CONGO, ITALIANI LADRI DI BAMBINI
MINORI SOTTRATTI AI GENITORI PER DARLI A FAMIGLIE ITALIANE: IL LATO OSCURO DELLE ADOZIONI INTERNAZIONALI
Una rete di trafficanti insospettabili ha cercato di far entrare in Italia bambini sottratti ai loro genitori in Congo.
I casi dimostrati sono almeno cinque: le loro sentenze di adozione li dichiarano orfani, ma hanno famiglie che li reclamano.
L’indagine avviata dalla Commissione per le adozioni internazionali (Cai), cioè l’autorità di controllo della Presidenza del Consiglio su enti e procedure di adozione, ha un seguito ancor più sconvolgente.
L’organizzazione in Africa ha potuto operare grazie alle presunte coperture e alle omissioni dei vertici dell’associazione “Aibi — Amici dei bambini” di San Giuliano Milanese.
Secondo le segnalazioni raccolte, i responsabili di Aibi non hanno denunciato quanto sapevano, hanno fornito informazioni non corrispondenti al vero. E, attraverso i loro assistenti locali, avrebbero addirittura ostacolato la partenza per l’Italia di decine di bimbi, mettendo così a rischio il trasferimento di tutti i centocinquantuno minori già adottati in Congo da famiglie italiane
L’inchiesta di copertina “Ladri di bambini”, su “l’Espresso” è stata realizzata grazie a una fonte interna ad Aibi, a contatti diretti con la capitale Kinshasa e a un lavoro di ricerca sui documenti dell’associazione cominciato nel dicembre 2012.
Ne esce un racconto agghiacciante come la trama di un film horror.
Nel tentativo di fermare l’indagine della Cai, diciotto bambini tra i 3 e i 13 anni, già adottati da genitori italiani e quindi con cognome italiano, vengono tenuti in ostaggio per un anno e mezzo, fino al 29 maggio scorso, in due orfanotrofi a Goma nella regione più pericolosa nell’Est del Paese africano.
Una bambina, Amini, 9 anni, figlia adottiva di una coppia di Cosenza, scompare nel nulla.
Altri piccoli sono vittime dell’attacco di un commando che tenta di rapirli e vengono portati al sicuro soltanto dopo lunghe trattative.
Un affidatario congolese che su richiesta della Commissione adozioni della Presidenza del Consiglio e su mandato dell’autorità giudiziaria locale ha messo in salvo quei bambini, come ritorsione viene arrestato su ordine del presidente del Tribunale dei minori di Goma: lo stesso giudice che Aibi, nelle comunicazioni interne, indica come proprio partner.
Durante la detenzione l’affidatario subisce torture: lo immergono in una buca con gli escrementi della prigione, lo picchiano e gli ustionano i genitali.
Altri due incaricati della Cai nelle delicate trattative, due consulenti giuridici, vengono arrestati e a loro volta minacciati di torture per essersi interessati al rilascio dei bambini.
Una suora, anche lei impegnata nei contatti per la liberazione dei piccoli ostaggi, è accusata dallo stesso giudice-partner di Aibi di traffico di minori. Accuse false, ovviamente.
Il presidente-padrone di Aibi, Marco Griffini, 69 anni, un ex sondaggista di mercato e fervente cattolico, dal mese di giugno 2014 quando probabilmente intuisce di essere sotto indagine, comincia la sua guerra personale contro la presidente della Commissione per le adozioni internazionali, il magistrato di lungo corso Silvia Della Monica.
Per due anni Griffini insulta il suo operato e spinge alcuni genitori adottivi a protestare davanti a Palazzo Chigi, inducendo così numerosi parlamentari a presentare interrogazioni al governo per chiedere che la scomoda presidente della Cai sia rimossa.
Tra i più attivi, i senatori Carlo Giovanardi e Aldo Di Biagio, sicuramente all’oscuro dei pesanti retroscena.
Il risultato più stupefacente è che Griffini ha (apparentemente) vinto la sua guerra. Giovedì 9 giugno, proprio quando gli ultimi diciotto bambini tenuti in ostaggio stanno finalmente partendo dalla capitale Kinshasa per l’Italia, una manina con una coincidenza fin troppo sospetta fa firmare al premier Matteo Renzi il decreto di revoca delle deleghe di presidente al magistrato Della Monica, confermata solo come vicepresidente della Cai.
Un missile che, appena qualche ora prima, avrebbe abbattuto tutta l’operazione di salvataggio: se fossero ancora a terra in Congo, i piccoli dovrebbero aspettare altre settimane perchè la nuova presidente, il ministro Maria Elena Boschi, ricominci daccapo la trafila burocratica delle autorizzazioni.
Un tempismo spietato contro il magistrato che sta ancora indagando e che, grazie a due anni di lavoro paziente e riservato, è riuscita a far liberare tutti i bambini tenuti in ostaggio.
Fabrizio Gatti
(da “L’Espresso”)
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