non è il cuore del problema. Le scelte sulle regioni saranno determinanti. Non dobbiamo perdere il complesso dei problemi”.
Ma voi cosa farete?
“Vedremo. In quel testo ci sono degli aspetti non so se voluti. I comuni, ad esempio, avranno meno entrate. L’Ici si paga solo nei luoghi dove non si risiede. Verificheremo alla fine se Calderoli troverà  un’intesa con Tremonti sui saldi”.
E la mozione di sfiducia a Bondi?
“Non è una questione cruciale, ma deciderà  il coordinamento del Polo della Nazione”.
L’alleanza con Casini è strategica?
“Se si votasse, staremmo insieme. Ci sarebbe una competizione con tre soggetti e non con due. Fli comunque farà  un congresso a febbraio. Abbiamo un’idea del centrodestra diversa da Berlusconi e Bossi. Senso delle Istituzioni, dello Stato, dell’etica pubblica, della legalità . Fli si muoverà  con la sua identità  insieme all’Udc, all’Api, all’Mpa e ai Liberaldemocratici. E anche nel Pdl tanti condividono questi ragionamenti”.
Molti dicono che il leader di questo schieramento è Casini e non lei.
“Mi fanno ridere. Qualcuno – soprattutto nel Pdl – ha una scarsa considerazione di me e di Casini. Pensano di farci litigare”.
Sui temi etici una qualche differenza, però, c’è.
“Quando si presenterà  il problema, lo risolveremo con un solo principio: la libertà  di coscienza. Questa è la regola nei partiti democratici. Questa è una vera concezione liberale che altri ignorano”.
Lei si sente un uomo di destra o di centro?

“I valori restano quelli di destra. Servirebbe però un libro per spiegare cosa si intende nel 2011 per destra, centro o sinistra. Sono categorie del secolo scorso. Se poi per destra si intendesse il prevalere della finanza sull’economia reale, allora non sarei di destra… altri ci si riconoscerebbero più facilmente”.
C’è chi usa il caso Fiat come bussola.
“Marchionne è il segno di quanto l’Italia è in ritardo. Ho tirato un sospiro di sollievo quando ho sentito il segretario della Cisl Bonanni dire che senza le fabbriche non ci sono nemmeno i diritti dei lavoratori”.
Se fosse un operaio di Mirafiori lo voterebbe l’accordo?
“Senza dubbio. Il problema è che la politica è assente. ha delegato tutto alle parti sociali anche sulla rappresentanza. Bersani ha fatto bene a dire che si discute e poi l’esito del referendum si rispetta. Nessun paese occidentale si trova in questa condizione”.

Claudio Tito
(da “la Repubblica“)

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IL SALTO DEL QUAGLIARIELLO: “UN SOLO ESPONENTE DEL PDL AI TALK SHOW”, OVVERO I FINIANI A CASA

Maggio 8th, 2010 Riccardo Fucile

VIETATO ESPRIMERE OPINIONI PERSONALI: I BERLUSCONES DETTANO LE REGOLE ANCHE AI GIORNALISTI… NON POSSONO INVITARE CHI PARE A LORO, MA SOLO I PIDIELLINI DOCG, QUELLI DI DENOMINAZIONE ORIGINALE CORTIGIANA GARANTITA

Per l’esimio vicepresidente vicario dei senatori Pdl, Gaetano Quagliariello, cognome un po’ da guascone, ma provenienza da ambienti di sacrestia, il partito ai talk show televisivi deve parlare con una voce sola, quella del padrone, come una vecchia casa discografica.
La compattezza e l’unità  di vedute si può quindi raggiungere mandando ai dibattiti televisivi un solo esponente.
Poichè ultimamente avevano goduto di qualche passaggio esponenti finiani come Bocchino, Urso, Flavia Perina e Fabio Granata, Quagliariello propone il salto della quaglia: invece che due, se ne inviti uno solo, ovviamente quello scelto dal triumvirato o dal premier in persona.
E mentre i finiani ironizzano su un Pdl che dà  ordini alle redazioni e ai conduttori dei talk show e Berlusconi se la prende con la Dandini, Quagliariello ci spiega il suo concetto di libertà  che deve vigere nel Popolo della Libertà : “i partiti all’interno hanno una loro vita, fatta di posizioni articolate e a volte contrastanti, si discute, si decide e alla fine la voce all’esterno deve essere unica, altrimenti ci sarebbero due partiti”.
La teoria avrebbe un senso di fronte a un Pdl coeso, specchio fedele della leadership e convinto in tutto e per tutto della bontà  della linea di partito.
Ma la realtà  non è affatto questa.
Il Pdl oggi è un partito dall’anima divisa in due.
Ma per Quagliariello, non è più il caso di ammettere ai dibattiti in tv una voce per ciascuna di quelle due anime.   Continua »

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BOSSI JR: “AI MONDIALI NON TIFERO’ ITALIA”…RIVA: “PUO’ ANCHE ANDARSENE”, RIVERA “NON SE NE ACCORGERA’ NESSUNO”

Aprile 21st, 2010 Riccardo Fucile

IL RACCOMANDATO DICHIARA A VANITY FAIR: “IL TRICOLORE E’ ROBA VECCHIA… FACCIO IL POLITICO, COME UN ARTIGIANO FA IL LAVORO DI SUO PADRE”: FORSE PERO’ UN APPRENDISTA ARTIGIANO NON GUADAGNA 13.000 EURO AL MESE …”NELLA VITA BISOGNA PROVARE TUTTO, SALVO I CULATTONI E LA DROGA”: ALLORA SIA PRUDENTE A FREQUENTARE CERTI ESPONENTI LEGHISTI

Invece che scegliere Topolino, ha deciso di concedere la sua prima intervista, tradotta in italiano, alla rivista cult “Vanity Fair”.
Forte della raccomandazione del padre che gli ha permesso di essere eletto consigliere regionale in Lombardia a soli 22 anni, con 13.000 preferenze nella provincia di Brescia, dopo che il paparino gli aveva accuratamente tolto d’intorno tutti i candidati scomodi, ecco che la “trota” di casa si confessa e spiega la sua filosofia.
Ci informa di essersi fidanzato con una studentessa bresciana che ha conosciuto a un suo comizio: il giorno dopo lei ha chiesto la sua amicizia su Facebook.
Sicuramente sarà  rimasta colpita dalla sua cultura e dai suoi successi scolastici.
Poi nega di aver fatto carriera per nepotismo e spiega che, come è normale che un figlio artigiano segua il mestiere di suo padre, anche lui non ha fatto altro che seguire la politica, in quanto figlio di politico.
Forse c’è una piccola differenza: un appredista artigiano non guadagna 12.000 euro al mese più benefit al primo impiego, ma nella padagna del magna magna tutto è possibile.
Poi precisa che ai mondiali di calcio “non tiferò Italia, il tricolore è roba vecchia di 50 anni fa”: non ricorda che quella bandiera è nata nel 1797 per la Cispadania, ma forse il programma di storia non l’ha seguito con attenzione. Poi si lamenta per le tre bocciature… Continua »

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Interviste

Ottobre 11th, 2007 Riccardo Fucile

10 DOMANDE A SANDRO BIASOTTI

Continua la serie delle nostre interviste con un politico molto amato dai Liguri e che ha guidato la nostra regione per 5 anni,
rappresentando una vera “discontinuità ” con il passato, Alessandro Biasotti , leader della lista che porta il suo nome e che ha raccolto oltre il 7% dei consensi alle ultime elezioni comunali genovesi, una risorsa preziosa per l’intero Centrodestra.

1) 5 anni di presidenza della Regione Liguria e oltre 1 anno di opposizione…. un caso quasi unico che nonostante una sconfitta elettorale quasi 22.000 genovesi (il 7.2% alle ultime elezioni comunali) siano ancora così legati a lei… motivo di orgoglio per quanto ha fatto?

Sicuramente sì, ma credo che il risultato della Lista Biasotti vada letto da più aspetti. I 5 anni di Governo della cdl hanno sicuramente rappresentato un momento di rottura dalla solita sinistra. L’apprezzamento per il governo della nostra giunta ha dato l’input alla nascita di una lista civica — Il Movimento Per la Liguria Sandro Biasotti — che incanalasse in se le persone che si riconoscono in ideali centristi e liberali, ma non nella partitocrazia. Il primo risultato eclatante si ebbe già  alle regionali, dove il nostro Movimento portò la Regione Liguria ad essere l’unica a segnare una crescita della cdl rispetto alla tornata elettorale delle Europee. Risultato che ci è stato spesso disconosciuto, asserendo che era la candidatura a Presidente ad aver trascinato la Lista. Continua »

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Genova

Ottobre 4th, 2007 Riccardo Fucile

LE NOSTRE INTERVISTE

12 DOMANDE A RENATA OLIVERI

Continua la serie delle nostre interviste esclusive con la dott.sa Renata Oliveri, ex assessore regionale e candidata del Polo delle Libertà  alla carica di Presidente della Provincia di Genova alle ultime elezioni amministrative. Una risorsa del Centrodestra per competenza e serietà  amministrativa che ha costretto al ballottaggio, perdendo per appena 10.000 voti dal candidato uscente della Sinistra, Alessandro Repetto.

1) Secondo molti opinionisti, lei ha rappresentato una delle principali novità  dell’ultima campagna elettorale, costringendo al
ballottaggio il presidente Repetto, raccogliendo anche più consensi della somma delle liste di centrodestra che la appoggiavano…che interpretazione si sente di dare ?

Certamente voglia di cambiamento…Per tutta la campagna elettorale ho ripetuto ai miei sostenitori che c’erano candidati migliori di me,ma che probabilmente in quel momento avevo avuto la grande occasione di raccogliere un ampio consenso da tutte le “anime” della coalizione. Ho cercato di rappresentare i valori e gli ideali di tutti e la gente mi ha capito e mi ha creduto. Continua »

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GENOVA

Settembre 28th, 2007 Riccardo Fucile

LE NOSTRE INTERVISTE

10 Domande a ENRICO MUSSO

Inauguriamo la serie delle nostre interviste esclusive con il prof. Enrico Musso, docente universitario alla facoltà  di Economia e candidato sindaco per il Polo delle Libertà  alle ultime amministrative. Una chiacchierata un po’ fuori dagli schemi a cui Enrico Musso non si e’ sottratto, mettendo in rilievo nuovi aspetti e prospettive, sia per la nostra città  che per il futuro del Centrodestra.

1) A detta di molti osservatori,lei ha rappresentato la vera novità  delle ultime elezioni comunali. Rispetto ai voti di lista ha catalizzato infatti il 2,4% in più rispetto ai partiti di centrodestra, mentre la Vincenzi ha perso oltre il 3% rispetto ai partiti che la appoggiavano…che lettura si sente di dare a questo fatto?

Le persone non troppo legate agli schieramenti e ai partiti (e forse anche un po’ insofferenti rispetto a questi ultimi, sentimento notoriamente crescente) hanno posto maggiore attenzione ai programmi, ma ancor di più alla novità  e indipendenza della candidatura. Continua »

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