DE RITA: “NON PERCEPISCO ENTUSIASMO PER LA MELONI”
“SUI SOCIAL I POLITICI SONO PRIGIONIERI DELL’OPINIONE, NON LA GESTISCONO”… “L’OPINIONE INFIAMMA, CREA GRANDI SCONTRI, MA ALLA FINE NON MOBILITA”
In una intervista a Repubblica il professor Giuseppe De Rita l’onda meloniana la vede così: “Vedo accondiscendenza. Siccome c’è, vada pure avanti. Nella ronda della politica italiana forse è il suo turno, ma non percepisco entusiasmo per Meloni”.
La disamina per il resto è tagliente, anche se De Rita è categorico sull’andare a votare: “Mai saltato un voto. Lo considero un dovere morale, disapprovo la logica del me ne frego o del tanto sono tutti uguali. Non sono solito decidere negli ultimi giorni, ma non ho mai dichiarato il voto e non comincerò ora”.
Il panorama e quello che c’è in giro, anche per il professore non è molto esaltante:
“La nostra campagna elettorale è una litigata quotidiana su chi offre più tutele ai cittadini. Ti diamo questo, io ti do di più, allora io rilancio – dice a Repubblica-. Manca del tutto la capacità di andare oltre. Nell’America del Vietnam i cantanti dicevano we shall overcome, andare oltre. Nelle società dinamiche e moderne ai leader serve il coraggio di non limitarsi a tutelare ma esplorare, provare, rischiare. È come la differenza tra montanari e marinari. Per carità, intelligentissimi i montanari, ma la montagna che occlude la vista li porta solo a pensare a tenere in ordine il loro ambiente, chi sta sul mare ha un’altra prospettiva. Ecco, i nostri leader sono molto montanari. E poi sono invischiati nella pari merito”. Ovvero, “uno vale uno l’hanno teorizzato i grillini, ma è una realtà che esiste anche in altri partiti. Cosa è il Pd se non un invaso di gente a pari merito? – osserva De Rita- Letta può essere il più colto, o il più esperto di politica internazionale, ma intorno a sé ha gente che di fatto sta nel gioco al pari suo. È sempre il tema dell’andare oltre, dell’uscire dalla mischia. Altrimenti i leader sono come giocatori di biliardo che tirano solo di rinterzo. Non diventeranno mai trascinatori di folla”.
Il punto per il professore è proprio qui.
“Io sono abbastanza vecchio per ricordarmi quando nella Prima Repubblica c’è chi diceva basta con le ideologie, basta con i grandi partiti, servono i partiti d’opinione. La Malfa fu il primo. Era una proposta intrisa di cultura azionista, che puntava alla gestione dell’opinione pubblica. Purtroppo ci siamo arrivati eccome, alla cultura d’opinione, in una forma degradata. Guardi i social, i politici sono prigionieri dell’opinione, non la gestiscono. L’opinione infiamma, crea grandi scontri, pensi solo alla diatriba sui vaccini o sulla guerra, ma alla fine non mobilita. Perché l’opinione basta a sé stessa: mi leggo il giornale, mi guardo il talk, litigo su Twitter, e mi fermo là”.
In ultimo la critica alle leggi elettorali, in parte causa della disaffezione.
“Hanno fatto leggi che espropriano l’elettore della possibilità di scegliere i parlamentari. Qui c’è di mezzo un imbroglio, quello della governabilità. Quante volte ci siamo sentiti dire che serviva una legge elettorale che stabilisse la sera stessa delle elezioni chi doveva governare? La governabilità è stata una parola d’ordine generale e non mi stupisce perché è una tematica tipicamente d’opinione”. Governabilità che poi, non c’è mai stata.
(da agenzie)
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