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UNO SCIACALLO SI AGGIRA TRA IL SANGUE DEI PENDOLARI: “E’ COLPA DEL GOVERNO”

Gennaio 25th, 2018 Riccardo Fucile

NEANCHE IL TEMPO DI CONTARE I MORTI E SALVINI SPECULA SULLA TRAGEDIA… DIMENTICANDO CHE LE RESPONSABILITA’ POLITICHE, QUALORA FOSSERO ACCERTATE, SEMMAI SONO DELLA REGIONE LOMBARDIA VISTO CHE SI TRATTAVA DI TRENORD

«Circolazione interrotta tra Treviglio e Milano a causa di un inconveniente tecnico a un treno»: è il tweet di Trenord delle 8.09 che ha fatto infuriare i social in questo momento di dolore per le vittime del deragliamento avvenuto questa mattina a Seggiano di Pioltello.
«L’inconveniente tecnico si chiama deragliamento. E ci sono dei morti» fa notare Daniele Banfi su twitter. «Inconveniente tecnico? 100 feriti, 10 gravi, 4 morti… disumano» scrive Carlos Almiron.
«Il deragliamento di un treno che ha causato morti e una cinquantina di feriti oggi viene definito da #Trenord «inconveniente tecnico». Non commento, meglio» aggiunge sempre su twitter Simona Bellocci. «#trenord siete scandalosi,- aggiunge Ilaria Possenti – non potete annunciare ritardi per un inconveniente sulla linea quando è deragliato un treno!».
«Male e malissimo. Usiamo le parole – prega Paulo R. – come si dovrebbero usare. Già  fate pena in tutto, vi prego almeno su i social un linguaggio corretto per questo brutto momento».
«Ma un minimo di vergogna no ? Inconveniente tecnico! – sbotta Alba Cosentino – DISASTRO FERROVIARIO CON MORTI E FERITI…» . «Alla faccia dell’eufemismo!!!» si accoda l’utente Palla. Per far capire meglio il concetto, The Wickedly talented posta una foto del treno deragliato con la didascalia: «Inconveniente tecnico?».
Non mancano poi le polemiche politiche.
Il sindaco di Milano Sala invita a «moltiplicare gli sforzi sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e nei trasporti»; il presidente del consiglio regionale della Lombardia Raffaele Cattaneo osserva: «In questi anni è stata data maggiore attenzione all’alta velocità  che non ai treni dei pendolari». E Giorgia Meloni (Fdi) attacca: «Inaccettabile morire così nel 2018 in una nazione che fa parte del G8», mentre Berlusconi parla di «Italia in debito rispetto alle infrastrutture», Salvini invita a «pensare prima di fare i tagli».
«Che Salvini fosse uno sciacallo lo sapevamo e oggi ne abbiamo la conferma. Mentre i soccorritori stanno lavorando tra le lamiere del disastro di Trenord, Salvini specula dimenticandosi che questo è il momento del silenzio e del dolore. Lo dico con addosso il disagio di chi spesso viaggia su quella rete ferroviaria, insieme ai pendolari, per raggiungere Milano. E mentre c’è gente che piange lui pensa a chi ha tagliato e a chi ha investito con la solita memoria corta e con la mistificazione della realtà . Glielo spieghiamo domani a Salvini come stanno le cose. Oggi, per favore, silenzio», scrive una nota Simona Malpezzi

(da “La Stampa”)

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LA LUNGA NOTTE DELLA LEGA TRA CARTE BOLLATE E DEPENNAMENTI DALLE CANDIDATURE: CLIMA AVVELENATO, SPACCATURA SEMPRE PIU’ PROSSIMA, SALVINI TRA POCHE ORE POTREBBE NON ESSERE PIU’ SEGRETARIO

Gennaio 24th, 2018 Riccardo Fucile

SALVINI FA FUORI DALLE LISTE TUTTI I MARONIANI IN UN DELIRIO DI ONNIPOTENZA… BERLUSCONI PRONTO AD ACCOGLIERE BOSSI…LA LISTA DI REGUZZONI

Nelle lunghe notti delle liste leghiste, cadono uno ad uno i nomi degli oppositori.
Al momento, nelle bozze che circolano a via Bellerio, non c’è il nome di Roberto Maroni. E neanche quelle dei suoi fedelissimi, a partire da Gianluca Pini, uno dei protagonisti dei “barbari sognanti” ai tempi delle ramazze. E non è l’unico.
E aleggia un alone di drammatico mistero attorno al nome dell’altro fondatore, Umberto Bossi: “Perchè — ha detto Salvini ai suoi — uno deve accettare la candidatura in un partito che gli fa schifo?”.
Il telefono del Senatur non squilla. E da giorni Bossi ha la sensazione di essere, dice chi gli ha parlato, “sotto ricatto”. Per la serie: una candidatura, in cambio della rinuncia alla critica e della benedizione del nuovo corso.
Anche Silvio Berlusconi, nel corso dell’ultimo incontro con Salvini, ha speso parole a favore dell’amico storico: “Mi raccomando su Umberto”.
Non ricevendo alcuna assicurazione. Il tempo che passa rende complicato anche quel salvataggio che ad Arcore gli è stato offerto da tempo, ovvero una candidatura nelle liste di Forza Italia, che Bossi per tigna e orgoglio vorrebbe evitare.
In un clima avvelenato nasce la nuova Lega di Matteo Salvini, il cui nome e simbolo sono stati già  depositati, come ha rivelato il Fatto quotidiano.
Alle elezioni si presenterà  non più con la sigla “Lega per l’indipendenza della Padania” ma come “Lega per Salvini premier”, col quale darà  vita ai gruppi parlamentari nella prossima legislatura e sarà  certificata la mutazione genetica rispetto alla creatura di Bossi. Scelta politica che consente di incassare nuovo finanziamento del 2 per mille, di evitare i fastidi della procura di Genova che ha condannato la vecchia Lega a restituire i 40 milioni di rimborsi elettorali.
E di mettersi al riparo dall’altra grana giudiziaria, anticipata dall’HuffPost: il ricorso al tribunale di Milano in cui si chiede la sospensione di Salvini da segretario della Lega, per non aver rispettato lo statuto, ai tempi delle primarie.
L’udienza è fissata per giovedì 25 gennaio, proprio a ridosso della presentazione delle liste.
Difficile prevedere cosa possa succedere. E in che tempi.
Perchè non esiste un termine entro il quale il giudice debba decidere: può farlo domani o anche tra qualche settimana.
Le possibilità  sono sostanzialmente tre: 1) accogliere (o rigettare) l’istanza cautelare, vale a dire la richiesta di sospensione di Salvini da segretario Federale della Lega Nord; 2) compiere atti istruttori intermedi, come ad esempio l’audizione di alcuni testimoni; 3) decidere la causa nel merito e cioè se la nomina del segretario della Lega e dei componenti del Consiglio Federale della Lega, ufficializzata al congresso del 21 maggio scorso, sia da annullare per sospetta irregolarità  in quanto Salvini – è scritto nel ricorso – avrebbe depositato la sua lista oltre il termine fissato dal regolamento e avrebbe sostituito “in corsa ” un candidato della lista a lui collegata con un altro perchè il primo non aveva i requisiti minimi di anni di militanza richiesti.
Al quartier generale di via Bellerio ostentano granitica tranquillità , anche perchè il responso del tribunale non tocca il nuovo soggetto che si presenterà  alle elezioni.
Ma ricorsi, carte bollate danno la misura della grande faida che si sta consumando.
E che terminerà  con la presentazione delle liste.
L’obiettivo è la salvinizzazione totale dei gruppi parlamentari e del nuovo partito, che stronchi sul nascere la manovra di Maroni sulle larghe intese (leggi qui): “Se non ha parlamentari, non va da nessuna parte. Chi porta in dote al governo di unità  nazionale?”.
Gianluca Pini, dunque, al momento è fuori. Così come Davide Caparini, altro parlamentare legato all’ex governatore. In bilico Giacomo Stucchi, che in questa legislatura è stato presidente del Copasir. E lo stesso accadrà  in regione.
Gianni Fava, sospettato di essere l’anima nera del ricorso, è fuori da tutto, Parlamento e Pirellone.
Mentre Lara Magoni, ex Lista Maroni, si è rifugiata in Fratelli d’Italia in Regione.
L’idea di una lista alternativa in Lombardia è circolata nei giorni scorsi, ma è complicato raccogliere le firme in poco tempo.
Chi invece è riuscito a presentare il simbolo è Marco Reguzzoni, pupillo del cerchio magico di bossi, e fondatore di Grande Nord, movimento che sarà  presente alle politiche in tutti i collegi del Nord e alle elezioni Lombarde con un suo candidato, Giulio Arrighini.
Non spaventa, ma è un altro indicatore della profondità  del mutamento in atto.
In attesa di capire se si consumerà  l’ultimo atto di questa lunga notte: il parricidio di Umberto Bossi.

(da “Huffingtonpost”)

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SALVINI CAMBIA NOME E STATUTO ALLA LEGA PER EVITARE SEQUESTRI E CONFISCHE MA ORA SI SCOPRE CHE E’ SEGRETARIO DI DUE PARTITI

Gennaio 24th, 2018 Riccardo Fucile

ALTRO CHE ROMA LADRONA, SIAMO ALLA REPLICA DE “PRENDI I SOLDI E SCAPPA”… 48 MILIONI RUBATI DA RESTITUIRE E ALLORA NASCE LA “LEGA PER SALVINI PREMIER”

Giulio Centemero, fidato tesoriere di Matteo Salvini, nega categoricamente: “Figurarsi se lo abbiamo fatto per salvare i fondi dai sequestri del tribunale”.
Eppure il nuovo soggetto politico che fa capo al leader in felpa sembra nato ad hoc per evitare i fastidi.
Non solo quelli della Procura di Genova — che ancora cerca gli oltre 40 milioni di rimborsi elettorali che la Lega Nord è stata condannata a restituire a seguito di una condanna per truffa allo Stato nei confronti del fondatore Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito — ma anche da quelli dei compagni di viaggio del partito padano.
Con un colpo che potrebbe rivelarsi geniale (o deleterio, non è ancora dato sapere) Salvini nei panni di segretario della “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” ha deliberato la variazione del simbolo in “Lega per Salvini premier”, con cui presenterà  le liste elettorali e correrà  alle Politiche di marzo.
Nel frattempo, in gran segreto, ha fondato un nuovo partito proprio con il nome “Lega per Salvini premier” con il quale darà  poi vita ai gruppi parlamentari nella prossima legislatura, spogliando definitivamente la creatura fondata da Bossi.
Sulla lapide della Lega Nord manca dunque solo l’epitaffio, la data del decesso è ormai scolpita: 5 marzo 2018.
Lo Statuto del nuovo partito “Lega per Salvini premier” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale a dicembre e già  depositato al Senato grazie al solito Roberto Calderoli che si è prestato a fare da Caronte nei meandri parlamentari al nuovo capo, così come fece con Umberto Bossi prima e con Roberto Maroni poi.
Il medico bergamasco, lo scorso 15 novembre, ha lasciato il gruppo di Palazzo Madama della Lega Nord, con la quale era stato eletto per la prima volta nel 1994, per iscriversi al Misto e da qui poi autoproclamarsi gruppo e capogruppo della “Lega per Salvini premier”.
La mossa, apparentemente insignificante, in realtà  è foriera di conseguenze.
Una su tutte: i soldi raccolti attraverso il due per mille, unica forma di finanziamento riconosciuta ai partiti dopo l’eliminazione dei rimborsi elettorali, finiranno così nelle casse del nuovo soggetto.
Ma il tribunale di Genova tutto vuole fuorchè rinunciare a quanto il Carroccio deve restituire alle casse dello Stato. L’aspetto non è secondaria.
Il tribunale ligure lo scorso settembre ha disposto la confisca di 48 milioni dai fondi del partito e bloccato tutti i conti, anche quelli delle segreterie territoriali riconducibili alla Lega Nord. Lo stesso Salvini aveva tuonato: “Per la prima volta nella storia della Repubblica, i giudici stanno bloccando l’attività  di un partito politico, è un attacco alla democrazia”.
Dei 48 milioni però i giudici ne hanno recuperati poco più di due. Il Carroccio ha presentato ricorso e si è visto riconoscere quella che tecnicamente viene definita una “confisca diretta”.
In pratica i conti sono stati sbloccati e la parte mancante del maltolto può essere recuperata solo con una nuova sentenza.
A opporsi è stata poi la procura di Genova e al momento si attende la pronuncia della Cassazione che potrebbe invece stabilire una sorta di confisca perpetua dei fondi fino al raggiungimento della cifra effettivamente dovuta.
L’ultima entrata garantita sarà  quella del 2 per mille assegnato alla Lega nell’ultimo anno: 1,9 milioni di euro. Poi ogni trasferimento finirà  nelle casse del nuovo partito.
A oggi, spiega al Fatto il tesoriere Centemero, “abbiamo circa un milione da usare per la campagna elettorale, raccolti grazie ai militanti e ai contributi volontari dei parlamentari”. Ai quali è chiesto pure una sorta di obolo per le prossime Politiche: “Ogni candidato dovrà  versare circa 20mila euro”.
Ma il funambolismo salviniano rischia di durare poco.
Oltre al fatto di essere contemporaneamente segretario di due partiti (quindi in equilibrio decisamente precario sul filo dell’articolo 3 della legge 13 sui partiti del 2014), è vietato l’utilizzo di un simbolo usato da un altro partito salvo averne espresso consenso. Consenso mai ottenuto.
Come spiega Gianni Fava, attuale assessore regionale del Carroccio e membro del consiglio federale di via Bellerio: “Io cado dalle nuvole, ricordo bene perchè ero presente e ho votato contro, che ci ha chiesto esclusivamente di modificare il simbolo, certo non di poterlo usare con un altro movimento. Ancora aspetto la ratifica del verbale di quella seduta e scopro che c’è un nuovo partito, non ne sapevo nulla”.
Non era l’unico.
Anche l’attuale governatore della Lombardia, Roberto Maroni, ne era all’oscuro. Così come molti parlamentari.
Salvo i vertici già  nominati nel nuovo partito: nel consiglio federale della “Lega per Salvini premier” siedono, insieme al doppio segretario Salvini, anche Centemero, Calderoli, Giancarlo Giorgetti e l’eurodeputato Lorenzo Fontana.
Tutti vertici sia della vecchia sia della nuova Lega. Ora, scoperte le carte, basterebbe un ricorso di qualche vecchio leghista per fermare Salvini.
Che già  nei prossimi giorni potrebbe vedersi togliere l’incarico da segretario della Lega Nord. Dieci giorni fa, infatti, un candidato in lista alle primarie dello scorso maggio ha presentato un esposto in Procura a Milano denunciando il leader di non aver rispettato lo statuto.
Esposto ritenuto fondato visto che è stata fissata l’udienza per i prossimi giorni e cinque parlamentari sono stati convocati come testimoni a palazzo di giustizia.
Nel caso dovesse essere accolto, le primarie sarebbero annullate e segretario diventerebbe lo sfidante Gianni Fava.
Il tutto a pochi giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste.
Chissà  se l’avvocato Giulia Bongiorno, candidata salviniana, sarà  disposta ad aiutare il suo bisegretario.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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I TWEET IDENTICI E AUTOMATICI CHE GLORIFICANO SALVINI: LA MACCHINA DA GUERRA DEI RIPETITORI LEGHISTI

Gennaio 24th, 2018 Riccardo Fucile

DIPENDE DALL’USO DI UN’APP CHE SI TROVA SUL SITO PERSONALE DI SALVINI, MA SI RIVELA CONTROPRODUCENTE TRASMETTERE SEMPRE LE STESSE PAROLE

«Un Matteo #Salvini STREPITOSO su LA7! Siete d’accordo? #DiMartedi #SalviniPremier»: ieri sera dopo la performance del leader della Lega da Giovanni Floris si è verificato un interessante fenomeno che dimostra in che modo è fatta tutta la gioiosa macchina da guerra messa su dal Carroccio per queste elezioni.
Gli account ufficiali della Lega e quello dello spin doctor di Salvini Luca Morisi hanno pubblicato un tweet in cui, con uno slogan rubato a Wanna Marchi, elogiavano l’intervento del leader
Subito dopo sono comparsi tutti insieme una serie di account che ripetevano la stessa cosa, con un entusiasmo identico e un wannamarchismo della stessa risma.L
Della storia si è accorto anche il direttore del Tg di La7 Enrico Mentana: «Se cercate su Twitter search li trovate tutti, tra le 10.45 e le 10.46. Qualcuno forse gli ha spiegato la forza del web e degli hashtag, non so. Chi gli ha messo in piedi questa catena di Sant’Antonio credeva forse di favorirlo. Ma non gli ha certo fatto un piacere».
Da dove vengono i tweet automatici su Matteo Salvini
David Puente sul suo blog ha spiegato che la pubblicazione dei tweet è stata diffusa da un’applicazione chiamata “LegaNordIllustrator” ospitata nel sito Matteosalvini.com (“http://matteosalvini.com/seguimitw.asp“).
E in un video ha mostrato il meccanismo: «Chiunque poteva associare il proprio account Twitter autorizzando l’applicazione, e garantendo così un retweet automatico di ogni post indicato dall’applicazione. Di fatto quella creata dal social media manager di Salvini è una botnet–in un certo senso ‘legale’, visto che gli utenti avevano volontariamente autorizzato l’utilizzo dell’applicazione».

(da “NextQuotidiano”)

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GIOVEDI L’UDIENZA DEL RICORSO CONTRO SALVINI

Gennaio 23rd, 2018 Riccardo Fucile

PRESENTATO DA FAVA PER IRREGOLARITA’ CONGRESSUALI, CHIEDE LA SOSPENSIONE IN VIA CAUTELARE DELLA NOMINA A SEGRETARIO

Si svolgerà  giovedì 25 gennaio con inizio intorno alle 11 davanti alla prima sezione civile del Tribunale di Milano la discussione sul ricorso d’urgenza in cui si chiede di sospendere in via “cautelare” la “nomina di Matteo Salvini quale segretario federale della Lega nord” e “inibire” l’eurodeputato e l’attuale consiglio federale dalle attività  connesse al loro ruolo nel partito “anche in relazione alle elezioni politiche fissate per il 4 marzo”.
Il ricorso, come anticipato da Huffpost ieri, è stato presentato da un componente del listino collegato a Gianni Fava, all’epoca sfidante di Salvini per la leadership nel Carroccio.
I legali firmatari del ricorso sostengono l'”illegittimità ” della riconferma di Salvini a segretario della Lega sancita nel maggio scorso perchè avrebbe presentato la sua candidatura e quella della lista associata oltre il termine delle ore 13 dell’11 maggio del 2017.
Nel ricorso si chiede che venga “accertata e dichiarata” la nomina dell’onorevole Giovanni Fava a segretario della Lega o di disporre in via subordinata “l’immediata assunzione dei poteri e delle competenze del consiglio federale da parte del presidente federale Umberto Bossi ai sensi dell’articolo 14 dello statuto della Lega Nord sino alla nomina del nuovo segretario e del nuovo consiglio federale”.

(da “Huffingtonpost”)

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CARTE BOLLATE CONTRO SALVINI: RICORSO URGENTE PER BLOCCARE LA SUA NOMINA A SEGRETARIO DELLA LEGA, DENUNCIATE IRREGOLARITA’

Gennaio 22nd, 2018 Riccardo Fucile

L’INIZIATIVA LEGALE DI UN LEGHISTA DEL LISTINO DI FAVA, DI AREA MARONIANA: “LISTA PRESENTATA DOPO LA SCADENZA PREVISTA DAL REGOLAMENTO CONGRESSUALE E UNO DEI CANDIDATI NON AVEVA GLI ANNI DI MILITANZA RICHIESTI”

Tutte le strade – anche quella giudiziaria – portano a Roma. Per sbarrare la strada al segretario della Lega Nord Matteo Salvini, prima delle politiche del 4 marzo, c’è chi, nel Carroccio, ha deciso di imbracciare l’arma della carta bollata.
Un ricorso, con procedura d’urgenza, è stato presentato in gran silenzio da un candidato iscritto al listino collegato al maroniano Giovanni Fava, concorrente di Salvini alla segreteria del partito.
La notizia, rimasta finora riservata, trova conferma in ambienti giudiziari milanesi e nell’avvocato del foro di Roma, Roberto Malizia, che ha firmato il ricorso: “La prima udienza — dice il legale all’Huffingtonpost — dovrebbe tenersi in settimana presso il Tribunale civile di Milano”.
Nel ricorso urgente si chiede, nell’ordine: 1) la sospensione cautelare di Salvini da segretario federale della Lega Nord; 2) l’accertamento e la dichiarazione di nullità , per irregolarità , della nomina di Salvini e dei componenti del Consiglio Federale della Lega, ufficializzata al congresso del 21 maggio scorso.
Hai voglia a minimizzare, come ha tentato di fare il candidato del Carroccio al Pirellone Attilio Fontana (“La Lega è forte e coesa, la Lega non si dividerà  mai”) visti gli ulteriori mal di pancia dei maroniani a seguito della candidatura di Giulia Bongiorno voluta con forza da Salvini.
Se non è guerra, poco ci manca.
Giovanni Fava, maroniano assessore all’Agricoltura nella Regione Lombardia, non deve aver preso troppo bene neanche le ultime mosse di Salvini che, superato il concorrente alle primarie del partito, pare non intenzionato a candidarlo nè in Regione, in un’eventuale giunta Fontana, nè in Parlamento.
“Il ricorso non è stato presentato da Fava ma da un candidato collegato alla sua lista, e dunque titolato a sapere se la nomina dell’onorevole Salvini sia legittima o meno. E dal momento che le elezioni politiche sono alle porte, abbiamo chiesto la procedura d’urgenza. L’obiettivo — si sforza di assicurare l’avvocato Malizia – non è di toccare equilibri politici, ma di chiedere, attraverso il giudizio di un organo super partes qual è il Tribunale di Milano, se il procedimento amministrativo di nomina del segretario del partito sia stato corretto”.
La principale “violazione” attribuita a Salvini sarebbe l’aver presentato la propria lista, alle primarie della Lega dello scorso 11 maggio, oltre il termine fissato dal regolamento. Ma, a quanto pare, i giudici di Milano saranno chiamati a verificare anche se uno dei candidati collegati alla lista risultata vincitrice avesse o meno i requisiti minimi di anni di militanza richiesti.
Che il ricorso venga accolto o rigettato, con gli inevitabili strascichi di impugnazioni e controricorsi, è da vedersi.
Quel che è certo è che l’attacco alla leadership di Salvini non è solo un “venticello”.
E potrebbe spirare un po’ più forte dopo il 4 marzo.

(da “Huffingtonpost”)

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LA CAPOGRUPPO LEGHISTA A SAVONA CHE NON HA PAGATO 14.000 EURO DI TASSE AL COMUNE E NON SI DIMETTE

Gennaio 19th, 2018 Riccardo Fucile

A UNA VERIFICA SI SCOPRE CHE E’ MOROSA DA TEMPO… MA SALVINI IERI NON AVEVA DETTO CHE CHI EVADE LE TASSE DEVE ANDARE IN GALERA? ALLORA PRECISI MEGLIO: SALVO CHE NON ABBIANO LA TESSERA DELLA LEGA, IN QUEL CASO   SONO ESENTATI

Tutto rinviato al post elezioni politiche. La Lega Nord di Savona, sul “caso” di Alda Dallaglio, il capogruppo della Lega Nord in consiglio comunale a Palazzo Sisto, nella riunione di ieri sera, ha deciso di non forzare la mano chiedendo le sue dimissioni da capogruppo, come era stato ipotizzato da qualcuno.
L’antefatto, che ha determinato l’esplosione delle tensioni all’interno del Carroccio, risale agli ultimi giorni dello scorso dicembre, quando, a seguito di una serie di controlli sulla riscossione dei tributi, è emerso un debito della Dallaglio verso le casse di Palazzo Sisto di quasi 14mila euro, in qualità  di amministratore unico dell’impresa El.ge.
Si tratta del “mancato pagamento del conguaglio, dovuto alle spese per l’assegnazione di un’area del Comune, in zona Paip a Legino (dove sorge l’azienda), in diritto di superficie”, come si legge nel testo.
Da qui, la decisione della Lega di affrontare all’interno del partito la vicenda, mettendo sulla bilancia anche l’ipotesi di chiedere le dimissioni della consigliera da capogruppo del Carroccio.
Si è optato, però, per demandare agli organi superiori del partito la decisione.
«Vista la complessità  della vicenda — ha dichiarato il segretario provinciale Roberto Sasso Del Verme- si è deciso di demandare agli organi deputati, all’interno del partito, qualsiasi valutazione monitorando l’evoluzione della situazione».
La questione resta, di fatto, irrisolta e slitta ad una fase successiva, onde evitare inasprimenti all’interno del partito, a due mesi dalle elezioni politiche.
All’incontro di ieri hanno preso parte tutti gli assessori del Comune di Savona, appartenenti al Carroccio (Massimo Arecco, Paolo Ripamonti e Maria Zunato), insieme ai consiglieri, buona parte dei quali si è schierata in difesa della Dallaglio.
Un momento politicamente troppo delicato, però, per rischiare di sollevare polveroni e fratture nel partito.
Intanto Edoardo Rixi, vicesegretario della Lega, assessore allo sviluppo economico in Regione, ha dato il suo placet all’operato della Dallaglio definendola “un buon capogruppo”.
Tutto tace, quindi, almeno in apparenza, anche se la vicenda determinerà  strascichi e rancori interni al partito, in uno scontro tra chi avrebbe preferito chiudere in modo netto, con le dimissioni da capogruppo, della consigliera.
Una decisione, quella del Carroccio, duramente criticata dal Movimento Cinque Stelle. « L’ennesima, imbarazzante brutta figura della Lega Nord- il commento di Manuel Meles-. La credibilità  di questo partito, a livello locale quanto nazionale, è ridotta a zero: aveva annunciato le dimissioni, in nome della trasparenza, e si è rimangiata la parola. Un modus operandi a cui ci stiamo abituando, dalla gestione di Ata a quella della cremazione. La Lega promette e non mantiene».

(da “il Secolo XIX”)

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RAPPRESAGLIA STALINISTA, FUORI I MARONIANI DAI COLLEGI: PINI, STUCCHI E ALTRI LI METTERANNO SUI VAGONI PIOMBATI?

Gennaio 11th, 2018 Riccardo Fucile

LA LEGA IN MANO A UN FANCAZZISTA MEGALOMANE , MA SE MARONI SI METTE A PARLARE …

Il calcolo lo ho fatto il mago dei numeri di casa leghista, Roberto Calderoli. “Nella prossima legislatura — ha detto — noi avremo almeno 110 deputati e 40-45 senatori”. Cifre da capogiro per il Carroccio.
Ma in queste ore il problema non è più “quanti” ma “chi”. Perchè la parola d’ordine consegnata da Matteo Salvini è: nessun collegio per i maroniani o sospettati di simpatie verso il governatore uscente della Lombardia.
L’epurazione, dunque, è già  cominciata. E si spiega non soltanto con l’escalation della tensione tra i due big legisti. “Salvini con me si è comportato da stalinista”, ha accusato Bobo. Ribaltando la versione data appena qualche giorno fa sul suo addio al Pirellone: “Incompatibilità  con lui”, ammette ora. Il segretario del Carroccio sceglie di snobbarlo pubblicamente attraverso i social. “Preferisco usare il mio (e vostro) tempo — scrive – per lavorare e costruire, non per litigare o rispondere agli insulti”.
Ma visto che neanche Salvini vive di soli tweet, sul piano pratico il suo ordine è arrivato perentorio. E la motivazione più vera e profonda sta nel sospetto — che con il passare delle ore viene considerata una certezza — che tutta l’operazione Maroni non soltanto porti anche le impronte digitali di Silvio Berlusconi, ma abbia soprattutto uno scopo ben preciso: quello di provare a garantirsi una ‘riserva’ di padani più dialoganti da arruolare in caso di governo di larghe intese.
Ad avvalorare nelle truppe dei salviniani il sospetto che l’operazione sia stata così congegnata, c’è anche l’insistente voce che tra i candidati di Forza Italia finisca la portavoce dell’attuale governatore della Lombardia, Isabella Votino.
Se questo è dunque il sospetto, la soluzione è fare in modo che nemmeno uno di quei 150 parlamentari che la Lega conta di eleggere al prossimo giro possa rischiare di essere complice di un tale disegno.
Il compito di fare le liste è nelle mani di Giancarlo Giorgetti, lo stesso che all’indomani del vertice Berlusconi-Salvini-Meloni, si è recato per due ore ad Arcore per spiegare al Cavaliere che se saltava Fontana come candidato in Lombardia saltava tutto.
I potenziali candidati, compresi i parlamentari uscenti, hanno inviato a Giorgetti il loro curriculum vitae, ma molti si sono anche messi in fila dietro la porta del suo studio alla Camera.
In realtà  la pattuglia dei maroniani di stretta osservanza non è molto nutrita al momento in Parlamento: al numero uno della lista c’è però Gianluca Pini, il leghista emiliano.
Gli altri nomi di possibili epurati che circolano sono quelli dei deputati Filippo Busin, che si schierò a favore di Gianni Fava nel congresso per la segreteria poi stravinto da Salvini, e Guido Guidesi. Entrambi, però, hanno sempre mantenuto un basso profilo e Guidesi — raccontano — ha la stima di Giorgetti. Al Senato, invece, la poltrona che potrebbe saltare è quella di Giacomo Stucchi.
Ma molti di più sono i nomi di coloro che entreranno nelle file della Lega per la prima volta. “Li conosciamo tutti, abbiamo anche il loro dna”, ironizza un dirigente lombardo. Più complicata potrebbe risultare l’operazione pulizia al Centro-Sud. Sempre secondo i calcoli di Calderoli, per esempio, nel Lazio il Carroccio riuscirà  a conquistare 2 deputati e 1 senatore. E d’altra parte, sulla nazionalizzazione della Lega, Salvini si è giocato buona parte della sua leadership. Da Roma in giù, ad occuparsi dei candidati sarà  ancora Raffaele Volpi (che non ne ha azzeccate molte).
Salvini non ha ancora capito che non controllera’ mai 150 parlamentari, perchè una volta eletti ognuno andrà  dove lo porterà  la convenienza, ormai dovrebbe conoscere i suoi polli.

(da “Huffingtonpost”)

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A SALVINI SONO SALTATI I NERVI, IN ATTESA CHE GLI SALTI LA POLTRONA: “O LOMBARDIA O MORTE”

Gennaio 9th, 2018 Riccardo Fucile

L’ULTIMA MINACCIA A BERLUSCONI: “LA LOMBARDIA E’ NOSTRA, O FONTANA O SALTA L’ALLEANZA”… GIORGETTI NON NE PUO’ PIU’… L’ULTIMA VOCE CHE GIRA: ISABELLA VOTINO NELLE LISTE DI FORZA ITALIA E IL FANCAZZISTA SCLERA

L’entità  della posta in gioco è pari all’entità  della minaccia. Già  recapitata ad Arcore dagli ambasciatori di Matteo Salvini: “Il nostro candidato in Lombardia è Fontana. O Berlusconi ci sta, oppure mettiamo in conto di rompere su tutti i collegi uninominali. Fontana non è, e non sarai mai, in discussione.”.
Lombardia o morte. Che equivarrebbe a una catastrofe elettorale per il centrodestra dato come vincente.
Un clamoroso rovesciamento dello scenario. Minaccia reale che fa slittare di qualche giorno il tavolo sulle candidature, stabilito nel vertice di domenica.
Uno sconfortato Giancarlo Giorgetti, il colonnello leghista che tiene i contatti con Arcore, si è sfogato con qualche compagno di partito: “È un disastro. Si rischia davvero di andare da soli”.
Perchè Berlusconi, per ora, tiene il punto. Pompato dall’ala lombarda del suo partito ma anche da alcuni mondi imprenditoriali che si sono messi in moto: “Questo Fontana non funziona”.
Ad Arcore la partita è nient’affatto chiusa. Il Cavaliere ha commissionato un sondaggio ad Alessandra Ghisleri per vedere quale candidato è più competitivo con Giorgio Gori tra Fontana e la Gelmini. Il responso arriverà  tra domani e giovedì al massimo. Una mossa che, se possibile, ha contribuito ad avvelenare ancora di più il clima: “Chissenefrega del sondaggio. La Lombardia non si molla per nulla al mondo. O così o rompiamo” dicono a via Bellerio.
Il quartier generale leghista pare una trincea. Perchè attorno alla Lombardia stanno già  esplodendo tutte le contraddizioni di un’alleanza costruita annusando il bottino dei voti ma senza sciogliere il nodo politico del grande ritorno allo schema dell’alleanza con Berlusconi, padre padrone del centrodestra.
A nulla sono valse le rassicurazioni del Cavaliere su Maroni che non sarà  mai indicato come premier in caso di vittoria e dello stesso Maroni che non ambisce a ruoli o incarichi, ma solo a cambiare vita.
La convinzione granitica di Salvini è che il complotto alla sue spalle ci sia stato, secondo lo schema consolidato di Berlusconi che seduce i colonnelli per indebolire il leader. Prima la voci su Zaia, poi sulla candidatura di Bossi — costringendo Salvini a candidarlo — ora la complicità  con Maroni che ha informato il Cavaliere ancor prima del segretario del suo partito.
Il leader della Lega è inquieto, nervoso, spiazzato da Berlusconi che, dicono i suoi, “si comporta come se fosse il padrone del centrodestra”.
Ma, in definitiva, spiazzato da sè medesimo e dalla leggerezza con cui si è approcciato al nuovo (vecchio) registro dell’alleanza col Cavaliere, che non conosce cambi di spartito rispetto al già  visto: è bastato varcare i cancelli di Arcore, dopo mesi di proclami baldanzosi, di esuberanza giovanilista e scorribande lepeniste per avere la sensazione di una perdita del controllo della situazione.
Ad avvelenare il clima anche le voci di una candidatura nelle liste di Forza Italia di Isabella Votino, storica portavoce di Maroni, sin dai tempi in cui era capogruppo della Lega, poi al Viminale, poi alla segretaria del partito e in ultimo al Pirellone.
L’ipotesi al momento è che venga candidata in Lombardia, almeno così riferisce più di una fonte vicina al dossier liste.
Poi, si come succede in questi casi, ciò che è certo oggi potrebbe diventare incerto domani, ma il solo fatto che circoli è indicativa del clima che si respira attorno alla scelta di Maroni. Ed è indicativo anche che una sua candidatura nella Lega non rientri neanche nella casella delle varie ed eventuali.
Sia come sia la grande tensione attorno alla Lombardia ha già  indebolito il leader della Lega.
Politicamente, innanzitutto, in questo centrodestra in cui il primo attore resta sempre Berlusconi, che negli ultimi giorni ha riportato tutti ad Arcore, come faceva con Fini e Bossi già  24 anni fa, li ha accolti col simbolo “Berlusconi presidente”, ha mostrato la sua capacità  di seduzione su un pezzo della Lega. E l’elenco potrebbe continuare.
Ma anche sulla Lombardia. Perchè la trattativa non si chiude solo con le minacce di una rottura politica nazionale. Ma anche pagando la moneta dei collegi sulle politiche.
C’è anche questo nello slittamento del tavolo nazionale: la richiesta di più seggi per Forza Italia oltre che un negoziato oneroso sulle poltrone lombarde.
L’esito del sondaggio della Ghisleri è scontato, perchè in termini di notorietà  e popolarità  la Gelmini è molto più forte di Attilio Fontana, persona poco conosciuta. E c’è da scommettere che, a quel punto, il Cavaliere che è abile negoziatore, dirà : “Avete combinato un casino, rischiamo col vostro candidato ma tutto questo ha un prezzo sui collegi lombardi”. Lombardia o morte.
La morte si evita, ma la vita costa.

(da “Huffingtonpost”)

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