Novembre 7th, 2017 Riccardo Fucile
“PRONTO A DENUNCIARE IL PARTITO, E’ IN CONTRADDIZIONE CON LA BATTAGLIA PER LO IUS SOLI”
“Chiedo l’immediata sospensione delle primarie comunali del centrosinistra”. Nicolae Galea, 20enne nato a Cantemir in Moldavia, ma regolarmente residente a Vicenza e iscritto al circolo Pd del centro storico, non ci sta: “Si sta violando lo Statuto nazionale del partito, si vuole infatti impedire a me e agli altri cittadini extracomunitari, regolarmente residenti, di votare alle primarie del centrosinistra per il candidato sindaco di Vicenza”.
Il 3 novembre Galea ha scritto alla Commissione nazionale di garanzia del Partito democratico, dopo aver letto sul “Giornale di Vicenza” che i tre candidati sindaco, tutti iscritti al Pd, per le primarie comunali del centrosinistra (che si terranno a Vicenza il 3 dicembre prossimo) “hanno accettato la norma che esclude dal diritto di voto i cittadini extra-europei, ancorchè regolarmente residenti in Italia”.
Galea lamenta il fatto che tale decisione viola diversi articoli dello Statuto nazionale del Pd, a partire “dall’articolo 2, laddove definisce come elettrici ed elettori, cittadine e cittadini di altri Paesi in possesso del permesso di soggiorno, stabilendo il loro diritto a partecipare alle elezioni primarie per la scelta dei candidati”.
Per questo, Galea chiede la sospensione delle primarie comunali del centrosinistra nella sua città e l’assunzione di provvedimenti disciplinari nei confronti dei candidati sindaco, che hanno avallato “una decisione che così platealmente viola le norme statutarie nazionali e regionali”, e avverte che si riserva di ricorrere alla magistratura.
Contraddizione con le norme statutarie a parte, il caso suona ancora più paradossale tenendo conto che il Pd da mesi dichiara l’impegno a fare il possibile per approvare, prima della fine della legislatura, la legge dello Ius soli che darebbe la cittadinanza ai figli di immigrati.
Ma questa battaglia per il futuro, evidentemente, non impedisce che per il presente, a Vicenza, gli stranieri residenti e in regola con i permessi di soggiorno vengano tenuti fuori dai seggi delle primarie della città dove vivono.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 30th, 2017 Riccardo Fucile
SFIDA SULL’AFFLUENZA, SI VOTA SINO ALLE 20
Hanno aperto alle 8 i seggi delle primarie del Pd: si vota in bar, bocciofile e in 10 mila gazebo in tutta
Italia, fino alle 20, e il partito spera in almeno un milione di partecipanti.
Nel 2013 furono quasi tre milioni. «Le primarie restituiscono potere ai cittadini» è l’appello di Renzi, che avanza «proposte concrete italiane per cambiare l’Europa». «Non si decide solo quale candidato guiderà il Pd, si decide anche tra centrosinistra o un’alleanza con Berlusconi’, sottolinea Andrea Orlando.
Per Emiliano «non è detto che Renzi vinca», e comunque gli impedirebbe «di votare il prima possibile con questa legge che rende ingovernabile il Paese». Alle 12 l’affluenza ai seggi è risultata essere di 701.373 cittadini.
Niente piazza per Matteo Renzi il giorno prima delle primarie.
L’ex premier ha scelto Internet e il Tg1 per l’ultimo giorno di campagna elettorale. «Dicono che se solo un milione di persone andrà a votare, sarà un flop. Ignorano che un milione di persone rappresentano una forza strepitosa».
È questa l’incognita più grande del voto di oggi, il confronto con i 2,8 milioni che andarono a votare nel 2013.
Renzi mette l’asticella molto in basso stavolta, ma assicura: «Facciamo di tutto perchè si possa superare questa cifra». Su Facebook, poi, si concede un’oretta di faccia a faccia in diretta con gli elettori, affiancato da Dario Franceschini, prima di tornare a casa a Rignano per un pomeriggio in famiglia, interrotto solo dalla registrazione di un’intervista al Tg1, ultimo appello prima del voto di oggi.
Renzi fa gli auguri a Silvio Berlusconi, leggermente ferito per una caduta in casa, e polemizza con M5s che cerca di «lucrare qualche voto» con le polemiche contro le Ong.
Soprattutto, torna a farsi sentire su Alitalia: «Dobbiamo non lasciarla andare in malora, no agli spezzatini, il Pd presenterà una proposta entro il 15 maggio».
Niente attacchi agli avversari, ma una risposta all’accusa più velenosa, quella di puntare all’accordo con Berlusconi: «Fa un po’ ridere, la larga coalizione l’hanno fatta quelli che hanno detto di votare no al referendum. In Parlamento si sbrighino a fare la legge elettorale e lasciamo da parte la fantasie». Oggi voto al circolo vicino casa, prima di rimettersi in macchina per Roma dove attenderà i risultati.
La scelta è secca: con me rinasce il centrosinistra, con Renzi il Pd farà le larghe intese con Berlusconi. Io non ho dubbi su quale sia la preferenza tra i nostri elettori».
Andrea Orlando chiude la sua campagna per le primarie alla mensa della comunità di Sant’Egidio a Trastevere, luogo simbolo dell’Italia concreta e solidale che non dimentica gli ultimi. «Il Pd con Renzi ha raccontato l’Italia che ce la fa, anche nelle eccellenze, e non ha guardato alla sofferenza. Questo viaggio per tutta la Penisola ha confermato quello che pensavo: se non torniamo a occuparci degli ultimi, il Pd perde la sua ragione sociale e lascia campo libero ai populisti».
La mensa dei poveri, dove accanto ai profughi mangiano molti italiani che non arrivano a fine mese, per il ministro è il simbolo di un Pd che «deve tornare a essere il partito dell’uguaglianza, del riscatto, non quello di un leader solitario che cerca una rilegittimazione dopo la sconfitta del referendum».
«Negli ultimi anni il Pd ha avuto un atteggiamento di sufficienza e di arroganza. In questo tour ho trovato un partito prostrato, incapace di dialogo con la società italiana». Il tono è pacato, i concetti durissimi. «Il partito non ha promosso le primarie», «è stata una campagna clandestina, a Modena hanno trovato dei manifesti per le primarie in un sottopassaggio, almeno lì spero che ci sia una buona partecipazione», sorride amaro. «Conto sulla perspicacia dei nostri elettori, che troveranno i seggi in questa specie di caccia al tesoro». Oggi alle 11 lo sfidante voterà a Spezia, poi in serata sarà al suo comitato in corso Rinascimento a Roma.
Sulla sedia a rotelle, perchè il tendine d’Achille lesionato in campagna elettorale non è ancora a posto, ma Michele Emiliano non ha voluto sprecare nemmeno l’ultimo giorno di campagna elettorale per provare a rimontare il distacco accumulato da Matteo Renzi nella prima fase del congresso.
Il presidente della Puglia ha scelto Polignano per l’ultimo comizio delle primarie, la bella città di Domenico Modugno affacciata sull’Adriatico. Da un palco con la bandiera del Pd sullo sfondo, Emiliano attacca Renzi, lo accusa di lavorare ad un nuovo accordo con Silvio Berlusconi: «Vero Matteo che stai pensando di precipitare il Paese al voto, di non cambiare la legge elettorale perchè questa ti dà una scusa perfetta per fare il governo con Berlusconi?».
Renzi, secondo Emiliano, vuole far cadere il governo Gentiloni: «Ci proverà a votare il prima possibile. Ma noi glielo impediremo». Il presidente della Puglia prova a galvanizzare i suoi, li chiama alle urne spiegando che «non è detto che Renzi vinca». In realtà , anche lui sa che la “remuntada” è ai limiti dell’impossibile: «Non so se riusciremo a vincere adesso, ma so che non smetteremo mai di combattere».
Di sicuro, ribadisce, lui non seguirà Pier Luigi Bersani e gli altri che sono andati via: «Io dal Pd non me ne andrò e continuerò a combattere: non lo lascerò a chi vuole strumentalizzarlo al dominio di un uomo solo». Emiliano è pronto a combattere da domani e, come ha detto nei giorni scorsi, «farò impazzire Matteo».
(da “La Repubblica”)
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Aprile 13th, 2017 Riccardo Fucile
LA REPLICA: “NON E’ VERO, FAREMO RICORSO”… MA IL REGOLAMENTO PARLA CHIARO
Michele Emiliano fuori dalla corsa per le primarie del Pd in Lombardia e Liguria.
Lo ha ufficializzato la Commissione Congresso del Pd, dopo che la mozione che fa capo al presidente della Puglia non ha raccolto le firme necessarie a presentare la candidatura nelle due Regioni.
Dunque, il nome di Emiliano non comparirà nella scheda per l’elezione del segretario Pd nelle due Regioni. Ma, sostengono i sostenitori di Emiliano, le firme ci sono e comunque non c’è stata alcuna comunicazione ufficiale in merito all’esclusione. Nel caso arrivasse, però, loro sono pronti a presentare ricorso.
La mozione Emiliano è riuscita a raccogliere le cinquanta firme necessarie a presentare una lista a sostegno del segretario solo nel collegio di Genova, per la Liguria, e in cinque collegi della Lombardia.
Ma lo statuto del Pd prevede che per essere ammessi alle primarie bisogna aver raccolto le firme in almeno la metà delle province di ogni singola Regione.
La Commissione Congresso, in una riunione aggiornata più volte da ieri, ha provato a cercare una mediazione. La proposta era quella di ammettere il candidato solo nei collegi dove era in regola con le firme, ma i rappresentanti di Emiliano in Commissione avrebbero respinto questa soluzione.
Il nome di Emiliano, a questo punto, non può comparire sulla scheda delle primarie nelle due Regioni perchè il regolamento prevede che si votino le liste di candidati all’assemblea nazionale, collegate a ciascun segretario.
Il regolamento.
L’articolo 9 del regolamento delle primarie, approvato il 24 febbraio scorso dalla Direzione del Pd, prevede che “in ciascun Collegio può essere presentata una o più liste collegate a ciascun candidato alla Segreteria. Sono ammesse le liste presenti in almeno la metà dei Collegi di una Circoscrizione regionale. Le liste devono essere sottoscritte da almeno 50 iscritti in ciascun Collegio”.
Inoltre, si spiega che “la presentazione delle liste avviene su base regionale, depositando l’elenco dei candidati presso la Commissione regionale per il Congresso, entro le ore 18:00 del 10 aprile 2017. Ciascuna lista deve indicare a quale, tra i candidati alla Segreteria ammessi, essa intenda collegarsi. Entro due giorni dalla presentazione delle liste, le Commissioni regionali accertano l’accettazione del collegamento da parte del candidato alla Segreteria nazionale”.
Le reazioni.
Per Francesco Boccia, sostenitore di Emiliano, “le firme ci sono: in Liguria in tutti i collegi, in Lombardia in più della metà . Non mi pare ci sia nessun organo ufficiale del partito che comunichi l’esclusione, ma solo notizie diffuse ad arte che riteniamo infondate: la decisione è delle commissioni regionali, se e quando ci verrà notificata noi faremo appello”.
E aggiunge: “Non vorrei – parafrasando il Renzi del 2013 – che il congresso del Pd diventasse un problema di burocrazia. È possibile che in qualche collegio le firme non siano state sufficienti – ammette il deputato dem -, ma io mi appello al presidente della Commissione nazionale, Montanari, che valuterà le nostre ragioni e eventualmente all’organo di garanzia presieduta da Dal Moro”.
A Boccia ha replicato Ernesto Carbone, deputato renziano membro della Commissione Congresso, che ha ribadito norme del regolamento: “La Commissione nazionale per il Congresso ha preso atto, dalle Commissioni regionali di Lombardia e Liguria, che la lista Emiliano non aveva raccolto le firme necessarie. Mi dispiace molto che non siano riusciti, ma è il regolamento che prevede l’esclusione, un regolamento approvato all’unanimità , con il voto anche di chi in quella commissione rappresentava Emiliano”.
“È assurdo che, dopo aver raccolto 6.000 firme per la presentazione della candidatura e dopo aver conseguito l’8% di consenso tra gli iscritti e le iscritte al Pd, si voglia negare ad Emiliano il diritto ad essere votato in tutta Italia e che per assumere tale decisione la Commissione non abbia voluto rispettare neanche la nostra giornata di dolore”, è stato il commento del deputato Dem Dario Ginefra, anche lui sostenitore di Michele Emiliano nella corsa alla Segreteria nazionale del Pd.
“Dopo aver garantito che sarebbero state applicate le stesse regole del Congresso 2013 – spiega – si sono chiuse le iscrizioni al Partito impedendoci di poter correre partendo dalla stessa linea di partenza su tutto il territorio nazionale. Qualcuno vuole negare a Emiliano la corsa alla Segreteria impedendogli di poter essere votato in tutt’Italia? Lo si dica senza infingimenti. Ora noi torniamo nel silenzio della nostra giornata di dolore al termine della quale decideremo come procedere”.
L’esclusione di Emiliano “dalle primarie del 30 aprile in Lombardia e Liguria pare una deliberazione di Equitalia anzichè il pronunciamento di una commissione di un partito politico che ha a cuore la partecipazione e la democrazia”, è l’opinione di Filippo Penati, ex capo della segreteria di Perluigi Bersani ed ex presidente della provincia di Milano. “È una scelta surreale da burosauri che fa male a tutto il Pd – ha proseguito -.Confido che prevalga il buon senso e la politica prenda il sopravvento sulla burocrazia se non si vuole che, chiunque sarà il segretario, la sua non sia un’elezione azzoppata”.
(da agenzie)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
E SULLA LEGGE ELETTORALE DEPONE L’ARMA DEL MATTARELLUM
Andrea Orlando e Michele Emiliano criticano Matteo Renzi. Lui a stento risponde, piuttosto rivolge la critica al M5s, il convitato di pietra della convenzione nazionale che oggi all’Hotel Ergife di Roma ha ratificato i risultati dei congressi di circolo e avviato la corsa per le primarie del 30 aprile.
Orlando, Emiliano, Renzi: un Pd alla ricerca di audience per evitare il flop ai gazebo, portare gente a votare, non soccombere di fronte alla concorrenza pentastellata.
All’indomani della kermesse grillina di Ivrea, seguitissima dai media, il Pd cerca il rilancio e lo smalto.
Prima dell’intervento dei tre candidati, il presidente della Commissione congresso Roberto Montanari mette da parte le polemiche sui dati delle assise locali.
Il Pd ha più iscritti dei socialisti francesi o spagnoli, è il senso del suo ragionamento che vuole inquadrare tutta la discussione all’interno di un quadro sistemico di crisi dei partiti tradizionali, in tutt’Europa.
Oggi anche il Pd di Renzi è messo così. E allora c’è Orlando che tenta la sua ricetta. “Attenti che il Pd rischia di diventare il primo fattore di stabilità in Italia”.
Oppure: “Noi siamo nati per essere il partito del riscatto, non possiamo diventare il partito della rivincita. Matteo si è dimesso dopo il 4 dicembre, ma il messaggio è lo stesso…”.
Insomma: “E’ vero che stiamo uscendo dalla crisi, ma a una famiglia con un figlio senza lavoro, se dici ‘ce l’abbiamo fatta’, quella famiglia ti sente distante e si incazza”. Ancora: “Va bene parlare con Marchionne, ma con gli operai ci vogliamo parlare?”.
E infine: “Evitiamo uno smarcamento quotidiano da un governo e un premier che in una situazione difficile sta proseguendo il lavoro del governo precedente. Non giova al Pd e non giova al governo”.
Paolo Gentiloni è in sala all’Ergife. Anche perchè, continua il Guardasigilli, non va bene “inseguire le nuove formule della destra. Dei populisti. Ogni volta che diventiamo la copia sbiadita dell’originale, è l’originale a prevalere”.
Dopo Orlando parla Emiliano, dal letto di ospedale dopo l’incidente che si è procurato in Calabria ballando la tarantella ad un’iniziativa elettorale.
Scomparsa la canottiera a costine dei primi videomessaggi che hanno fatto il giro del web subito dopo il ricovero, il governatore si presenta in polo blu.
Alle sue spalle, l’asta per flebo non è in funzione, ma sta lì a ricordare che Emiliano si trova in ospedale. “La comunicazione senza contenuto può irritare”, attacca. “Bisogna uscire dalla logica di un uomo solo che salva tutti e entrare nella logica di tutti che salvano ciascuno”, continua dopo aver parlato di petrolio e battaglie ambientaliste.
L’assemblea inizia con scintille appiccate dai suoi (i deputati Ginefra, Boccia) che provano a chiedere il rinvio delle primarie per via dell’infortunio capitato al loro candidato. “C’è un uomo a terra”, si allarma Ginefra. Renzi non raccoglie, Orlando sì. Emiliano: “Grazie Orlando, non chiedo il rinvio”.
Buona la prima, si vota il 30 aprile senza proroghe.
Renzi chiude l’assemblea dell’Ergife parlando già da vincitore, nei congressi dei circoli e nei sondaggi. E’ già in campagna elettorale contro il Movimento 5 stelle.
Per votare al più presto possibile. “Basta parlare al nostro interno, la gente non ci segue più perchè è già avanti e aspetta che finiamo di litigare. Le primarie non servono a farci i selfie ma per guardarci intorno…”.
E quindi la giornata del M5s a Ivrea entra nel mirino dell’Ergife.
Il Movimento cinque stelle “è una dinastia, noi usiamo la democrazia”, scandisce Renzi parlando di Davide Casaleggio, il figlio di Gianroberto fondatore del movimento, “finalmente i cinquestelle hanno indicato il loro capo”.
“Parlando di reddito di cittadinanza e pensano di finanziarlo tagliando le pensioni d’oro e i vitalizi… Fake news che però passano: dobbiamo lavorarci meglio di come ho fatto io, lo ammetto”.
Il resto è orgoglio del suo Pd, soprattutto del suo governo. “Siamo passati dal Pd dei convegni al Pd delle leggi”.
E: “Andrea, bella la tua idea di andare davanti ai cancelli delle fabbriche, ma non ti hanno preso a calci perchè le abbiamo tenute aperte noi con Marchionne… Siamo noi il partito del lavoro”.
L’inchiesta Consip: “Non saremo mai il partito dei giudici, ma della giustizia. Io ho tatuate addosso le cose che sono successe negli ultimi 4 mesi, tutte le settimane saremo lì a chiedere di fare luce, siamo dalla parte dell’onestà , parola che non lasciamo a nessun altro”.
E se Orlando ha promesso di riunire “la segreteria a Bruxelles periodicamente, se vinco”, Renzi annuncia “il veto italiano all’inserimento del fiscal compact nei trattati europei”. Sempre se vince le prossime elezioni. Più che sulle primarie, la convenzione pare proiettata su quelle.
“Il caso Torrisi è un fatto enorme”, dice Renzi riferendosi all’incidente della scorsa settimana in Senato. Certifica che sulla legge elettorale “in Parlamento c’è la stessa maggioranza che c’è stata al referendum”, vale a dire proporzionalista e frastagliata. “Quindi la responsabilità di una iniziativa, di avanzare una proposta spetta a loro”.
Suona come un abbandono del campo di proposta maggioritaria.
Se ieri si diceva Mattarellum, ora si dice ‘accada quel che accada’. “Basta con chi ha sempre da ridire. Chi perde non bombardi il quartier generale”, chiude Renzi che solo la scorsa settimana ha cominciato a ‘terremotare’ il governo.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 9th, 2017 Riccardo Fucile
RENZI: “CHI PERDE NON BOMBARDI IL PARTITO”… ORLANDO:: “RIFORME SENZA POPOLO”… EMILIANO: “STOP ALL’OSTRACISMO A MS5”
È in corso all’hotel Ergife di Roma la Convenzione Nazionale del Pd che apre la seconda fase del
congresso del partito, con l’ufficializzazione dei risultati del voto tra gli iscritti, e il via alla volata verso le primarie del 30 aprile.
Presenti Andrea Orlando e Matteo Renzi mentre Michele Emiliano, operato al tendine di Achille, interviene in collegamento video, perchè ancora ricoverato.
L’ entourage del governatore della Puglia ha chiesto il rinvio delle primarie a causa dell’infortunio di Emiliano (secondo i dottori dovrebbe rimanere a letto per due settimane per poi cautamente riprendere a muoversi con le stampelle).
In platea siede il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, accolto da un applauso. Prima dell’inizio dei lavori è stato osservato un minuto di raccoglimento per le vittime di San Pietroburgo, Stoccolma e Siria.
Sul palco della presidenza siedono Silvia Fregolent per la mozione Renzi, Nadia Romeo per la mozione Emiliano, Emma Petitti per la mozione Orlando, accanto a Roberto Montanari, che presiede la commissione congresso, Matteo Orfini, reggente del partito e Gianni Dal Moro, presidente della commissione di garanzia.
Scontro sullo slittamento delle primarie
Favorevole a questa ipotesi si è detto il candidato alla segreteria Pd, Andrea Orlando: «Sono assolutamente d’accordo. Se un competitor è impossibilitato a fare campagna elettorale, sarebbe sensato» rinviare le primarie.
Diversa la posizione espressa, invece, da Lorenzo Guerini, coordinatore della mozione Renzi: «Facciamo tanti auguri a Michele, ma la macchina è ormai in moto».
Replica il deputato dem Dario Ginefra sostenitore di Emiliano: «Confidiamo sul fatto che Renzi stesso possa sconfessare i suoi e decidere di dar la possibilità di gareggiare a Michele Emiliano».
Emiliano: “Non voglio condizionare le primarie”
Dal canto suo Emiliano non chiede rinvii: «Ringrazio di cuore coloro che si stanno ponendo il problema di un rinvio delle primarie a seguito del mio infortunio – ha detto Emiliano -.
In particolare ringrazio Andrea Orlando per le sue parole e per la sua immediata disponibilità . Ci tengo anche a dire che non voglio assolutamente condizionare i tempi delle primarie, non ho chiesto nulla in tal senso, ringrazio ancora chi ha mostrato spontaneamente sensibilità e immedesimazione».
Orlando: “Uscire dall’isolamento”
«Usciamo dalla presunzione di bastare a noi stessi – ha detto Orlando -. Non c’entra nulla con la vocazione maggioritaria, porta all’isolamento politico. Se le riforme non le fai con gli altri non durano. Dobbiamo uscire dall’isolamento politico, la vocazione maggioritaria non significa “isolamento”. Il fallimento del referendum – ha aggiunto – apre una fase nuova della politica italiana. Dobbiamo fare tutti uno sforzo”.
Renzi: “Chi perde non bombardi il Quartier generale”
«Le regole si rispettano, valgono per tutti. Dopo le primarie non si passano quattro anni a bombardare il Quartier generale».
E dice di accettare la sfida del M5S: «Proviamo a immaginare il futuro. Il M5S a Ivrea ha lanciato un’ Opa sul futuro dell’Italia, ha raccontato l’orizzonte e se l’è intestato. Il futuro lo rivendichiamo da questa parte del campo: la sfida la accettiamo a viso aperto, non ci fanno paura, non abbiamo timidezza o disagio».
«I l Pd si differenzia dal M5s in tre punti – ha aggiunto -: il primo riguarda la modalità di esercizio democratico, loro scelgono il leader attraverso la dinastia noi con il voto. Poi noi crediamo nella scienza non nella paura e c’è l’assistenzialismo contro il lavoro».
Emiliano: “ Stop a questo rapporto difficile con il M5S”
Intervenendo in video il governatore della Puglia ha proposto un cambio di atteggiamento del Pd verso il M5S: «Io sono anche dell’idea che noi dobbiamo chiudere con questo rapporto così difficile con tutto l’elettorato del Movimento 5 stelle».
«Noi insistiamo, e ci facciamo tirare dentro anche numerose provocazioni – ha proseguito – nel tenere un rapporto molto duro nei toni, nelle espressioni; ma la stragrande maggioranza di quegli elettori sono nostri elettori che sono ancora lì, a metà , che pensano ancora che noi reagiremo di fronte alla minaccia che loro ci manifestano: di votare il Movimento 5 stelle. Che noi saremo capaci di tornare ad essere trasparenti, chiari, coerenti, capaci di dire una cosa anche se non è conveniente, di affermare principi, di non fare scambi parlamentari, come è successo di recente in un importante voto sulla decadenza di un senatore», ha concluso Emiliano.
Al termine dell’evento il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni si è detto soddisfatto del dibattito e dei discorsi dei tre candidati alla segreteria: «Bene. Ho sentito anche Michele molto affezionato al Pd» ha concluso.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 8th, 2017 Riccardo Fucile
PAGNONCELLI: “AI GAZEBO ANDRANNO IN CIRCA 2 MILIONI, MENO 800.000 RISPETTO AL 2013, RENZI VINCERA’ CON IL 67%”
Il primo tempo della partita per la segreteria del Pd si è chiuso con la netta affermazione di Matteo Renzi che tra gli iscritti al partito ha ottenuto il 66,7% dei voti prevalendo su Andrea Orlando (25,3%) e Michele Emiliano (8%).
Il voto nei circoli ha visto la partecipazione di poco più di 266 mila iscritti, il 10% in meno rispetto al novembre del 2013, quando Renzi si affermò su Gianni Cuperlo con un risultato più stretto (45,3% a 39,4%).
La scissione nel Pd ha quindi rafforzato la leadership di Renzi nel parito.
Il secondo tempo, attualmente in corso, si chiuderà il 30 aprile quando si terranno le primarie aperte agli elettori.
È un appuntamento conosciuto da due elettori su tre (66%, +7% rispetto a inizio marzo) che suscita l’interesse di poco più di un elettore su quattro (28%).
In particolare l’11% si dichiara molto interessato (come il mese scorso) e 17% solo in parte (+2%).
L’interesse, ovviamente, risulta più elevato (63%) tra coloro che oggi voterebbero Pd ma fa riflettere la quota tutt’altro che trascurabile di attuali elettori non interessati alle primarie, non sappiamo se perchè giudicano l’esito scontato oppure per una sorta di disorientamento rispetto all’attuale fase critica che il partito sta vivendo.
La partecipazione
Il 3% degli elettori manifesta l’intenzione di partecipare alle primarie e a costoro si aggiunge il 4,6% che probabilmente si recherà alle urne.
Si tratta di poco più di 3,5 milioni di elettori ma, tenuto conto del fatto che solo una parte dei probabili si deciderà effettivamente a votare, ad oggi le nostre stime collocano tra 1,8 e 2,2 milioni la partecipazione effettiva, in diminuzione rispetto alle primarie del dicembre 2013 quando votarono oltre 2,8 milioni di elettori.
Erano altri tempi, animati da ben altre aspettative di cambiamento impersonate da Renzi che non a caso aveva scelto lo slogan «L’Italia cambia verso».
Tra i propensi a votare il risultato appare oggi piuttosto netto, nonostante il 12% si dichiari indeciso: Renzi infatti prevale nettamente (59%) su Orlando (21%) ed Emiliano (8%) e risulta in crescita di 6 punti rispetto a marzo.
Escludendo gli indecisi Renzi si attesta al 67% (in crescita di 5,4% rispetto al mese scorso), Orlando al 23,9% (-4,2%) e Emiliano al 9,1% (stabile).
Gli orientamenti di voto risultano assai differenti tra i due diversi gruppi di elettori: infatti tra quelli del Pd solamente il 7% si dichiara indeciso e Renzi primeggia con il 72%, seguito da Orlando (17%) e Emiliano (4%).
Tra gli elettori delle altre liste il 29%, pur dichiarando di voler partecipare alle primarie, al momento non saprebbe per chi votare, il 37% voterebbe per Orlando, il 25% per Emiliano e solo il 9% per Renzi.
In sintesi, si registra una grande coesione interna al Pd e si conferma una netta frattura con gli elettori delle altre forze del centrosinistra.
Il pronostico degli italiani vede al primo posto Renzi con il 38% (più 8 punti rispetto a marzo), seguito da Orlando (9%) ed Emiliano (8%), ma quasi uno su due (46%) non sa rispondere, probabilmente per scarso interesse all’appuntamento. Tra coloro che sono propensi a partecipare alle primarie le previsioni sono nettamente favorevoli a Renzi: il 64% infatti prevede che l’ex premier si affermerà .
Renzi stravince
Le stime di voto odierne a favore di Renzi (67%) sono molto vicine al risultato ottenuto tra gli iscritti (66,7%) e a quello delle primarie del 2013 (67,55%).
È molto probabile che si tratti di una coincidenza dato che, rispetto ad allora, lo scenario è molto diverso dentro e fuori dal Pd.
Nonostante la difficile fase post referendaria, culminata con la scissione e nonostante le turbolenze di cui parlano quotidianamente le cronache politiche (l’ultima in ordine di tempo, l’elezione del presidente della Commissione affari costituzionali della camera), Renzi oggi appare stabilmente in sella al partito tra gli iscritti e largamente in vantaggio tra coloro che intendono recarsi a votare alle primarie.
Il problema si porrà dopo il 30 aprile, quando dovrà convincere gli altri elettori, quelli di centrosinistra che non avranno partecipato alle primarie e, soprattutto, gli indecisi e gli astensionisti da riportare al voto.
Ma quella è tutta un’altra partita, di cui al momento si ignorano le regole (la legge elettorale). Una partita che richiederà di elaborare nuove idee e proposte e di definire nuovi traguardi ma anche di adottare contromisure, quanto a stile di leadership e di comunicazione. Sembra infatti che per compensare l’appannamento della sua popolarità e riprendere appeal e consenso per Renzi possa essere opportuno «cambiare verso».
Nando Pagnoncelli
(da “Il Corriere della Sera”)
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Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile
L’EX TESORIERE DEI DS: “E’ VISTO SOLO COME VOTIFICIO, NON CONTANO GLI ISCRITTI EFFETTIVI, MA SOLO QUELLI VIRTUALI”
“Guardate, io a votare ci sono andato. Per capire il perchè di quel 41 per cento di astenuti bisognerebbe chiedere a chi è rimasto a casa. Chissà , magari in tanti erano malati proprio nei giorni delle consultazioni…”.
Un’epidemia, quindi?
“Insomma volete proprio farmi commentare? Ah, voi del Fatto Quotidiano…”.
Finge ritrosia, Ugo Sposetti, ma la resistenza dura poco. Lo storico tesoriere dei Ds, che ora sostiene Andrea Orlando, si lascia andare. “No, in effetti è poco credibile che fossero tutti malati il giorno del voto. È più probabile che molte di quelle 449mila persone neppure sapesse di essere stata iscritta al Pd”.
Lei si riferisce al numero totale di iscritti ufficializzati dal Nazareno. I votanti, però, sono stati meno di 267mila. Un dato preoccupante o un fatto fisiologico?
Entrambe le cose, direi. Certo, nel Pci sarebbe stata clamorosa un’affluenza così bassa. Ma quel partito non c’è più e dunque anche nel Pd si sono affermate certe logiche della peggiore politica.
Si spieghi meglio.
In una situazione come quella che vive oggi il Pd, in cui le iscrizioni vengono fatte all’ultimo minuto in vista di un Congresso che è in realtà un votificio, è difficile sostenere che tutti quelli che risultano titolari di una tessera siano consapevoli di essere iscritti.
Il partito trasformato in un tesserificio, dunque?
Le formule giornalistiche dicono poco, in realtà . Alla base, ci sono logiche un po’ più complesse.
Ci aiuta a capirle meglio?
Partiamo da un presupposto. La composizione degli organismi e la scelta dei vari delegati si fa in virtù del numero degli iscritti che ciascun esponente porta in dote al partito. Ma attenzione: non contano gli iscritti effettivi, quelli che poi davvero vanno a votare. Contano gli iscritti sulla carta, quelli virtuali.
Insomma, più è alto il numero di tessere che garantisco, più è alta la mia possibilità di avere incarichi importanti?
Detta in modo semplice, è così. Il peso specifico dei vari esponenti, soprattutto a livello locale, si basa sul numero di tessere e non su quello dei votanti reali. Le logiche territoriali sono fondamentali per spiegare questi dati sulla scarsa affluenza.
E tutto ciò ormai fa parte anche del modello di funzionamento del Pd?
Lo ripeto: il partito in cui la militanza vera contava più delle tessere non c’è più. Però, alla fine della spiegazione, fatemi fare un appello.
Prego
Io credo, proprio in virtù di tutto ciò, che il valore della candidatura di Orlando stia proprio in questo: nell’essersi opposto a viso aperto a queste dinamiche.
Il risultato nei circoli, però, non è stato esaltante. Si parla di circa il 25% dei voti, a fronte del 68% ottenuto da Renzi.
Al contrario, è stato un trionfo. Nella situazione attuale, era difficile fare di più.
Forse speravate che il ministro della Giustizia risultasse più attrattivo nei confronti dell’ala di sinistra dell’elettorato del Pd, quella vicina agli scissionisti di Mdp?
Ripeto. È stato un trionfo. E vedrete che alle primarie ci saranno delle belle sorprese. Il risultato finale non è affatto scontato.
Valerio Valentini
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 3rd, 2017 Riccardo Fucile
TRA UN RENZI CHE ESULTA E GLI AVVERSARI INTERNI SCETTICI SULL’AFFLUENZA
Renzi domina ed esulta. Concede che eventuali irregolarità debbano essere verificate, ma già
riprende in mano il vocabolario appena messo da una parte dopo le dimissioni: “Chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica. Quando si vince, si vince. Quando si perde, si ammette”.
Il segretario uscente e ricandidato parla forte del risultato ottenuto ai congressi dei circoli, dai quali è uscito con il 68,2 per cento dei voti, che sono 141.245 effettivi.
Dati non ancora definitivi e che comunque sono contestati dai suoi avversari, Andrea Orlando e Michele Emiliano (il comitato del ministro li definisce “non convincenti“).
La base, secondo la nota del dipartimento Organizzazione del largo del Nazareno ancora diretto da Lorenzo Guerini, è un’affluenza di iscritti del 59,29 per cento rispetto ai 449.852 totali, quindi si sono presentati a votare nei congressi locali in 266.726.
Il Pd sottolinea che l’affluenza è superiore al congresso precedente del 2013, quando arrivò al 55,34 per cento.
Tuttavia, sotto il profilo dei numeri assoluti, quattro anni fa gli iscritti erano 539.354 e dunque parteciparono ai congressi in 298mila circa.
Quindi il calo di partecipazione è di oltre 30mila iscritti. Tutto questo in preparazione delle primarie del 30 aprile, alle quali una soglia per capire quanto è in salute la partecipazione dentro e intorno al Pd è fissata a circa due milioni di partecipanti.
“Viva la democrazia” gioisce intanto su instagram Renzi.
Restano scettici sia Orlando che Emiliano: il ministro, secondo le proiezioni del Nazareno, ha totalizzato 52.630 voti, pari al 25,42 per cento, mentre il presidente della Puglia ha raccolto 13.168 preferenze per una percentuale del 6,36.
Le due mozioni alternative al segretario uscente continuano a toccare il tasto della legalità e della regolarità delle operazioni di voto (l’ultimo caso ieri a Catania sollevato dai sostenitori del Guardasigilli) rilanciando con risultati che modificano leggermente i numeri (62 Renzi, 29 Orlando, 8 Emiliano), pur mantenendo inalterati classifica e entità dei distacchi.
“Qualcuno dice che in qualche caso ci sono stati dei problemi e delle incongruenze — rilancia lo stesso Renzi — Sono il primo a dire che dove ci sono problemi riconosciuti (ammesso che ci siano) è giusto che si intervenga invalidando il voto. Noi siamo i primi ad avere interesse che tutto sia trasparente: perchè una vittoria così larga e così bella non sia sporcata dalle polemiche del giorno dopo. Allo stesso tempo chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica”. “Noi — sostiene l’ex segretario Pd — siamo i primi ad avere interesse che tutto sia trasparente: perchè una vittoria così larga e così bella non sia sporcata dalle polemiche del giorno dopo. Allo stesso tempo chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica. Quando si vince, si vince. Quando si perde, si ammette. Punto”.
Secondo i primi dati — non ancora ufficiali — a pesare, come sempre in questi casi, è la geografia: Michele Emiliano è primo in Puglia (anche se “solo” con il 42 per cento), Andrea Orlando è primo nella sua La Spezia anche se esulta per il suo miglior risultato (36 per cento) registrato a Roma, infine Renzi che a Firenze fa praticamente cappotto (82%) e in generale convince le regioni cosiddette “rosse”.
Matteo Richetti, portavoce nazionale della mozione Renzi, la spiega così: “La nostra gente ci dice: basta con l’autolesionismo a sinistra. Si sono stretti tutti attorno a quello che sentono come il proprio segretario. E’ normale vedere qualche iscritto che vota contro al referendum, ma non è digeribile vedere chi brinda con i nostri avversari alla sconfitta”. “Io sono amico personale di Orlando e stimo Emiliano — aggiunge — Però per i nostri iscritti c’è un leader naturale”, dice Richetti in un’intervista a Repubblica.
“Certo, non gli fanno sconti. Certo, sottolineano i suoi errori e chiedono di non fare più tutto da solo. Ma il carisma di Matteo non lo discutono, lo riconoscono. Parliamoci chiaramente, è l’unico leader nell’attuale classe dirigente”.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 3rd, 2017 Riccardo Fucile
DATI FINALI PRIMARIE SEZIONI: RENZI 68,2%, ORLANDO 25,4%, EMILIANO 6,3%
Dopo una notte di battaglia sui numeri, sono arrivati i dati definitivi: Matteo Renzi ha stravinto con il 68,2% dei consensi, contro il 25,4% di Andrea Orlando e il 6,3% di Michele Emiliano. L’affluenza registrata è attorno ai 235-255 mila votanti.
Fra i renziani si registra quindi grande soddisfazione per l’esito del voto.
Per la mozione di Andrea Orlando parla Gianni Cuperlo in un’intervista al Corriere della Sera, lanciando un appello agli ex compagni di Mdp: “Venite a votare il 30 aprile e aiutateci ad ancorare il Pd alla sua natura e missione. Che non è dividere il campo della sinistra, ma ricucire quello che Renzi ha strappato. Oggi la candidatura in grado di farlo è quella di Orlando” afferma Cuperlo, che chiede “una svolta anche per il rispetto che dobbiamo a tante persone perbene che in tanti circoli hanno costruito un congresso vero”.
Per la mozione di Michele Emiliano, parla Francesco Boccia in un’intervista alla Repubblica, che traccia un bilancio positivo del lavoro fin qui svolto: “L’autonarrazione di Renzi – che pensava di portare 300 mila persone a votare – è fallita. La leadership Pd è ancora contendibile e le primarie aperte lo dimostreranno. Oggi contiamo il voto dei 200 mila tesserati, il 30 aprile ci saranno due milioni di elettori di centrosinistra che renderanno possibile a Davide di sconfiggere Golia. Abbiamo combattuto a mani nude, finora. Non ci fermeremo”.
(da “Huffingtonpost”)
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