CRISI DI GOVERNO IL SALVACONDOTTO DI BERLUSCONI PASSA DA LETTA
LA STRATEGIA È QUELLA DI POLITICIZZARE LA QUESTIONE DELLA DECADENZA
Da ieri la strategia mediatica del centrodestra — cioè la costruzione del martirologio di Silvio Berlusconi — s’è arricchita di un nuovo, decisivo particolare.
Come si fa, infatti, a influenzare il discorso pubblico così in profondità da cancellare una condanna e le sue conseguenze?
Come si fa a costringere Giorgio Napolitano e lo stesso premier a intervenire in soccorso di un capo politico con cui hanno stretto un patto per gestire il paese?
Semplice: una bella crisi di governo, la carta coperta della mano di poker che Silvio Berlusconi vorrebbe giocarsi nei prossimi giorni.
Piccola avvertenza: l’anziano leader non ha ancora deciso, oscilla tra la rabbia e la rassegnazione, influenzato di volta in volta dagli ospiti che arrivano nel suo bunker e dagli sbalzi del suo umore, dagli interessi di famiglia che lo vorrebbero ai domiciliari in attesa di grazia e il senso di sè che non ammette sconfitta.
Il nostro non è lucido, raccontano stupiti anche nel suo partito, e questo vuol dire che non sa bene qual è il punto d’arrivo del suo azzardo.
Le ipotesi sono solo tre e almeno due non piacevoli per l’autorecluso di Villa San Martino.
IL PD VEDE IL BLUFF
Nè Guglielmo Epifani, nè Enrico Letta, nè alcun altro membro (in attività ) del Partito democratico ha lasciato spiragli a Silvio Berlusconi sulla decadenza da senatore.
Anzi, ancora ieri il segretario ha ribadito che la legge Severino “non presenta profili di illegittimità ” e verrà dunque applicata.
Secondo calcoli dello stesso centrodestra, la Giunta ci metterà non più di un mese. Già lunedì prossimo, però, il Pdl potrebbe annunciare l’uscita dalla maggioranza per forzare la mano al Quirinale e allo stesso Enrico Letta: trovate il modo di aiutarmi.
Difficile che ottenga soddisfazione visto che il perimetro per un intervento del capo dello Stato gli è stato già spiegato con apposita nota: deve ritirarsi.
Potrebbe Berlusconi accontentarsi di qualche gesto formale che ne riconosca il ruolo politico mentre viene cacciato da palazzo Madama?
Difficile, ma non impossibile: molte sono le ragioni, soprattutto economiche, che lo spingono a chinare il capo. D’altra parte non avrebbe più nè credibilità , nè peso politico.
IL LETTA BIS
“Se ce lo chiede andiamo all’opposizione”, diceva ieri qualche pidiellino in Senato. Molti sono convinti che a tirare troppo la corda finirà proprio così: se Silvio gli toglie la fiducia, Enrico Letta si presenterà in Senato e tra sinistra, montiani, ex grillini e traditori del Pdl otterrà i voti necessari per restare a palazzo Chigi almeno tutto il 2014: “Sono ottimista sulla durata del governo”, scolpiva ieri il premier.
Per il nostro sarebbe un mezzo disastro: addio ad ogni potere di ricatto sul governo e addio pure all’effetto sugli elettori del martirologio e del lancio della nuova Forza Italia.
CRISI AL BUIO E VOTO
È l’unica opzione — se sono veri e affidabili i sondaggi che galvanizzano il Cavaliere in questi giorni — che potrebbe dargli la sferzata energetica di cui il nostro ha bisogno per funzionare. Portare la minaccia della crisi fino in fondo, blandire e bloccare i possibili transfughi, bloccare la situazione come fu per il dopo-Prodi nel 2008.
Più d’uno, peraltro, specialmente tra i falchi del Pdl, è convinto che i democratici non vedano l’ora di andare a votare per trovare una via d’uscita indolore ai loro problemi interni: Matteo Renzi potrebbe fare quel che gli interessa, il candidato a palazzo Chigi, e il partito rimarrebbe appannaggio dei tradizionali capibastone.
C’è il problema che Berlusconi sarebbe comunque incandidabile, ma la possibilità di far saltare il banco per l’ultima volta con una vittoria elettorale a Porcellum in vigore potrebbe spingere il Cavaliere a scommettere tutto.
Marco Palombi
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