Febbraio 4th, 2021 Riccardo Fucile
PRIMA ORE E ORE DI DISCUSSIONE SUL PROGRAMMA, ORA E’ SUFFICIENTE LA BIOGRAFIA DI DRAGHI
Ognuno porta avanti le sue trattative politiche come preferisce. La politica, si sa, è l’arte del
possibile e le posizioni si modificano in continuazione, travolte dagli eventi.
Però, mentre il presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi si prepara ad affrontare i leader di partito, vale la pena registrare fin da subito qualche curioso atteggiamento di chi, fino a poche ore fa, berciava a tutto volume su principi che sembravano inossidabili e che invece ora sembrano dissolti.
Insomma ci tocca parlare di nuovo dei due Mattei, sempre loro, che insistono lesti nel rivendere le fanfaronate come strategia quando invece sono banalotti Giani bifronte che inseguono il proprio piccolo interesse particolare.
Matteo Renzi continua a superare se stesso. Lui e i suoi tifosi imboccati insistono per intestarsi una “vittoria” come se Mattarella fosse l’esecutore di un leader decaduto che stagna al 2% ma soprattutto nelle ultime ore è riuscito sostanzialmente a rimangiarsi tutti i “valori” su cui ha bluffato per tutta la crisi.
Proprio nel momento in cui faceva saltare il tavolo con i suoi ex alleati di maggioranza, durante il mandato esplorativo di Fico, ha ripetuto mille volte in ogni dove che non era “un problema di nomi ma di programmi”.
Con il tweet che suggellava la fine delle trattative era stato chiaro: Mes, Anpal, alta velocità , reddito di cittadinanza, scuola e Arcuri erano i temi imprescindibili su cui si consumava la rottura del governo. E, su quei temi, loro di Italia Viva non erano disposti a fare nemmeno un passo indietro, provocando piuttosto la crisi che hanno provocato.
Ora lo stesso Renzi, tutto ringalluzzito per avere eliminato l’avversario perchè per lui il potere sta semplicemente nel creare l’occasione del fallimento altrui, dice di sostenere a tutta forza Draghi in un momento in cui non si è ancora affrontato nessun punto di un eventuale programma.
Ma come? Una risposta la lascia intendere il suo compagno di partito Scalfarotto, che oggi su Twitter scrive: “Questa volta chi sia, cosa pensi, cos’abbia scritto e fatto e quali successi abbia ottenuto il prossimo PdC è noto a livello planetario. Su quella base penso che ci sia abbondantissimo materiale per votargli la fiducia”.
In sostanza i punti che prima erano insostituibili ora vengono schiacciati dalla biografia. Non male per un partito che vorrebbe stare “nel merito” delle cose.
E così alla fine accade che l’altro Matteo (Salvini) diventi un’indispensabile risorsa “europeista” per dare vita al governo che dovrebbe riportare la politica al suo punto nobile, lontana da sovranismi e populismi. Un capolavoro, davvero.
(da TPI)
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Febbraio 3rd, 2021 Riccardo Fucile
IN MANCANZA DI VOTI VIVE DI VETI, IN MANCANZA DI CONSENSI SI ACCONTENTA DI COMPENSI
Un capolavoro. Lezione di politica. Chapeau. Così descrive qualcuno la spregiudicata operazione di Matteo Renzi, l’emissario del Caos, colui che in mancanza di voti si accontenta dei veti, in mancanza di consensi si accontenta di compensi (possibilmente da riscuotere in Paesi che si affaccino sul Golfo Persico), in mancanza di ruolo si accontenta del dolo, dell’inganno con cui nasconde le sue intenzioni per poi rivelarle quando è il momento di “uccidere” il rivale.
Non lo sopportava Giuseppe Conte, Matteo Renzi. Non sopportava l’ombra a cui lo aveva costretto la pandemia. Quella posizione defilata, quel posto in ultima fila mentre il Paese e il suo governo affrontavano uno dei più grandi eventi della storia lo stavano logorando. Lui, costretto dai Dpcm di Conte a fare jogging sul tapis roulant come tutti noi, aveva resistito in silenzio fino agli ultimi giorni di aprile.
Poi, appena il bollettino dei morti diventava più rassicurante, si riprendeva già la scena. “Riapriamo, noi abbiamo avuto il lockdown più duro di tutti! Mandiamo i ragazzi a scuola, facciamo uscire di casa gli anziani dopo i giovani!” e così via, una frase ad effetto dopo l’altra, entrando in competizione col Coronavirus per chi dei due si guadagnasse più titoli sui giornali, trovando di nuovo il suo palcoscenico.
Interviste, tv, giornali, il ruolo del cinico che vuole riaprire tutto già ad aprile e un dissenso quasi unanime che nella sua testa di narcisista irrecuperabile, l’ha illuminato definitivamente: se non posso uccidere Conte e rimanere illeso, sarà omicidio- suicidio. E così ha proseguito con il suo piano limpido, feroce e grandioso, quello dei grandi vanagloriosi, che non accettano la loro fine se non contempla anche quella di chi odiano. Ha mosso bene gli scacchi, certo.
Ha mangiato le “sue” ministre e iniziato una guerra di nervi che avrebbe infiacchito qualunque avversario, ha proposto la patta fingendo che convenisse a tutti, ha atteso le mosse dell’avversario avendo già uno schema preciso in testa. Sapeva che Conte avrebbe accettato qualche compromesso, che sarebbe passato sopra qualche moto d’arroganza, ma non sotto le forche caudine.
Ha alzato l’asticella delle pretese come i grandi artisti quando non vogliono chiudere un concerto e allora chiedono cachet milionari e camerini col wc in oro zecchino finchè non gli dicono “no”, ha chiesto tutto, dal Mes alla Meb a cui affibbiare un ministero, ha preteso la testa di Bonafede su un vassoio come una Salomè un po’ meno sensuale, ha mostrato i denti appuntiti in Senato e la lingua felpata in Arabia, ha costretto Zingaretti a fingersi vivo, ha infine disarcionato Conte, lasciandosi travolgere dal suo cavallo scosso. Che si è poi tramutato nella figura epica del Drago. Una fine mitologica, a raccontarla così, che invece non ha nulla di epico.
Nessun capolavoro, nessun genio, nessun favore al paese. Solo un tatticismo arido e brutale, da cui tutti escono sconfitti, Renzi compreso. Renzi che ormai avrà per sempre la gita in Arabia e un governo fatto cadere in pandemia appiccicati addosso, Renzi che “Conte ha giocato male, non è un politico e si vede”, lo stesso Renzi che disse “Letta è un incapace” e che si ritiene sempre il migliore, nonostante quel 40 per cento trasformato in 2 per cento in sei anni. Roba che non hanno vita così breve neppure le api operaie.
Renzi che poteva contare sulla memoria corta del paese, che poteva forse ricostruire, negli anni, quello che aveva distrutto e che invece ha urgenza di esistere, di vincere le battaglie sapendo che la guerra- col suo ego impellente- non può più vincerla, che non si accontenta di neppure di far fallire le feste — come qualcuno ha detto citando Jep Gambardella — ma è ormai oltre: fa fallire i funerali. Perchè è lì, che è ancora, il Paese. Con troppi morti ancora da seppellire, un crisi economica e politica da non dormire la notte e un ego che non trova pace, se non nella guerra.
(da TPI)
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Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile
UNA DIFFERENZA C’E’: BIN LADEN CI METTEVA LA FACCIA E AGIVA PER CONTRO PROPRIO
Marco Travaglio, ospite a Mezz’ora in più — il programma su Raitre di Lucia Annunziata — ha fatto
una similitudine su Renzi come Bin Laden che, in poco tempo, è diventata virale su Twitter.
Si tratta di una delle ennesime battute provocatorie del direttore del Fatto Quotidiano, simile a tante altre che vengono puntualmente scritte nel proprio editoriale del lunedì (Ma mi faccia il piacere). Perchè, tuttavia, la sua frase è diventata virale su Twitter? Proviamo a fare l’analisi di questo fenomeno social di cui si sta parlando da qualche giorno.
La frase su Renzi pronunciata da Travaglio non sembra così centrale nel prosieguo della trasmissione e infatti passa abbastanza inosservata. Il direttore del Fatto Quotidiano dice: «Dire che Renzi è il più bravo perchè ha fatto cadere il governo è come dire che Bin Laden è più bravo perchè ha buttato giù le torri gemelle».
Lucia Annunziata cerca di tagliare corto e di riportare la discussione sul binario dell’analisi politica. Un passaggio — in verità — di pochi secondi. Perchè, dunque, è diventato così virale?
Il tutto è partito dal deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, sempre molto attivo su Twitter. Ha estrapolato un breve video della trasmissione — quello in cui Travaglio fa il paragone Renzi come Bin Laden — e ci aggiunge un ticker di grande richiamo, evidenziato in rosso (“Renzi come Osama Bin Laden”), aggiungendo l’occhiello “Su Raitre Travaglio paragona l’ex premier al terrorista”. In poco tempo, il video supera le 60mila visualizzazioni e il tweet ottiene migliaia di interazioni, tra like, retweet e risposte.
Si tratta del punto uno del fenomeno. Il resto viene fatto da altri esponenti politici di Italia Viva (altro tweet di forte impatto è quello di Anna Rita Leonardi), il che denota che la community legata al partito dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi mantiene un buon engagement su Twitter.
È un po’ l’effetto che si è creato in questi giorni in parlamento: tanti seggi alla Camera e al Senato, nonostante i sondaggi attestino Italia Viva tra il 2 e il 4%.
Nella bolla di Twitter, insomma, c’è tanto spazio per la condivisione di messaggi del partito di Renzi.
Con la parola “Bin Laden” vengono realizzati più di 7500 tweet (ovviamente, ci sono anche messaggi estranei a questo specifico fenomeno, ma tanto basta per far salire “Bin Laden” tra le tendenze).
Ma l’effetto amplificato non ci sarebbe stato se non si fosse innestato su una polemica che, sempre su Twitter, aveva tenuto banco nei giorni scorsi, a partire proprio dall’account Twitter di Michele Anzaldi, esponente anche della commissione di vigilanza Rai. Il deputato di Italia Viva, infatti, sta monitorando la presenza in televisione — ovviamente soprattutto nel servizio pubblico — di giornalisti del Fatto Quotidiano e nei giorni scorsi aveva persino ultimato l’iter di interrogazione in vigilanza grazie alla quale aveva scoperto che alcuni di questi (come, ad esempio, Andrea Scanzi) percepiscono un gettone di presenza per le loro partecipazioni ad alcuni programmi Rai.
Senza un background — come la teoria insegna — è difficile che una polemica diventi virale su Twitter. Ecco, dunque, che la frase di Travaglio può essere considerata — in questo modo — tra i temi dell’agenda politica del 1° febbraio 2021.
(da agenzia)
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Febbraio 1st, 2021 Riccardo Fucile
ORA CRITICA RENZI SULLA TESI DELL’ “ALLEANZA STRATEGICA” CON L’ARABIA SAUDITA
Nella giornata di ieri, Matteo Renzi ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera in cui parlava dell’Arabia Saudita come di un alleato strategico dell’Italia e come il vero e proprio baluardo contro il dilagare dell’estremismo islamico e del terrorismo ad esso connesso in Medio Oriente.
Questa mattina è proprio il Corriere su Renzi a tornare sui proprio passi, affidando un commento a Paolo Lepri all’interno del quale, sostanzialmente, si smentiscono le dichiarazioni che il leader di Italia Viva allo stesso giornale di via Solferino.
Nel suo editoriale di oggi, Lepri sottolinea che l’Arabia Saudita non può affatto essere considerata un alleato dell’Italia, che l’omicidio Kashoggi pesa su qualsiasi contatto diplomatico e che, proprio in questa ottica, la decisione del nostro governo di bloccare l’esportazione di armi verso il Paese si sposa con quella di altri alleati occidentali che hanno fatto lo stesso nelle settimane precedenti.
Insomma, si lascia parlare a braccio il leader di Italia Viva nel corso di una lunghissima intervista, mentre il giorno dopo lo stesso quotidiano è costretto a contestualizzare, quasi a “smentire” le posizioni espresse da Renzi all’interno di quella stessa intervista a cui ha lasciato così tanto spazio.
Quello che abbiamo registrato oggi, dunque, sembra essere un piccolo corto circuito del giornalismo nostrano: lasciare che gli intervistati parlino senza un opportuno contraddittorio fa correre il rischio del commento del giorno dopo.
Ma quanti avranno letto quest’ultima posizione di Lepri rispetto alla più ampia diffusione avuta dall’intervista di Renzi?
(da agenzie)
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Gennaio 26th, 2021 Riccardo Fucile
RENZI HA UN ACCORDO CON UN ORGANISMO CONTROLLATO DAL FONDO SOVRANO SAUDITA PER 80.000 DOLLARI L’ANNO
Mentre in Italia si apriva una crisi di governo che lui stesso ha innescato, il leader di Italia Viva
Matteo Renzi era in Arabia Saudita per partecipare a una conferenza sull’innovazione.
Lo rivela in esclusiva il quotidiano Domani. Alla notizia delle dimissioni del premier Conte, Renzi — si legge nell’articolo di Emiliano Fittipaldi — “è dovuto tornare in fretta e furia a Roma per le consultazioni”.
Da quanto si apprende, il leader di Italia Viva aveva avvertito i suoi fedelissimi tre giorni fa: “Sto tutta la settimana fuori per cose importanti, torno solo al volo se bisogna votare la relazione sulla giustizia di Alfonso Bonafede”.
Renzi avrebbe abbandonato Riad nella notte per tornare a Roma: un cambio di programma per il senatore che in Arabia Saudita indossava vesti ben più importanti di quelle del semplice conferenziere.
“Il programma prevedeva che Renzi presenziasse a una conferenza organizzata dall’FII Institute, un organismo controllato dal fondo sovrano saudita, il Saudi public investment Fund (Pif).
Un meeting sul tema degli investimenti innovativi necessari al mondo post-Covid 19, previsto per domani e dopodomani, 27 e il 28 gennaio. Appuntamento a cui Renzi doveva partecipare in presenza perchè da qualche mese non è più un semplice conferenziere, ma siede, appunto, in uno degli advisory board (sorta di comitato consultivo) dell’ente di Stato”, riporta Domani.
Nonostante il rientro anticipato, Renzi potrà comunque prendere parte alla conferenza saudita, collegandosi semplicemente da remoto.
La partecipazione del senatore toscano alle conferenze saudite — secondo quanto riporta Domani — deve essere sempre garantita (in presenza o da remoto) e assicura a Renzi un gettone di circa 80mila dollari l’anno.
Secondo le indiscrezioni raccolte da Domani, e confidate al quotidiano da un fedelissimo che ha deciso di restare anonimo, Renzi darebbe ai sauditi soprattutto consigli tecnici “su come usare la cultura nelle città , che è un possibile driver del cambiamento del paese mediorentale”.
Il ruolo dell’ex premier nel comitato consultivo dell’istituto è ormai “di tutto rilievo”, tanto che il nome con rimandi fiorentini dell’edizione di quest’anno dell’FII, “The Neo-Renaissance”, l’avrebbe suggerito proprio lui.
(da TPI)
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Gennaio 23rd, 2021 Riccardo Fucile
SONDAGGIO PAGNONCELLI: LA CRISI GENERATA NON FA BENE AL LEADER DI ITALIA VIVA… IL GRADIMENTO AL GOVERNO AUMENTA DI 2 PUNTI, QUELLO PER SALVINI CALA DI 2
Matteo Renzi resta ultimo in classifica per indice di gradimento degli italiani. Il sondaggio di
Nando Pagnoncelli per il Corriere della Sera mostra come la crisi non abbia portato grande popolarità al leader di Iv anche perchè continua a restare altissima la percentuale degli italiani che non capisce il perchè della rottura della maggioranza di governo: ben il 42 per cento.
L’indice di gradimento del governo (51) è aumentato di due punti in una settimana, più per la capacità di tenuta dell’esecutivo che per provvedimenti specifici adottati, quello per il premier si mantiene stabile a 56.
In questa fase tumultuosa il gradimento dei leader fa segnare poche variazioni superiori a un punto percentuale, a partire da Speranza (indice 38, in crescita di 3 punti rispetto a dicembre), il cui apprezzamento solitamente aumenta al crescere della preoccupazione per il Covid.
A seguire in graduatoria Giorgia Meloni (35, in crescita di 1) poi, con lo stesso valore (29), Salvini (in calo di 2 punti), Zingaretti (stabile) e Franceschini (+2), quindi Berlusconi (+1) e Calenda (-1), appaiati a 27.
Da segnalare l’aumento di 3 punti di Bonafede la cui relazione sulla giustizia verrà votata in parlamento la prossima settimana, presumibilmente non senza tensioni, dopo l’annunciato voto contrario di Iv.
Infine, Renzi fa registrare l’aumento di un punto (12), senza tuttavia abbandonare l’ultima posizione.
(da agenzie)
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Gennaio 20th, 2021 Riccardo Fucile
L’ASTENSIONE NON E’ STATA UN GENTILE OMAGGIO DI RENZI A CONTE, MA UN COMPROMESSO PER SALVARE IL GRUPPO PARLAMENTARE
Ieri Matteo Renzi è intervenuto al Senato iniziando il suo discorso con “Signor presidente, se lei parla di crisi incomprensibile, le spiego le ragioni che hanno portato la nostra esperienza al termine. Il suo non è il governo più bello del mondo: pensiamo ci sia bisogno di un governo più forte, non pensiamo possa bastare la narrazione del “gli altri Paesi ci copiano”. Non è stata aperta ancora una crisi istituzionale perchè lei non si è dimesso”.
In tanti, in quel momento, hanno pensato che alle parole così dure contro il premier sarebbe seguito il No alla fiducia di Italia Viva.
Non è andata così. Perchè?
Il leader di IV mentre guardava “negli occhi il Presidente del Consiglio” attaccava : “L’Italia è il Paese messo peggio al mondo sull’economia. L’Italia è il Paese al mondo con il peggior rapporto fra popolazione e decessi per Covid, occorre investire in sanità , farlo meglio e farlo adesso. Abbiamo il record negativo nella crisi educativa e scolastica: non se ne parla mai in modo compiuto, ma il dato di fatto e’ che l’Italia ha mandato i suoi ragazzi a scuola meno degli altri paesi in Europa. Questi tre record negativi sono macigni di cui lei non ha parlato, signor Presidente, nel suo discorso“.
Eppure i senatori di IV, sotto l’indicazione del loro capo, si sono astenuti. Il motivo viene spiegato bene su oggi su Repubblica da Emanuele Lauria che racconta che nonostante i molti falchi che avrebbero voluto metterci la faccia dopo che Conte nel suo discorso alla Camera aveva spiegato senza mezzi termini di voler voltare pagina Renzi ha preferito ripiegare su un’astensione tattica per frenare le defezioni che si sarebbero potute creare nel gruppo parlamentare:
L’ex premier ha comunque preferito evitare spaccature nel gruppo, o defezioni dell’ultima ora da sommare a quella di Riccardo Nencini, il socialista che ha dato il simbolo a Iv, e che in extremis ha votato sì, differenziandosi dai colleghi. E sul no non sarebbero mai andati Eugenio Comencini («L’astensione è l’unica posizione che ci consente di riannodare i fili del dialogo e del confronto coi nostri colleghi di maggioranza») e Leonardo Grimani: «Grazie all’astensione la posizione del gruppo è granitica». Affermazione, quest’ultima, suffragata dalla conta in aula. E i 16 senatori di Renzi (al netto di Nencini e con Marino assente per Covid) hanno fatto la differenza a favore di Conte. Se fosse passata la linea del no la partita sarebbe finita pari: 156 a 156. «Assurdo», commenta un senatore di Iv che avrebbe voluto fare cadere il premier.
“I nostri no, uniti a quelli del centrodestra impediranno a Conte di raggiungere anche la maggioranza relativa” spiegava qualche senatore.
L’incertezza però è durata il tempo della prima chiama, che Italia Viva ha saltato. Poi ci ha pensato Renzi a confermare l’astensione mentre scagliava strali contro il Presidente del Consiglio. Insomma Italia Viva è stata più dura a parole che nei fatti. E non per rispetto o generosità , ma per non perdere posizioni che sarebbero potute andare a favore del Premier.
La tattica darà i suoi frutti anche nei prossimi giorni o qualche parlamentare di Italia Viva preferirà appoggiare la maggioranza?
(da NextQuotidiano”)
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Gennaio 20th, 2021 Riccardo Fucile
LA SPALLATA NON E’ RIUSCITA E RISCHIA IL DISFACIMENTO DEL GRUPPO
È stata — ed è — una partita complicata, che si è chiusa oltre il tempo regolamentare, con una
proclamazione sospesa e un finale thrilling. Ma, alla fine, Mattei Renzi ha perso la sua sfida.
In un’Aula arroventata, dopo la zuffa, la gazzarra, le urla, le polemiche sul computo del risultato, e addirittura dopo la moviola sul voto sul filo di lana del Senatore ex grillino Lello Ciampolillo, la spallata non è riuscita
La scena dei segretari d’Aula che rivedono i video mentre la presidente del Senato Elisabetta Casellati attende per proclamare l’esito finale per un quarto d’ora è un fotogramma cult: una contaminazione quasi grottesca fra la lingua della politica e l’estetica del Var. E poi c’è addirittura il sottofinale: quello che si rivela quando si scopre che dopo Ciampolillo — ammesso in extremis perchè è arrivato alle 22.14 — ha votato anche Riccardo Nencini (si potrebbe dire ai supplementari) e che entrambi hanno votato sì.
Ora, come è ormai noto ai lettori, Nencini non è uno qualunque: è il proprietario del simbolo che ha permesso a Renzi di costituire il suo gruppo alla Camera. Il che significa che, da domani, Renzi e i suoi potrebbero ritrovarsi come degli abusivi e parcheggiati al gruppo misto.
Il risultato finale del governo, che durante la sospensione era fermo a quota 154, migliora perchè con questi due ultimi voti sale a quota 156, molto più della maggioranza richiesta (la metà di chi ha espresso un voto): quindi, tolti i 16 astenuti (tutti renziani) i no si sono fermati a quota 140.
Come abbiamo scritto prima del voto, l’uomo di Rignano ha perso la sua sfida per un motivo bel preciso: se l’è giocata fino all’ultimo, ma forse è stato battuto peggio di come si poteva immaginare alla vigilia, e non solo per un fattore aritmetico. Per mandare a casa Conte, Renzi aveva bisogno di fare e in modo che il governo finisse in minoranza.
Ha fatto di tutto, a provato a giocare d’astuzia ma non c’è l’ha fatta. Se avesse vinto si apriva lo scenario di un nuovo governo, di cui lui diventava antipaticamente king maker e potenziale azionista. Non ce l’ha fatta, e ora il governo lavorerà per rafforzare se stesso. Dal punto di vista Costituzionale la legittimità di un governo che ha la fiducia delle Camere è inattaccabile.
Ed è per questo che Conte, avendo superato la prova, ha un secondo round a disposizione: dopo questo (che ha vinto) il prossimo, che già si prepara da oggi. Renzi — invece — di carta ne aveva comunque una sola.
Il presidente del Consiglio, una volta incassata la fiducia continua a governare. E sceglie lui se provare la strada di un nuovo governo per puntare alla maggioranza assoluta: non ha bisogno (come scrive erroneamente qualcuno) di concordare una via con nessuno, in questo caso nemmeno con il Quirinale.
Ha vinto in aula, e per la seconda volta: un anno e mezzo fa con uno dei Mattei, stasera con il secondo. Per essere un dilettante se l’è cavata abbastanza bene. Questa sconfitta di Renzi, invece, è frutto di una grande debolezza: quella di aver fatto un discorso di condanna totale, con toni e temi vicini a quelli del discorso di Matteo Salvini, ma di essersi poi dovuto poi rifugiare nell’astensione, per il rischio di spaccatura di cui abbiamo parlato.
Il governo, invece, dopo aver raccolto la stessa maggioranza relativa con cui altri esecutivi hanno governato per anni (esempio illustre quello di Azeglio Ciampi) ha tutta la possibilità di scegliere il nuovo arredamento della nuova maggioranza di Palazzo Chigi: può decidere se fare un rimpasto o meno.
Oppure se tentare la strada del “ter” (il terzo governo), eventualmente allargando la sua maggioranza ad altre forze, con un nuovo patto di governo. La sua partita si gioca in due round perchè tutti quelli che volevano contrattare sono rimasti alla finestra, in attesa di questa fase. Ci sono nuove maggioranze politiche — volendo — sul mercato.
Renzi invece adesso è in un luogo per lui molto scomodo: all’opposizione con Salvini e con la Meloni. E ci si ritrova con una pattuglia di parlamentari che, però, sono eletti prevalentemente nel centrosinistra. Un vero trasformista al Senato c’è e — a ben vedere — è proprio lui.
(da TPI)
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Gennaio 17th, 2021 Riccardo Fucile
“GIUSTE LE CRITICHE ALL’ESECUTIVO MA LA POLITICA DEVE CERCARE SOLUZIONI”
Non è compatta Italia Viva alla Camera. E dopo l’addio di De Filippo, che lascia i renziani e torna al Pd, arriva lo strappo di Michela Rostan.
La deputata di Iv ha annunciato che non voterà come gli altri deputati del suo partito, ma accorderà la fiducia al premier: “Ho deciso di votare la fiducia al governo Conte. Lo faccio perchè tra la critica al governo e la crisi di governo c’è una grande differenza, e la differenza si chiama politica, cioè ricerca delle soluzioni, tentativo di intesa. Era giusto – come fatto – incalzare il governo nei suoi punti deboli, nelle incertezze e negli errori compiuti nella gestione della pandemia, sia quella sanitaria sia quella sociale ed economica; era giusto chiedere un maggiore impegno, una maggiore collegialità , un maggiore rispetto delle regole democratiche. Ma la crisi, no. Ritirare i ministri, quindi ritirare la fiducia al governo e aprire una crisi al buio, in un momento storico come questo, appare una scelta troppo severa e troppo precipitosa”.
(da agenzie)
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