Gennaio 30th, 2020 Riccardo Fucile
75.000 OCCUPATI IN MENO, APPENA 17.000 CONTRATTI A TERMINE IN PIU’… IL FALLIMENTO DELLE MISURE LEGA-M5S
Quando si parla di disoccupazione, da un anno a questa parte, non si può che fare i conti con il decreto dignità siglato dal governo Conte-1 e su cui il Movimento 5 Stelle ci ha messo timbro (insieme alla Lega) e faccia (attraverso proclami social).
Dopo un periodo in cui la situazione occupazionale sembrava puntare verso un miglioramento, ecco arrivare la mannaia del dicembre nero che svilisce tutte le aspettative e quei post Facebook in cui si annunciava il cambio di marcia: aumenta il lavoro precario e diminuiscono i posti fissi.
L’anno bellissimo, quello che doveva essere il 2019 — così come annunciato da Giuseppe Conte all’epoca della sua prima esperienza a Palazzo Chigi — si è chiuso, quindi, non benissimo.
I dati Istat, infatti, mostrano un calo degli occupati che si sintetizzano in un numero negativo: -75mila unità .
Questo dato viene leggermente addolcito da quei 17mila cittadini che hanno ottenuto un contratto a termine. Cifre che, sommate al mare magnum generale, indica 3 milioni e 123mila dipendendi con contratto a tempo determinato. Numeri da record in Italia.
Calano i lavoratori indipendenti — liberi professionisti e autonomi -, toccando il punto più basso dal 1977 (anno in cui sono iniziate le rilevazioni da parte dell’Istituto di Statistica.
Ma il dato che porta la situazione a non essere affatto positiva è quello del lavoro precario. I numeri, parlano chiaro e mostrano come i posti fissi in Italia, almeno nel mese di dicembre, siano in calo rispetto alle precedenti rilevazioni.
Il tasso di occupazione è in leggero calo, ma sostanzialmente stabile, così come quello che riguarda la disoccupazione giovanile. A preoccupare, però, è la scelta dei contratti che vengono offerti ai lavoratori: sempre più precari, sempre meno con la possibilità di guardare al futuro con sicurezza.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »
Gennaio 29th, 2020 Riccardo Fucile
SCONCERTO PER TUTTE LE BALLE RACCONTATE AI LAVORATORI
Il primo ad annunciare il “salvataggio” della Whirlpool di Napoli era stato Luigi Di Maio. Poi era
arrivato Stefano Patuanelli. Oggi l’azienda ha ribadito lo stop della produzione delle lavatrici nello stabilimento di Napoli dal 31 marzo.
L’amministratore delegato di Whirlpool Italia, Luigi La Morgia al tavolo al ministero dello Sviluppo economico avrebbe ribadito che a Napoli “non c’è più sostenibilità economica della produzione di lavatrici” ma che l’Italia resta strategica per il gruppo, con 5 mila dipendenti in tutto il paese, secondo quanto si apprende da fonti presenti al Mise.
Le difficoltà riguarderebbe solo lo stabilimento campano dove l’azienda afferma di essere stata consapevole dei problemi fin dal 2018, ma rivendica di aver cercato di rilanciare la produzione.
I 17 milioni di euro previsti per lo stabilimento Whirlpool Napoli saranno redistribuiti sugli altri stabilimenti del Gruppo, avrebbe dichiarato inoltre La Morgia. L’amministratore delegato avrebbe dichiarato di non aver deciso dove spostare la produzione lavatrici. Lo stabilimento di Napoli perde 20 milioni di euro l’anno.
Dopo aver annunciato fantomatici salvataggi inesistenti, adesso per il governo l’obiettivo è quello di arrivare alla selezione finale di un possibile investitore a luglio. Invitalia e il governo richiedono un piano industriale solido e “credibile”, in grado di prospettare una ripresa delle attività produttive sostenibile nel lungo periodo e in linea con le caratteristiche del territorio.
La ricerca, spiegano i presenti all’incontro in base a quanto riferito nel corso del tavolo, sarà rivolta ad aziende e gruppi sia nazionali che internazionali, non necessariamente attivi nello stesso settore di Whirlpool.
Per questo, a supporto del Mise, è stata attivata la specifica struttura di Invitalia che opera in collaborazione con i desk Ice operanti all’estero.
Nella fase iniziale, per quanto riguarda i soggetti internazionali, si guarderà ad aziende già presenti “con successo” in Italia o che considerino già prospettive di insediamento nel Paese.
A tutti i soggetti che presenteranno una manifestazione di interesse verrà richiesta formalmente una proposta vincolante di insediamento accompagnata dal relativo piano industriale. Intanto rimane lo sconcerto per un finale annunciato e per tutte le balle raccontate ai lavoratori dalla politica.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 25th, 2019 Riccardo Fucile
“UNITI SI PUO’ FARE, OGGI SAREMMO TUTTI DISOCCUPATI”
“Insieme si può”. Una frase che non è solo uno slogan per i ventuno soci fondatori della
Cooperativa Lavoratori Zanardi di Padova.
Nel 2014 la loro azienda, una storica società di rilegatura di libri, era sull’orlo del fallimento. Sommersa dai debiti e con uno dei proprietari che si suicida a causa della crisi.
“Non vedevamo la luce in fondo al tunnel” racconta Lorena, una dei soci fondatori. Ma durante una riunione infuocata, la consulente del lavoro incaricata di chiudere l’azienda chiede agli operai: “Chi produce i libri, voi? E allora perchè non continuate a produrli?”. Si fa strada così l’idea di avviare un percorso di “worker buyout”.
Una cooperativa di lavoratori in grado di rilevare l’azienda. Ventuno operai su cento rispondono all’appello e si mettono in gioco. “Era una cosa talmente grande per noi diventare da operai a imprenditori che eravamo spaventati” ricorda Stefania, che all’epoca aveva 53 anni. “Ma del resto non avevamo alternative, chi avrebbe preso un’ultra cinquantenne nel mondo del lavoro di oggi?”. Nel maggio 2014 nasce così la Cooperativa.
Ma il primo problema è quello della liquidità per l’acquisto della merce: “I fornitori volevano essere pagati in anticipo, ma noi non avevamo soldi”.
I soci fondatori decidono di investire interamente l’anticipo della mobilità per avviare l’attività . Oltre mezzo milione di euro che ai aggiunge al sostegno di Coopfond spa e di Cooperazione Finanza e Impresa.
“Era una scommessa al buio, ma non avevamo alternative per partire” racconta Rosito mentre effettua la manutenzione a uno degli impianti per la rilegatura. “All’inizio si lavorava poco, anche solo due o tre ore al giorno in base alle commesse che c’erano”. Ma la svolta arriva con un ordine da un milione di copie che permette alla cooperativa di guardare con più serenità al futuro.
A cinque anni di distanza dalla sua fondazione, il fatturato dell’azienda è passato da 2.5 a oltre 4 milioni di euro e i soci fondatori sono quasi raddoppiati.
Durante il brindisi natalizio si festeggia l’ultimo arrivato, Christian, il trentanovesimo socio della cooperativa. “Un ingresso che è segno che continuiamo a costruire un futuro — ricorda il presidente della Cooperativa, Mario Grillo, durante il brindisi natalizio — e non solo un passato”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 24th, 2019 Riccardo Fucile
SONO 149 LE CRISI AZIENDALI SUI TAVOLI DEL MISE
Il Governo ha approvato la Legge di Bilancio “in tempo”, e tutti sono pronti a festeggiare.
Tutti tranne quei lavoratori per cui questo Natale non sarà un’occasione di festa, e se anche dovesse esserlo lo sarà in tono minore, con uno sguardo preoccupato al futuro.
Una preoccupazione che non è di oggi ma che va avanti da molti mesi e che rischia di diventare un’abitudine. Perchè anche se la politica e i talk show hanno smesso (quasi) di parlarne le centinaia di crisi aziendali sul tavolo del Ministero prima della crisi di governo sono ancora lì.
Ieri sindacati e Governo hanno raggiunto un accordo per la cassa integrazione dei dipendenti di Alitalia. L’intesa prevede la cassa integrazione fino al 23 marzo 2020 per 1.020 lavoratori dell’ex compagnia di bandiera: «il numero massimo dei dipendenti da collocare in CIGS a rotazione, — si legge in una nota del Ministero del Lavoro — sospesi fino a un massimo di zero ore, sarà di 1.020 unità , in calo quindi rispetto al precedente periodo: 70 unità per il personale navigante comandanti, 310 per il personale navigante di cabina e 640 per il personale di terra». Ma nei 149 tavoli di crisi aperti al MISE (5 in più di quelli del 2018) non ci sono solo Alitalia e l’ex Ilva.
Ieri a Napoli si sono fatti sentire i lavoratori della Whirlpool, quelli traditi dalle menzogne raccontato dall’ex bisministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio che per non perdere voti alle elezioni europee ha nascosto agli elettori la situazione dello stabilimento di Napoli.
Un gruppo di operai ha sfilato per le vie del centro distribuendo panettoni per ringraziare la cittadinanza per il sostegno che hanno ricevuto in questi mesi di lotta. La fabbrica non chiuderà perchè la proprietà ha ritirato la procedura di cessione ma si tratta solo di una tregua e non della conclusione della vertenza.
Embraco, Safilo, Auchan e le altre crisi dimenticate
Ci sono poi casi meno “famosi” sui quali da tempo i riflettori della cronaca (e purtroppo in alcuni casi anche quella della politica) si sono spenti.
Da Nord a Sud sono migliaia i lavoratori a rischio della Blutec a Termini Imerese, della Jabil a Caserta, della ex Antonio Merloni in Umbria e nelle Marche che nei giorni scorsi hanno ottenuto il “regalo” della proroga della cassa integrazione fino a luglio 2020.
A Trieste invece i lavoratori della Ferriera di Servola hanno deciso oggi di non firmare l’accordo di programma con il Gruppo Arvedi che prevede la chiusura dell’area a caldo: «il piano non garantisce la continuità occupazionale di tutti i lavoratori.
Nessuna certezza su investimenti e sviluppo» ha dichiarato il segretario nazionale della FIOM Gianni Venturi uscendo dall’incontro al Ministero. Il sindacato vuole evitare il licenziamento , a partire dal 31 gennaio, dei lavoratori a tempo determinato e in somministrazione.
A Mel (Belluno) i cinesi della Wanbao Acc hanno annunciato la chiusura dello stabilimento, che comporterebbe il licenziamento di 290 operai.
Sempre a Belluno si fa sentire anche la crisi della Safilo il cui piano quadriennale prevede 700 esuberi in tutta Italia su 2.600 dipendenti totali: oltre ai 400 licenziamenti annunciati allo stabilimento di Longarone ci sono i 250 nello stabilimento di Martignacco (Udine) e altri 50 esuberi a Padova.
L’incontro al Ministero è previsto per il 16 gennaio. Il 20 dicembre il Tribunale ha dichiarato il fallimento della Bio-on di Gaiana, a Castel San Pietro (Bologna) mettendo a rischio il futuro di 100 lavoratori. I vertici sono indagati per falso in bilancio e manipolazione del mercato ma saranno i dipendenti a prendersi cura della fabbrica. Gli operai hanno deciso che oggi e domani e nei prossimi giorni andranno lo stesso in fabbrica, senza stipendio, per presidiare lo stabilimento, controllare gli impianti ed evitare atti di vandalismo o furti.
Il Natale non ferma le lotte sindacali. Ad esempio quelle dei lavoratori dell’ex Embraco (oggi Ventures) di Riva di Chieri che ieri sono scesi in strada bloccando la tangenziale. Oggi il Vescovo celebrerà la messa di Natale davanti ai cancelli.Per 410 di loro lo spettro del licenziamento è una prospettiva assai più dolorosa dello spettro del Natale passato del ricco Scrooge della favola di Dickens.
E anche loro devono ringraziare la pessima gestione gialloverde del tavolo di crisi, visto che la ragione per cui rischiano il posto è che la tanto promessa reindustrializzazione non c’è stata e chi ha acquistato l’azienda lo ha fatto per motivi assai poco nobili.
Proteste e proroga della cassa integrazione a zero ore per 130 dei 150 lavoratori della tipografia Elcograf ex Canale di Borgaro.
Ieri hanno scioperato in tutta Italia i lavoratori di ex Auchan, ora Conad, per i quali la proprietà prevede 3.105 esuberi (rispetto ai seimila iniziali ipotizzati) in tutta Italia. Un Natale all’insegna dell’incertezza perchè nessuno però conosce i dettagli del piano di riorganizzazione nè dove e chi sarà licenziato.
Un Natale amarissimo sarà invece quello dei 21 dipendenti della Superlativa di Prato multati per migliaia di euro per aver commesso il reato di “blocco stradale”.
(da “NextQuotidiano“)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 4th, 2019 Riccardo Fucile
IL NUOVO PIANO INDUSTRIALE PREVEDE 2900 ESUBERI GIA’ L’ANNO PROSSIMO
I sindacati respingono il nuovo piano. Per loro resta valido l’accordo del 6 settembre 2018. Lo ha detto la segretaria della Cisl, Annamaria Furlan, parlando a nome di tutti i sindacati presenti nel corso del tavolo su Arcelor Mittal al Mise.
Sarebbero 4700 gli esuberi denunciati da ArcelorMittal nel nuovo piano industriale 2020-2024 presentato oggi al Mise.
E’ quanto avrebbe detto l’ad Lucia Morselli nel corso della trattativa al Mise secondo fonti sindacali. Si passerebbe infatti dai 10.789 occupati nel 2019 ai 6.098 del 2023.
ArcelorMittal perde nel 2019 un miliardo di euro al giorno e prevede così 2.900 esuberi nel 2020, che arriveranno a 4.700 nel 2023. Secondo il piano industriale 2020-2024 presentato dall’azienda al tavolo al Mise, la produzione passa da 4,5 milioni di tonnellate nel 2019 a 6 milioni di tonnellate nel 2021.
“L’azienda invece di fare un passo avanti ha fatto qualche passo indietro, ricominciando a parlare di 4.700 esuberi alla fine del nuovo piano industriale, che prevede comunque un forno elettrico e una produzione finale di 6 milioni di tonnellate. Questa non è l’idea che ha il Governo sullo stabilimento. Riteniamo che la produzione a fine piano debba essere più alta, arrivando almeno ad 8 milioni di tonnellate”.
Così il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, su Arcelor Mittal, dicendosi “molto deluso” dall’incontro appena finito.
“Noi vogliamo far diventare lo stabilimento Ilva all’avanguardia nella produzione siderurgica europea. Su questo lo Stato, il governo, è disponibile ad investire, ad essere presente, a partecipare ad accompagnare l’azienda in questo percorso di transizione. Su queste basi siamo disponibili, ci sembrava che ci fosse una disponibilità dell’azienda, che oggi nel piano illustrato non ho trovato”, ha aggiunto.
I sindacati hanno deciso di proclamare uno sciopero all’ex Ilva il 10 dicembre. Una delegazione sarà presente alla manifestazione già indetta da Cgil Cisl e Uil a Roma. Lo ha riferito il leader della Uil Carmelo Barbagallo.
Il nuovo piano industriale 2020-2024 di ArcelorMittal Italia prevede nel 2023 la fermata del forno Afo2 e la marcia della sola linea D di agglomerato e la massa di produzione del forno elettrico ad Arco Eaf.
La realizzazione del nuovo Eaf sarà con una soluzione “ibridà con caricamento di rottame e ghisa liquida dovrebbe permettere, nelle previsioni dell’azienda, una produzione di acciaio di alta qualità . A seguito della fermata dell’Afo2, la copertura dei parchi è prevista solo per 500 metri, invece di 700 metri; indicata anche la riduzione degli investimenti sulle aree dismesse (cokerie, Afo2 e acciaieria)
“La è strada è stretta e in salita. L’obiettivo sta nel garantire la continuità produttiva. E’ necessario un confronto costruttivo onesto che sia sviluppato nel tempo, parallelamente alle previsioni sul piano industriale ed a tutto quello che stiamo cercando di fare”. Lo avrebbe affermato il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, secondo quanto riferiscono fonti presenti all’incontro al Mise su Arcelor Mittal. “Non sarà semplice ma c’è bisogno di tutti”, ha proseguito.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »
Dicembre 1st, 2019 Riccardo Fucile
I DATI IMPIETOSI RIVELANO IL FALLIMENTO DEL PROGETTO AI FINI LAVORATIVI
Tre miliardi di spesa per mille posti di lavoro creati.
Il Messaggero scrive oggi che secondo fonti sindacali è questo il bilancio del reddito di cittadinanza: i percettori del sussidio che hanno trovato un impiego dopo aver siglato i patti per il lavoro sono al momento meno di mille.
Il tutto su un totale di oltre 700mila beneficiari occupabili.
Risultato? La fase due del reddito di cittadinanza, quella degli inserimenti nel mondo lavorativo, non solo non decolla, ma rischia addirittura di far precipitare tutta l’impalcatura su cui si regge la misura cara ai Cinque stelle.
Sul piano occupazionale, l’impatto nullo trova conferma anche negli ultimi dati dell’Istat, che a ottobre ha registrato una crescita degli occupati, in aumento di 46mila unità , grazie però soprattutto al balzo degli autonomi (+38mila sul mese di settembre). Dunque se l’occupazione è tornata a salire, non è certo per effetto del reddito di cittadinanza.
Attualmente l’Anpal sta incrociando le banche dati per fornire al ministero del Lavoro una fotografia dettagliata delle situazione. Dagli ultimi dati disponibili, aggiornati al 30 settembre, emerge che erano 18mila i beneficiari del reddito, che avevano trovato un impiego con le vecchie procedure.
Parliamo di persone già in carico ai centri per l’impiego, che non sono passati attraverso i navigator e non hanno firmato i patti per il lavoro.
Alla luce di questo, nella migliore delle ipotesi, al momento sarebbero poco di più di ventimila i percettori che hanno rimediato un posto, dei quali solo una minima parte grazie al nuovo meccanismo.
A conti fatti, meno di un beneficiario occupabile su 30 ha ottenuto un contratto di lavoro grazie al reddito di cittadinanza. Il bonus però è già costato allo Stato circa 3 miliardi di euro.
Infine, la stragrande maggioranza dei percettori del sussidio che hanno trovato lavoro si è dovuta accontentare di un contratto a tempo determinato. Sulla base degli ultimi dati forniti dall’Anpal, soltanto il 18 per cento dei 17.637 beneficiari del sussidio assunti tra aprile e settembre ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Novembre 19th, 2019 Riccardo Fucile
IL SIMBOLO DELLA RINASCITA: “TUTTI PER UNO, UN SOGNO PER TUTTI”… QUESTA E’ L’ITALIA CHE AMIAMO, QUELLA CHE NON SI ARRENDE MAI
“Tutti per uno, un sogno per tutti. Ce lo siamo tatuato sul braccio perchè è il simbolo della nostra rinascita e del lavoro che adesso nessuno ci potrà più togliere”. Chiara racconta al Corriere della Sera la sua storia e quella di altri 10 colleghi con cui ha deciso di comprare l’azienda per cui lavorava.
Un anno fa quel lavoro stava per svanire. La proprietà di Ceramisia, fabbrica di Città di Castello, aveva convocato operai e impiegati e aveva annunciato loro la decisione di delocalizzare in Armenia (dove poi la proprietà ha realmente aperto una nuova azienda).
«Praticamente un licenziamento – ricorda Pierpaolo Dini, 52 anni, sposato con tre figli – tant’è che io avevo già pensato al mio incerto futuro, forse sarei tornato a fare il contadino. E invece…».
Marco Brozzi, 44 anni, un altro lavoratore innamorato del mestiere e della fabbrica aggiunge i particolari
“Ragazzi rinunciamo alla disoccupazione e al Tfr e quei soldi li investiamo per comprarcela questa azienda. “Comprarcela?”. I colleghi di lavoro si guardano negli occhi, qualcuno si mette a ridere, altri hanno una smorfia di dolore. “Ma sotto sotto ci crediamo tutti – ricorda Dini – anche perchè in quel momento era l’unica cosa da fare”.
Partono le trattative con la proprietà (la famiglia Polidori, in Umbria conosciuta anche per l’impegno politico di Catia, parlamentare di Forza Italia), i sindacati e la Coop appoggiano l’idea dei lavoratori che formano una cooperativa e nominano Brozzi presidente.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Novembre 3rd, 2019 Riccardo Fucile
IN REALTA’ GLI OCCUPATI SONO AUMENTATI SOLO PERCHE’ LAVORANO MENO
È vero, lo scorso giugno i dati Istat hanno certificato che l’Italia ha raggiunto il record di
occupati con 23 milioni e 415mila persone al lavoro. Ma il dato bisogna leggerlo per capirlo: chi ha permesso questo record sono gli occupati part time, in grande crescita.
E da ciò ne consegue che i lavoratori italiani lavorano meno ore rispetto a prima pur essendo di più. Enrico Marro sul Corriere della Sera oggi ci spiega che rispetto al picco di aprile 2008, ovvero dell’anno in cui è cominciata la crisi economica, ci abbiamo messi dieci anni ad arrivare qui.
Cinque anni dopo, nel settembre 2013, abbiamo toccato un record negativo: 22 milioni e 107mila:
Da allora è cominciata una lenta risalita, pagata a caro prezzo dallo Stato, con la decontribuzione sulle assunzioni decisa dal governo Renzi, che se ha dato una spinta decisiva al recupero dei posti di lavoro, è costata circa 17 miliardi di euro in contributi alle aziende.
Alla fine di questa corsa decennale il numero di occupati ha più che pareggiato quelli che si erano persi, ma così non è stato per le ore lavorate. Abbiamo in sostanza lo stesso numero di lavoratori che avevamo nel 2008, ma lavorano mediamente meno.
Ci sono infatti un milione in più di occupati part time in più rispetto a prima della crisi e il 64% lo è non per sua volontà
C’è stata poi una forte riduzione degli straordinari e un aumento della cassa integrazione.
Risultato: nel primo trimestre 2019, le ore lavorate nel complesso dell’economia risultano essere ancora del 4,8% inferiori rispetto al quarto trimestre 2007, che aveva registrato il valore più alto ante-crisi (dati dell’Osservatorio sul mercato del lavoro del centro studi Itinerari previdenziali).
In tutto ciò siamo ancora lontani dall’Europa. In Italia lavorano 23,3 milioni di persone. Il tasso di occupazione nella fascia d’età tra 20 e 64 anni è del 63% contro l’80% della Germania e il 73% della media dell’Unione europea.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Lavoro | Commenta »
Ottobre 31st, 2019 Riccardo Fucile
RISALE DAL 9,6% AL 9,9%, PERDITA DI 60.00 OCCUPATI
A settembre il tasso di disoccupazione torna a salire, attestandosi al 9,9%, dal 9,6% di agosto (+0,3 punti percentuali).
Lo rileva l’Istat, spiegando che su base mensile le persone in cerca di lavoro sono in aumento (+3,0%, pari a +73 mila).
Ma soprattutto l’istituto di statistiche fa notare che dopo la crescita dell’occupazione registrata nel primo semestre dell’anno e il picco raggiunto a giugno, a partire da luglio i livelli occupazionali risultano in lieve ma costante calo, con la perdita di 60 mila occupati tra luglio e settembre.
Anche il tasso di disoccupazione giovanile (15-24anni) sale di 1,1 punti percentuali a settembre su agosto, portandosi al 28,7%.
A settembre 2019 la stima degli occupati risulta in “leggero calo”, scendendo dello 0,1%, pari a 32 mila unità in meno rispetto ad agosto.
Nel dettaglio aumentano i dipendenti a termine (+30 mila) mentre diminuiscono i dipendenti a tempo indeterminato (-18 mila) sia, soprattutto, gli ‘autonomi'(-44 mila).
La crescita della disoccupazione riguarda entrambe le componenti di genere e coinvolge tutte le classi d’età tranne i 25-34enni.
In calo invece la stima complessiva degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,6%, pari a -77 mila unità ) per entrambe le componenti di genere. Il tasso di inattività scende al 34,3% (-0,2 punti percentuali).
Nel terzo trimestre l’occupazione è sostanzialmente stabile rispetto al trimestre precedente sia nel complesso sia per genere. Nello stesso periodo aumentano sia i dipendenti permanenti (+0,2%, +27 mila) sia quelli a termine (+0,8%, +25 mila) mentre risultano in calo gli indipendenti (-1,1%, -59 mila); si registrano segnali positivi in tutte le classi di età , ad eccezione dei 35-49enni.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »