COME SI VINCE UNA CAMPAGNA ELETTORALE? LO SPIEGA IL COORDINATORE DEI SOCIAL DI TRUMP
ACQUISTO DI DATABASE DEGLI ELETTORI E CONCESSIONE DEI BIG DATA DEI SOCIAL NETWORK: SPESA 100 MILIONI DI DOLLARI… C’E’ UN PARTITO ITALIANO CHE HA FATTO UN CONTRATTO MILIONARIO
Brad Parscale, il coordinatore dei social di Trump nelle presidenziali, non ha dubbi: si prende un libretto degli assegni e se ne stacca uno da 100 milioni di dollari per Facebook e, in proporzione, per Twitter e Google e si danno le istruzioni che questi service provider eseguiranno disciplinatamente.
Le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi al supplemento Affari e Finanza di Repubblica del regista della campagna elettorale digitale del presidente americano non lasciano spazio alle illazioni e tanto meno alle fake news.
Parscale, che tra l’altro ci toglie ogni illusione sulla complicità di Marx Zuckerberg, notando come sia stato difficile che i dirigenti del social network non si fossero accorti di una commessa da 100 milioni di dollari, spiega dettagliatamente come si costruisce un implacabile grafo sociale che coinvolga esattamente gli elettori che si vogliono raggiungere: stato per Stato, città per città , strada per strada.
La sovrapposizione di flussi di big data provenienti da social e da data base locali, acquisiti non si precisa con quale tecnica se non con lo stesso libretto degli assegni, permette di identificare individualmente ogni singolo elettore e raggiungerlo, proprio mentre sta maturando la sua decisione di voto con una rete di volontari che fisicamente battono alla sua porta, sapendo perfettamente non solo cosa pensi ma come parla il loro interlocutore.
La tesi di Parscale viene poi resa ancora più inquietante da un’altra intervista impari proprio di fianco: a Alexander Nix, amministratore delegato di Cambridge Analytica, la tenebrosa società britannica che supportò lo stesso Trump nella strategia elettorale.
Nix, anche lui senza nessuna contorsione o imbarazzo, descrive chiaramente la mossa vincente del presidente americano: essersi assicurato, anni prima, il più completo e ricco database con i profili di 230 milioni di elettori, con il quale grazie alla concessione dei big data da parte dei social network che erano stati pagati profumatamente, è stato possibile elaborare quelle che lui chiama esotericamente “psicometriche”, con le quale influenzare esattamente quel tipo di elettori che si volevano conquistare, negli stati strategici, nelle contee in bilico.
Siamo dunque a una svolta del gioco elettorale e della stessa democrazia così come l’abbiamo fino a ora conosciuta: più ancora degli interessi materiali, come aveva già previsto Manuel Castells, nella società iperconnessa contano gli stati d’animo, anzi conta la capacità di determinare significati dell’immaginario, scriveva il sociologo catalano. Quella lezione, del tutto snobbata da una sinistra che lungo tutto il Novecento, forse inconsapevolmente, riuscì a stare in campo proprio per la sua capacità di imporre significati nell’immaginario collettivo, è stata invece assimilata e adeguata proprio dalla squadra del miliardario reazionario divenuto presidente.
La disponibilità di flussi inesauribili di dati individuali, creati ed elaborati da algoritmi esclusivi determinano una potenza di condizionamento che la tv non poteva nemmeno vagheggiare.
A questo punto il tema è: una potenza di tale impatto e squassante condizionamento può rimanere privata e proprietà a disposizione solo di chi paga di più?
La stampa, la tv, ma persino il denaro sono stati come potenze sociali sottoposte a regole e vincoli di trasparenza.
La questione non è solo accademica ormai. Infatti il vero messaggio aggiuntivo che l’intervista al nostro mister Nix di Cambridge Analitica ha diffuso era che il personaggio è stato contattato mentre era in Italia.
Che si faceva nel nostro paese in piena vigilia elettorale?
Sembra che un non meglio partito italiano abbia siglato con la sua società un contratto milionario per l’assistenza dell’imminente consultazione elettorale.
Siamo dunque, anche nel nostro paese, al combinato disposto fra libretto degli assegni e algoritmi. Vince chi usa di più e meglio i due strumenti.
Poi fra qualche anno faremo qualche bel convegno sul come e con chi furono vinte le elezioni del 2018.
A meno che qualcuno, come mostra di fare l’Agcom, l’authority delle comunicazioni, dia segni di permanenza in vita e provi addirittura a essere contemporanea agli eventi, imponendo un osservatorio sulle strategie non pubbliche della comunicazione politica.
(da “Huffingtonpost”)
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