Novembre 11th, 2013 Riccardo Fucile
INTERVISTA AD ANDREA ZAPPACOSTA …. PREVISTI 150 I FALCHETTI CON LA PITONESSA
Quando Berlusconi arrivò a palazzo Chigi lei aveva 4 anni.
Perchè oggi scegliere un leader 77enne e
non Grillo o Renzi?
«Perchè Berlusconi ha sempre mantenuto tutte le sue promesse, i suoi governi hanno ottenuto record senza precedenti».
Tra i giovani il Cavaliere è più famoso per il bunga-bunga che per la rivoluzione liberale: i suoi amici non la prendono in giro?
«So di essere controcorrente. Passo la vita a difendere Berlusconi, litigo tutti i giorni a causa sua. Ho rotto anche con alcuni miei amici. I miei coetanei oggi per lo più sono per Grillo o si permettono di giudicare tramite slogan».
E quando si voterà la decadenza voi che farete?
«Il Pdl non può certo rimanere in maggioranza. Spero davvero che il partito si spacchi sulla decadenza. Molto meglio un partito di gente che mostra fedeltà al proprio leader che questo Pdl diventato un covo di traditori».
Alfano non la pensa così. Dice che bisogna separare il piano del governo dai guai giudiziari del Cavaliere…
«Il tradimento commesso da Alfano il 2 ottobre è stato molto peggio di quello di Fini. Almeno Fini attaccò Berlusconi all’apice del potere, quando aveva una larga maggioranza e sedeva a palazzo Chigi, mentre Alfano è più subdolo e infingardo. Solo un Giuda può tradire quando il nostro leader è più in difficoltà , ora che ha perso 6 milioni di voti e tutti i processi stanno arrivando a conclusione».
Berlusconi l’ha mai conosciuto?
«Purtroppo non ho ancora avuto l’onore, spero che venga domani al nostro evento per dirgli di persona che lo sto difendendo con le unghie. Il mio sogno è stringergli la mano: vorrei farlo prima che sia fatto fuori».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Novembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
PER BONDI E’ EMBLEMA DEL “VUOTO MORALE DEL PDL”, LEI REPLICA: “PER DARE GOUDIZI MORALI OCCORRE L’AUTORITA’ MORALE PER FARLO, NON CREDO SIA IL CASO DI BONDI”
Bondi l’accusa di tradimento. Qual è il suo stato d’animo?
«Dispiacere e profondo rammarico. Ho sempre pensato che ci si possa confrontare in modo civile, democratico. Noi poniamo questioni politiche, ma ci rispondono scagliando insulti. Utilizzano il metodo Boffo, l’unico metodo che conoscono per fare politica».
Bondi ricorda che nel Lazio la difese. Un’ingrata, insomma.
«C’era un partito distrutto. Lui e Cicchitto mi affidarono quel compito che – con gratitudine – svolsi con responsabilità e senso del partito. Già all’epoca, però, erano forti le resistenza ad un sano ricambio generazionale, nè si diventa proprietà di chi ti ha proposto ».
Accuse che ricordano quelle mosse da Fini. Un boomerang?
«Quella di Fini è un’altra storia, diversa dalla nostra. Ribalto la prospettiva: l’unica intenzione dei falchi è quella di cacciarci via. Noi vogliamo un partito di centrodestra moderato e liberale, che s iriconosca nel Ppe e aggreghi tutto il centrodestra italiano. Loro si dimostrano ancora una volta estremisti, si muovono in base ad antipatie personali, portano avanti una becera lotta di conquista del potere che non difende in alcun modo Berlusconi, nè il suo dramma giudiziario. L’unico risultato che raggiungeranno è aver estromesso tutte le migliori competenze presenti oggi nel Pdl».
E intanto bombardano il governo.
«Mischiano la vicenda interna al partito alla stabilità del Paese. Ma chi sceglie la crisi, sceglie il baratro per i cittadini e per l’Italia. Non ci si può permettere una crisi prima del semestre europeo. Ma cosa è cambiato dal 2 ottobre? Hanno già cambiato idea dopo appena un mese dal voto di fiducia? ».
Si avvicina la decadenza di Berlusconi.
«Berlusconi è stato condannato per una persecuzione politica e giudiziaria che dura dal 1994. È una ferita della democrazia. Ad agosto si diceva che la decadenza sarebbe stata a settembre, mentre noi chiedevamo di attendere la conclusione dell’iter del Tribunale. E quasi ci siamo».
Ma il 27 si vota la decadenza in Aula, al Senato.
«Intanto abbiamo evitato che si votasse l’estromissione a settembre, sarebbe stato uno schiaffo inaccettabile. E comunque continuiamo a chiedere di attendere il Tribunale».
Vi attaccano lo stesso. Per loro avete abbandonato il leader.
«La decadenza è un tema drammatico per tutti noi. Diranno: “Come fate a stare con quelli che votano contro il leader?”. È difficilissimo, non sono nostri alleati, ma c’è un timing necessario per rimettere in sicurezza l’Italia. Il governo deve andare avanti comunque ».
Qual è la strada che proponete?
«Dovremmo rivendicare le cose fatte, a partire dall’Imu. E invece ragioniamo da mesi come se fossimo all’opposizione, senza ricordare che oltre ai ministri abbiamo Presidenti di commissioni, capigruppo che partecipano a cabine di regie. Insomma, non proprio gente che sta a Ostia sul bagnasciuga…».
Si avvicina il Cn. Parteciperà ? Ed è fiduciosa sui numeri?
«Decideremo tutti assieme come arrivare e come affrontare il Consiglio nazionale. Bisogna ritrovare l’unità da compagni di partito e amici veri, non da amici tra virgolette. Quanto ai numeri, sono convinta perchè le nostre posizioni – ascoltando il territorio – sono largamente maggioritarie ».
In che ruolo immagina Berlusconi e in quale Alfano?
«In quelli di sempre: Berlusconi Presidente e Alfano segretario».
Un’ultima cosa: come la mettiamo con Bondi?
«Comunque vada, spero mi scriva una poesia. In fondo, è anche autore della “Civiltà dell’amore” ».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Novembre 9th, 2013 Riccardo Fucile
E ALLA VIGILIA DEL VOTO SULLA DECADENZA USCIRANNO LE MOTIVAZIONE DEI GIUDICI SULLE OLGETTINE
Dieci giorni di fuoco. Dieci giorni che potrebbero imprimere una nuova svolta al futuro giudiziario e politico di Silvio Berlusconi: sabato 23 novembre, mercoledì 27 e per finire il martedì successivo, 3 dicembre.
Tre scadenze che surriscalderanno ulteriormente il clima politico e faranno traballare nuovamente il governo di Enrico Letta.
La prima tappa è fissata esattamente tra due settimane. Ultimo giorno utile per il deposito delle motivazioni del processo sul Rubygate.
In primo grado, il 24 giugno scorso, il processo è finito con una condanna di sette anni per concussione e prostituzione minorile. Le pressioni sulla questura, a fine maggio 2010, per far rilasciare la minorenne Ruby El Marough la prima imputazione. Rapporti sessuali con la diciassettenne marocchina, la seconda.
Tra due settimane si capirà su quale basi i tre giudici (donne) della quarta sezione penale hanno basato il proprio convincimento. E la loro ricostruzione, è chiaro, solleverà più di una polemica.
Si capirà allora la dinamica cristallizzata dal dibattimento, su quelle «cene eleganti » che in realtà si tramutavano in bunga-bunga.
Ma, soprattutto, spiegheranno le testimonianze sospette rese in aula da uomini vicinissimi al Cavaliere: dall’ex segretario particolare Valentino Valentini alla scudiera Maria Rosaria Rossi e alla europarlamentare Licia Ronzulli, fino al cantante Mariano Apicella.
E verranno anche analizzate le bugie delle Olgettine, le fedelissime frequentatrici di Arcore che a verbale, spesso di fronte a evidenze opposte, hanno parlato solo ed esclusivamente di incontri conviviali.
Giusto il tempo che le polemiche si spengano, e mercoledì 27 sarà l’aula del Senato a votare sulla decadenza di Berlusconi.
A quasi quattro mesi dalla sentenza definitiva Mediaset — quattro anni di condanna per frode fiscale, tre coperti da indulto — e soprattutto dall’interdizione dai pubblici uffici, recentemente corretta dalla Corte d’Appello.
Con il voto palese, le previsioni danno l’esito del voto quasi scontato, anche se le sorprese sono sempre possibili.
Qualsiasi sarà la decisione di Palazzo Madama, le polemiche ripartiranno forzatamente solo sei giorni dopo.
Proprio per quella data, infatti, sarà la volta delle motivazioni sul processo «Rubygate due». Quello in cui sono stati condannati a sette anni Lele Mora ed Emilio Fede, e a cinque l’ex consigliere regionale del Pdl, Nicole Minetti.
Erano loro, secondo l’architrave dell’accusa dei pm Sangermano e Forno, ad arruolare le prostitute da offrire al Cavaliere durante le serate del bunga- bunga.
L’ex talent scout di tronisti e cubiste è stato riconosciuto colpevole per induzione e favoreggiamento della prostituzione. Fede e Minetti, invece sono stati assolti dal primo reato e condannati per il secondo.
Anche qui, inevitabilmente, riemergeranno i fantasmi e le finalità di quelle che il Cavaliere si è sempre ostinato a battezzare come cene tra amici.
E, soprattutto — ed è il punto più delicato che riguarda l’immediato futuro di questa vicenda — tutte le coperture che avrebbero accompagnato i depistaggi per impedire che lo scandalo Ruby travolgesse Berlusconi quando risiedeva a Palazzo Chigi.
Il collegio presieduto da Nunzia Gatto, nelle motivazioni che depositerà a dicembre, dovrà spiegare perchè vanno indagati i legali storici del Cavaliere, Niccolò Ghedini e Piero Longo e la stessa Ruby.
Nel mirino le testimonianze difensive raccolte dagli avvocati a ottobre 2010, quando lo scandalo non era ancora finito sui giornali.
Da chiarire ci sono i versamenti che sempre il Cavaliere continua a garantire mensilmente alle ospiti di Arcore, chiamate poi in aula a testimoniare.
A seconda delle motivazioni di questa sentenza, per Berlusconi e gli uomini a lui più vicini, nel giro di poche settimane potrebbe riaprirsi una nuova «grana» giudiziaria. Questa volta con un’accusa ancora più pesante: corruzione giudiziaria.
Emilio Randacio
(da “La Repubblica“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
SI TEME SI SCATENI UNA BATTAGLIA A FORZA DI COLPI BASSI
«Ucci ucci, sento odor di dossierucci…» È il tweet che spara a freddo il deputato berlusconiano Luca D’Alessandro. Non uno qualunque.
Braccio destro e fedelissimo di Denis Verdini, l’uomo forte della macchina operativa del Cavaliere, ma soprattutto acerrimo avversario del ministro dell’Interno ed ex segretario Pdl Angelino Alfano.
Sono trascorse da poco le 15 e D’Alessandro dà voce a un allarme che nelle ultime 24 ore è rimbalzato nei capannelli in Transatlantico e nel tam tam tra falchi e lealisti. Il timore di cui si fa un gran parlare è che da oggi a sabato prossimo, quando si riunirà il Consiglio nazionale imposto da Berlusconi col sostegno di Verdini e Fitto, possano venir fuori veleni e dossier da apparati dello Stato che maneggiano informazioni sensibili.
Magari così pesanti da sfociare in inchieste giudiziarie, magari per tornare a colpire chi in questa guerra senza quartiere si è schierato dalla parte del leader, magari chi ha già qualche problema con la giustizia.
Ma sono paure che, come vedremo, in realtà in queste ore sono piuttosto trasversali e lambiscono anche i loro avversari – i ministri e i parlamentari governativi – sebbene di altra natura, per motivi differenti. È tutto un mondo che piomba nel caos e viene travolto da incubi, fumi persecutori, tanfo da scheletri nell’armadio e sospetti.
Qui si va oltre la sindrome da arresto imminente che pure sembra si sia impossessata del Cavaliere in odor di decadenza con perdita dell’immunità .
Qui l’accusa reciproca, e sottobanco, è di far ricorso ad armi «non convenzionali ».
A uscire allo scoperto sono i deputati lealisti.
Alludono a novità in arrivo sul piano giudiziario. Mariastella Gelmini lo racconta senza giri di parole in tv, a Sky: «Mi auguro veramente di sbagliare, ma bastava essere oggi in Transatlantico per sentire chiacchiere e voci. Saranno fesserie, ma siccome in passato le coincidenze non sono state fortuite vedremo nei prossimi giorni ».
Coincidenze? Chiacchiere? Voci?
«Solo un caso, per carità , ma due giorni fa, in Sardegna, sono finiti in carcere esclusivamente due consiglieri regionali del Pdl per l’inchiesta sui rimborsi, in Campania è toccata la stessa sorte ad un altro nostro consigliere. Girano strane voci di un’escalation giudiziaria da qui al Consiglio nazionale del partito che appare troppo puntuale per rappresentare un caso fortuito».
Trascorre qualche ora e la sua collega, di partito e di corrente, Mara Carfagna, segue in scia: «Teniamo alta l’attenzione contro ogni intollerabile invasione di campo di certa magistratura. Nessuno si sogni di destabilizzare il Consiglio nazionale».
Detto questo, la paura fa novanta anche tra i cosiddetti alfaniani, con l’aria che tira.
Ma lì, racconta nei corridoi laterali di Montecitorio un deputato che vanta lunga militanza nelle truppe berlusconiane, si tratta di altro genere di timori: «Non dobbiamo aver commesso per forza dei reati, il presidente possiede mezzi di comunicazione in grado di mettere in difficoltà chiunque, se volesse».
Insomma l’aria è questa qui. Del resto, il 30 settembre quando aveva già iniziato a smarcarsi dal Cavaliere, era stato lo stesso Angelino Alfano a reagire a un pesante attacco del Giornale additando con chiare lettere – e per la prima volta – la sigla evocativa della macchina del fango.
«Con noi il metodo Boffo non funzionerà » scriveva il ministro degli Interni per replicare all’editoriale con cui il direttore Alessandro Sallusti paragonava lui e i ministri a Fini.
«È bene dire subito al direttore che noi non abbiamo paura. Se pensa di intimidire noi e il libero confronto dentro il nostro movimento politico, si sbaglia di grosso. Se intende impaurirci con il paragone con Fini, sappia che non avrà case a Montecarlo su cui costruire campagne. Se il metodo Boffo ha forse funzionato con qualcuno, non funzionerà con noi».
Da lì a breve, il giorno della fiducia, il 2 ottobre, il quotidiano della famiglia Berlusconi sganciava la bomba con un lapidario «Alfano ha deciso di tradire», così, a tutta pagina.
Ora, tra Angelino e il Cavaliere i rapporti si sono incrinati, certo, ma sono stati stretti, da simbiosi, per anni, non a caso ancora ieri sera l’ennesima cena Grazioli dopo quella di lunedì ad Arcore.
Ma raccontano che tra i due a questo punto, oltre a una buona dose di diffidenza, circoli anche qualcosa di simile al reciproco timore.
Il ministro degli Interni è uscito quasi indenne dal caso Shalabayeva, ma passando attraverso il sacrificio di dirigenti a lui subordinati che, non è un mistero, la complessa struttura del Viminale ha vissuto con una certa sofferenza.
Ansie, apprensioni e spettri che da una parte all’altra della nascitura Forza Italia non fanno dormire sonni tranquilli, in vista del 16 novembre.
E ancor meno dopo la resa dei conti.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Novembre 8th, 2013 Riccardo Fucile
SERVONO I DUE TERZI DELL’ASSEMBLEA PER DISARCIONARE ALFANO E L’EX PREMIER NON LI HA… L’ULTIMA OFFERTA: “TU ENTRI IN FORZA ITALIA E IO SALVO IL GOVERNO”
La decisione finale riguarda solo loro due. Le truppe, su entrambi i fronti, vengono dopo.
Berlusconi e Alfano. “Silvio” e “Angelino”. Il Condannato e il Senza Quid.
Ieri sera, l’ennesimo faccia a faccia.
Su un punto falchi e colombe di altissimo rango sono concordi: “Il nodo lo deve sciogliere Berlusconi. Rifiuta l’idea che Angelino vada via, lo ripete in continuazione”.
Di qui “le oscillazioni ad horas”, come le chiama Fabrizio Cicchitto, che tra le colombe è considerato il più falco, cioè il più propenso alla separazione.
A sua volta, Alfano, è pronto a mollare B. al suo destino da opposizione. Ormai risponde più al Quirinale che a Palazzo Grazioli e il suo piano è chiaro in caso di rottura o scissione: tenersi il Pdl, allestire una pattuglia di 40 senatori per tenere in vita il governo Letta e fare un partito coi soldi ciellini garantiti da Roberto Formigoni e Maurizio Lupi.
Il gioco è chiaro. Gli innovatori o governisti o colombe, pur divisi tra chi vuole andare al consiglio nazionale del 16 novembre (Lupi e De Girolamo) e chi no (Cicchitto), puntano a una formazione moderata in continuità col Pdl.
E se i numeri lo consentiranno, Berlusconi potrebbe ritrovarsi senza i due terzi necessari per ratificare il passaggio a Forza Italia come deciso nell’ultimo ufficio di presidenza.
Le colombe vanterebbero 300 firme su 800. Ieri, al Senato, il ministro Quagliariello ha fatto un punto regione per regione con gli altri alfaniani.
Gli innovatori lamentano “telefonate molto pesanti” dei falchi in queste ore di caos.
In cui si inserisce anche una notizia non secondaria per gli equilibri del Pdl: l’arresto di un consigliere regionale campano, Angelo Polverino, vicinissimo a Nicola Cosentino e Nitto Palma.
Negli atti si parla di alcuni big del centrodestra. Forse per questo Mara Carfagna ieri ha fatto questo tweet: “Teniamo alta l’attenzione contro ogni intollerabile invasione di campo di certa magistratura. Nessuno si sogni di destabilizzare il Cn”.
Idem la Gelmini: “C’è una strana escalation giudiziaria”.
Ci sono toghe in combutta con gli alfaniani, questo il sospetto? Che c’entra Polverino con il consiglio nazionale? Sempre che, come suggerisce una colomba di governo, il retropensiero non sia un altro: “Berlusconi ha anticipato il consiglio nazionale perchè teme l’arresto dopo la decadenza”.
In merito il voto al Senato sarà il 27 novembre, al massimo il 2 dicembre, per un eventuale slittamento della legge di stabilità .
In ogni caso, l’8 dicembre, il Cavaliere, in base ai suoi timori, avrebbe corso il rischio di non esserci per un’ordinanza di custodia cautelare relativa a qualche rivelazione nuova del faccendiere Lavitola.
Suggestioni, forse. Ma in questi giorni nel Pdl veleni e dietrologie vanno di pari passo con la conta in atto.
Il terrore per la cronaca giudiziaria lambisce sempre i travagli del centrodestra.
Tra i veleni in circolazione, per esempio, sono già più di una decina i falchi che giurano di aver visto corposi dossier sulla consorte avvocato di Alfano.
Presunte consulenze ad ampissimo raggio. La partita di queste ore è soprattutto uno scontro di potere e rendite personali.
Lo stesso Alfano, racconta un ex ministro, avrebbe percepito fino a qualche mese fa un lautissimo stipendio per il Mattinale di Palazzo Grazioli.
Lui, “Angelino”, un tempo lavorava da lì da segretario del Cavaliere. Questa è la cornice dello scontro da qui alla prossima, fatidica settimana.
Non c’è solo il parricidio lamentato da Berlusconi. Tutto si fonde.
Ieri sera, la solita ossessiva domanda del Condannato: “Angelino, voglio sapere che farete quando sarà votata la decadenza”. La trattativa potrebbe proseguire a oltranza oppure interrompersi da un momento all’altro.
I lealisti temono le inchieste giudiziarie. I governisti sono divisi sulla tattica. Andare o non andare, questo il dilemma per sabato 16 novembre.
Quello che è certo è che Berlusconi vuole evitare la scissione. L’ultima offerta ad Alfano potrebbe essere questa: “Noi manteniamo l’unità nel passaggio a Forza Italia, io non faccio cadere il governo”.
L’obiettivo è anche quello di evitare una cruenta votazione, tra due documenti, nel consiglio nazionale. La risposta di Angelino è stata: “Presidente io non voglio garanzie per me, ma per tutti quelli che si sono schierati con me”.
Falchi e colombe possono tornare a convivere?
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 7th, 2013 Riccardo Fucile
TUTTI INVOCANO L’UNITA’, MA ORMAI E’ GUERRA APERTA… FORMIGONI ANNUNCIA: “PIOVONO ADESIONI”
“All’interno del centrodestra c’è un confronto incisivo, sta girando un documento per il governo e
sul partito”. Fabrizio Cicchitto conferma le turbolenze che stanno attraversando il Pdl dopo la fiducia incassata dal governo il 2 ottobre.
Il leader Pdl si mostra perplesso davanti la decisione di anticipare il Consiglio Nazionale al 16 Novembre; non sa perchè sia stato anticipato – “andate a chiederlo a chi lo ha deciso” è il commento – ma sottolinea: “se veramente si vuole un accordo, prima si cerca l’intesa, e poi si chiama il consiglio”.
A chi gli chiede se entrerà in Forza Italia, il deputato Pdl risponde “è uno pseudo concetto”, per poi precisare: “Non c’è interesse in un partito estremista e solidario nei confronti del leader. La nostra idea vede invece un partito collegiale e collaborativo”. Cicchitto spende anche parole per l’esecutivo: “Dovremmo fare le riforme, invece che far precipitare il governo nella crisi, una crisi che ci vedrebbe in forte svantaggio: Eventuali elezioni anticipate farebbero un favore al Pd”.
Cicchitto teme poi che i richiami di Napolitano alla riforma della legge elettorale possano fare approdare la crisi in un nuovo governo di scopo, con il Pdl spettatore. “No – conclude – evitiamo di cacciarci in un ginepraio che sa di autogol”.
Roberto Formigoni ha assicurato che stanno arrivando molte firme sotto il documento dei ‘governativi’ del Pdl e ha chiesto che il voto al consiglio nazionale del 16 novembre sia segreto. “Il nostro documento è ufficiale e le firme (tante!) stanno arrivando”, ha scritto su Twitter.
“Ovviamente si dovrà votare a scrutinio segreto”, ha aggiunto.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 7th, 2013 Riccardo Fucile
“IL PDL NON E’ UN PARTITO, MA UN BORDELLO”…”NON SI PUO’ GUIDARE UN AEREO SEDUTI NEL SALOTTO DI CASA: BERLUSCONI DAI SERVIZI SOCIALI NON POTRA’ PIU FARE QUELLO CHE FA ADESSO”
Scontro in più atti durante il contenitore mattutino “Omnibus”, su La7, tra Vittorio Feltri e il deputato Pdl Jole Santelli.
L’argomento del dibattito è il Pdl, sul quale l’ex direttore de “Il Giornale” esprime critiche al vetriolo: “Pdl, Forza Italia.. qui non si capisce niente. Come si chiama? Il famoso giorno della fiducia al governo Letta sono successe cose addirittura comiche nel Pdl. Chi ha assistito a questo, tra le dichiarazioni di Brunetta e il dietro front di Berlusconi, ha pensato che il Pdl non è un partito, ma un bordello“.
E afferma che ormai Berlusconi è arrivato al capolinea: “Quando uno è agli arresti domiciliari o ai servizi sociali non può disporre, a proprio piacimento, del telefono, non può ricevere chi vuole, deve sempre ottenere il permesso del magistrato di sorveglianza. Come si può guidare un partito in quelle condizioni? Sarebbe come pilotare un aereo stando seduto nel salotto di casa“.
Non è d’accordo la Santelli, che replica: “Può fare quello che vuole se è ai servizi sociali. Berlusconi può fare con sicurezza il capo di un partito”.
“Ma dai, non scherziamo” — insorge Feltri, che ricorda gli altri processi in cui è coinvolto il Cavaliere, come quello di Napoli e quello Ruby.
La bagarre esplode quando il sottosegretario ribadisce che Forza Italia è l’incarnazione di Berlusconi: “Tutti coloro che sono cresciuti in quel partito e hanno condiviso tutte quelle battaglie, non possono tradire quelle stesse battaglie“.
“Ma quali battaglie avete fatto?” — sbotta Feltri — “Non avete combinato niente. Dovevate fare la rivoluzione liberale e non siete neanche riusciti ad abolire gli ordini professionali. Tre euro costava. Non siete neanche riusciti ad uniformare la legge italiana a quella europea per non mandare in galera i giornalisti, che non è neanche elegante. Neanche quello avete fatto. Siete inetti“.
La Santelli rivendica le battaglie del Pdl sulla giustizia, ma la polemica continua anche sulla successione del Cavaliere. “L’ipotesi Marina e altro sono cose assurde” — afferma l’editorialista de “Il Giornale” — “ci dev’essere una selezione democratica e naturale all’interno del partito. Non ci può essere il papa che fa vescovo Alfano o qualcun’altro. Macchè primarie, facciano dei congressi e si diano una struttura di partito, che non c’è. Non c’è niente. Anche sul territorio non c’è niente”.
“C’è una struttura a macchia di leopardo“, osserva la Santelli.
“Ma che vuol dire? Mi sa di Bersani, la macchia, il leopardo…“, ribatte Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
ANGELINO: “PDL DI NUOVO UNITO, DA BERLUSCONI FIDUCIA LA GOVERNO”… MA IL CAVALIERE VUOLE CHE LA LEGGE DI STABILITA’ SIA CAMBIATA
È il momento dell’ultima disperata mediazione prima del Consiglio nazionale.
Il momento più delicato che deciderà la fine o meno del rapporto tra Berlusconi e Alfano. I due si sono visti ieri ad Arcore e hanno parlato anche di legge di stabilità , con il Cavaliere che ha avvertito il vicepremier: «Questa legge di stabilità è una schifezza. O ci saranno forti cambiamenti, soprattutto sulla casa, o noi non la voteremo».
Due sere fa, sempre a Villa Martino, incontrando il direttore del Giornale Sallusti, Santanchè e Biancofiore, aveva rincarato la dose. Aveva detto che questa manovra economica non è riformabile, è da buttare nel cestino. Aggiungendo che la cosa migliore sarebbe far cadere il governo.
Ma è proprio su questo punto che Alfano è irremovibile e sembra che la sua visita al Quirinale sia servita per assicurare il capo dello Stato che la grande coalizione reggerà .
È necessario però, avrebbe aggiunto, una significativa modifica delle legge di stabilità nella parti che riguardano le tasse, quelle sulla casa in testa.
L’altro tema caldissimo, il partito.
Berlusconi e Alfano hanno cercato un accordo per evitare la scissione.
L’ex segretario del Pdl chiede garanzie statutarie per la sua componente. «Gli amici di Angelino devono poter stare in Forza Italia senza essere uccisi», spiega con schiettezza Cicchitto.
Garanzie statutarie e due coordinatori, uno scelto dalle colombe e l’altro da falchi e lealisti, che rappresentino il patto della convivenza.
Soprattutto quando si tratterà di compilare le liste elettorali.
La risposta del Cavaliere non è stata di chiusura. Si rende conto di quanto deleteria sia la rottura, un’altra nel campo del centrodestra. E quanto gli scontri stiano infastidendo l’elettorato di questo schieramento.
Tuttavia l’ex premier vuole prima sentire cosa ne pensano Fitto e coloro che lo seguono.
Con l’ex governatore della Puglia si vedrà oggi a Roma, ma Fitto già mette le mani avanti. Boccia l’ipotesi di accordo.
No ai due coordinatori e alla parità nelle future liste elettorali («noi abbiamo la maggioranza, siamo il 70% del partito»).
Fitto continua a parlare di azzeramento di tutte le cariche e di chiarimento sul ruolo di Berlusconi come vero e unico leader: nessuna leadership duale, non può essere Alfano l’altra faccia della medaglia di una Forza Italia rinata.
Non può essere lui, sostiene Fitto, perchè il 2 ottobre ha cercato di delegittimare Berlusconi organizzando quei 23 senatori pronti a staccarsi dal Pdl e votare la fiducia a Letta.
Ma l’ex premier non vuole arrivare al Consiglio nazionale per una conta all’ultimo sangue. Sa che Alfano a quel Consiglio nazionale non si presenterà , se questa dovrà essere la prospettiva.
Allora tenta l’ultima disperata mediazione.
Lo stesso incontro di ieri a Villa San Martino è iniziato sotto i peggiori auspici, con il cannoneggiamento contro le primarie lanciate dal vicepremier.
Ma lo stesso Alfano cerca di minimizzare. Ha derubricato questa uscita come un’anticipazione messa in giro ad arte da Bruno Vespa per fare pubblicità al suo ultimo libro.
E per fare ancora più clamore il conduttore di Porta a Porta l’ha messa in contrapposizione a un’altra intervista (sempre contenuta nel libro «Sale, zucchero e caffè») di Fitto («sarà sempre Berlusconi a decidere cosa si farà »).
Insomma, per Alfano non si tratta di una provocazione a poche ore dall’incontro con Berlusconi.
E poi, non è stato lo stesso Berlusconi in un video del 2012 a dire che le primarie sono uno strumento democratico da utilizzare?
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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Novembre 5th, 2013 Riccardo Fucile
LA COLOMBA ALFANO INVOCA I GAZEBO PER SCEGLIERE IL CANDIDATO PREMIER, I FALCHI LO SBRANANO….CICCHITTO TEME LA DERIVA AUTORITARIA DI FORZA ITALIA
Un giorno di ordinaria comicità per il berlusconismo decadente. 
Angelino Alfano ritira fuori le primarie del Pdl, che l’anno scorso rischiarono di diventare un circo Barnum coi vari Samorì, Proto e Marra.
La colomba governista Fabrizio Cicchitto, invece, completa il suo berlusconicidio evocando una deriva nordcoreana di Forza Italia.
Il colpo di grazia è dell’insuperabile Antonio Razzi, già Responsabile, che annuncia: “Io non sono nè falco nè colomba, sono di proprietà di Berlusconi”.
Una frase che alimenta i retropensieri cattivi sulle modalità del passaggio di Razzi, tre anni fa, dall’Idv al Pdl.
Conclude Razzi: “Io per Berlusconi mi butterei sotto un treno”.
Il guaio è che bisogna far finta di prendere sul serio questo teatrino perchè al caos della destra padronale è legato il destino del governo delle larghe intese di Enrico Letta.
Così dopo una settimana passata a discutere della candidatura fantasma di Marina Berlusconi, adesso il vicepremier Alfano (inquilino di don Salvatore Ligresti, giova ricordarlo di questi tempi) ripropone le primarie per la leadership del centrodestra.
Il messaggio arriva dalle anticipazioni del prossimo tomo vespiano: “Alle prossime elezioni, il nostro candidato dovrà essere scelto attraverso primarie il più aperte possibile, alle quali partecipi il più alto numero di simpatizzanti”.
Alfano si pronuncia contro l’ipotesi di una Forza Italia “isolata” e in mano “agli estremisti”, cioè ai falchi Verdini e Santanchè, e tratteggia un centrodestra che recuperi i voti di Monti e Casini. Un nuovo partito centrista, in caso di scissione, è però “una cavolata cosmica”.
Berlusconi, sempre nelle anticipazioni vespiane, analizza così il fenomeno terzopolista: “Purtroppo Monti, Casini e Fini hanno creato un centrino, che ci ha sottratto il 10 per cento dei voti dei moderati. Senza questa loro sciagurata iniziativa, avremmo vinto in carrozza le elezioni e adesso saremmo ospiti del dottor Letta al Quirinale”.
Letta nel senso di Gianni, Zio del premier e amico di faccendieri e cricche prosperati nel Ventennio berlusconiano.
Falchi e lealisti hanno liquidano il tormentone delle primarie come una “provocazione”.
E lo stesso Condannato, ad Arcore, si sarebbe arrabbiato tantissimo: “Ma come? Io lotto per la mia sopravvivenza e questo parla della mia successione?”.
Al di là di sfoghi scontati e continui faccia a faccia, la realtà è che i due, Berlusconi e Alfano, sono sempre più lontani.
Il primo è disposto ancora a “salvare l’unità del partito”, ma il secondo pone condizioni troppo esose: sostegno al governo e ruolo di prima fila in Forza Italia.
La trattativa continuerà ancora, in vista del consiglio nazionale azzurro anticipato a dicembre, ma la “provocazione” delle primarie non ha contribuito ad abbassare la tensione. Anzi.
Come dimostra l’ennesimo vertice di ieri notte ad Arcore tra B. e lo stesso Alfano. Quest’ultimo, ieri pomeriggio, ha visto anche Napolitano al Quirinale.
Secondo la versione dei falchi il Colle avrebbe chiesto al vicepremier nonchè inquilino di Ligresti “un aggiornamento sui gruppi parlamentari autonomi in caso di scissione”.
Una visita che poi “metterebbe davanti a tutto la legge di Stabilità e non la decadenza”.
Non a caso, sulla questione scissione, si continua a esercitare l’ex cossighiano Naccarato, che conferma quando anticipato dal Fatto due settimane fa: “Al Senato gli alfaniani non sono più 25 ma almeno 40”.
Frutto, questo, del passaggio definitivo di Renato Schifani con Alfano.
Di questo passo, novembre rischia di essere fatale per il Condannato. Per il terzo anno consecutivo.
Nel 2011 le dimissioni per far nascere il governo Monti. Un anno dopo, si consumò una riunione del Pdl a palazzo Grazioli che mise in minoranza B. sulle primarie. Allora, non come oggi, rimasero con il Cavaliere solo in quattro: Santanchè, Bondi, Galan e Verdini.
L’attuale capo dei lealisti, Raffaele Fitto, si schierò senza se e senza ma con Alfano e le primarie. E con lui, la Gelmini e la Carfagna.
Altri tempi. La guerra civile del berlusconismo è la spia di interessi e ambizioni personali.
Di politico c’è pochissimo.
Di comico e di tragico, tanto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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