COSI’ I PARLAMENTARI FANNO LA CRESTA SUI PORTABORSE: DUE TERZI SONO PAGATI IN NERO
OGNI DEPUTATO PRENDE 3.600 EURO PER ASSUMERE UN COLLABORATORE, MA SOLO UN TERZO FA UN CONTRATTO REGOLARE… SOLITAMENTE PAGANO IN NERO 1.000 EURO E SI TENGONO IL RESTO DELLA SOMMA
Ce n’è uno che ha dovuto scrivere le partecipazioni di nozze per conto del suo onorevole, prossimo al matrimonio.
Ce n’è un altro che ha supervisionato l’allaccio delle utenze nella casa romana del parlamentare, prima che fosse inaugurata.
E ce n’è un terzo che viene spedito ogni giorno a fare la spesa, con la lista delle vivande da acquistare scritta dalla moglie del senatore.
E poi c’è chi si ribella.
Come il misterioso “SpiderTruman” – pseudonimo di un sedicente ex portaborse che ha raccolto centinaia di migliaia di seguaci raccontando su Facebook piccoli e grandi privilegi dei parlamentari.
Tecnicamente i portaborse si chiamano “collaboratori parlamentari”, da non confondersi con gli “assistenti parlamentari” che sono dipendenti della Camera e del Senato, insomma i “commessi” con la coccarda tricolore al braccio.
I “collaboratori” invece sono figure indefinite, prive di un vero riconoscimento e inesistenti dal punto di vista dell’inquadramento professionale.
E pertanto soggetti spesso ad abusi ed angherie.
Come quelli denunciati nel 2009 da Celestina, già portaborse della parlamentare del Popolo delle Libertà , Gabriella Carlucci, che dopo anni di sfruttamento si è rivolta alla magistratura e ha vinto: la Carlucci è stata condannata a risarcire la ex collaboratrice che – pur svolgendo di fatto mansioni da dipendente — riceveva un rimborso di soli 500 euro mensili, rigorosamente in nero.
E così adesso un altro portaborse ha deciso di seguire le tracce di Angelina: è uno dei collaboratori di Domenico Scilipoti, che si è appena rivolto all’Ispettorato del Lavoro, per denunciare – presentando una cospicua mole di documenti – le pessime condizioni di lavoro e il misero trattamento economico ricevuto dal suo ex capo.
Ma per un paio di portaborse che si rivolgono alla magistratura, tutti gli altri tacciono. O parlano in modo riservato con Emiliano Boschetto, che si è assunto la briga di provare a risolvere i problemi quotidiani dei suoi colleghi ed è ora portavoce del Co.Co.Parl., il coordinamento dei collaboratori parlamentari.
Spiega Boschetto: «Ogni deputato prende, in busta paga, 3.690 euro sotto la voce “fondo spese rapporto eletto-elettore”.
Questa cifra viene erogata dalla Camera indipendentemente dalla rendicontazione della spesa che il parlamentare ne fa.
E’ questa la voce cui teoricamente attingono i parlamentari per coprire le spese dello staff.
Ma la media dei compensi dei collaboratori parlamentari è di circa mille euro mensili lordi, quindi esiste di fatto un gap fra quanto intascato dai parlamentari e la cifra realmente destinata al collaboratore.
Molti onorevoli dicono di utilizzare gli altri 2.600 euro per tenere in attività le loro segreterie sul territorio, ma quasi sempre è una balla, anche perchè con l’attuale legge elettorale il rapporto locale fra l’eletto e gli elettori è molto blando».
Ma i problemi non sono finiti: «L’altro punto da sottolineare», dice Boschetto, «è che quella voce in busta paga viene erogata indipendentemente dall’intercorrere o meno di regolari contratti di lavoro tra il collaboratore ed il parlamentare».
In altre parole, il deputato si prende tutti i 3.600 euro, poi però non è tenuto a fare un contratto a nessuno, se non vuole.
Infatti alla Camera dei Deputati – i dati del Senato non sono noti – solo un terzo dei collaboratori parlamentari ha un regolare contratto.
Gli altri, tutti pagati in nero.
In pratica, due terzi dei parlamentari violano le leggi sul lavoro e sono correi di evasione fiscale.
Per i portaborse non avere un contratto regolare non è solo un problema economico.
E’ anche un ostacolo pratico, perchè senza contratto non viene loro dato alcun badge di ingresso alla Camera, quindi tutte le mattine sono fatti entrare come “ospiti”.
Senza dire che non tutti i badge sono uguali: «C’è quello bianco, ambitissimo, che consente di entrare ovunque, anche in Transatlantico, tranne che in aula. Quello verde invece non consente l’accesso al Transatlantico e quello marrone vale solo per la sede dei gruppi parlamentari», spiega Gianmario Mariniello, collaboratore di Italo Bocchino.
Cristina Cucciniello
(da “L’Espresso“)
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