DIETRO IL MEA CULPA DI LA RUSSA SU VIA RASELLA C’E’ STATA UNA TELEFONATA CON LA MELONI CHE LO HA INVITATO A “STARE PIU’ ATTENTO”
LA PREMIER È INFURIATA PER LE GAFFE DEI SUOI, AD INIZIARE DA RAMPELLI… DENTRO FORZA ITALIA SI PARLA DI PAROLE “INDEGNE” PER CHI RICOPRE LA SECONDA CARICA DELLO STATO. E LA LEGA DA’ LEZIONI DI ANTIFASCISMO A LA RUSSA
Le prime scuse, appena borbottate, ancora abbozzate senza troppa convinzione, arrivano dopo una telefonata con Giorgia Meloni già la sera di venerdì, dopo il lungo colloquio della premier con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Non è una semplice coincidenza. Ignazio La Russa oggi è la seconda carica dello Stato, lontanissimo però dalla sensibilità che il suo diretto superiore ha sempre mostrato sulla Costituzione fondata sull’antifascismo.
Il presidente del Senato così si sente ripetere l’ovvio anche da Meloni: che quanto ha sostenuto, avventurandosi nel revisionismo storico dei fatti di via Rasella, è sbagliato, non solo perché ha un effetto traumatico su un luogo sacro della Resistenza, ma perché è frutto di un’omissione.
Non erano una semplice banda di suonatori di Bolzano, le vittime dell’agguato partigiano, ma un gruppo di nazisti. Meloni gli chiede di rettificare.
Meloni e La Russa hanno un legame strettissimo. In fondo, sulla lettura della storia del Duce e del Ventennio la pensano allo stesso modo. E lo prova il fatto che le gaffe del vecchio colonnello di Fratelli d’Italia nascono per giustificare, in qualche modo, le dichiarazioni che aveva rilasciato la leader sulle Fosse Ardeatine, a sua volta omettendo che le vittime non furono trucidate perché italiane, come rappresaglia a seguito dell’attentato di via Rasella, ma scelte in quanto ebrei, dissidenti politici, oppositori.
Meloni chiede a La Russa di stare «più attento»…. Diversamente da altri fedelissimi o ex, le cui scivolate – vedi il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli – la innervosiscono non poco. Quello che è impossibile non vedere, anche per la presidente del Consiglio, è l’imbarazzo che creano le performance nostalgiche di molti esponenti di FdI anche tra gli alleati. Dentro Forza Italia si parla di parole «indegne» per chi ricopre la seconda carica dello Stato, ma nessuno tra i berlusconiani si espone per accusarlo apertamente né osa chiedere le dimissioni.
La Lega invece ne approfitta per togliersi qualche soddisfazione contro l’ingombrante socio di maggioranza. E in un capolavoro di malizia lascia che ad assumersi la responsabilità di una dichiarazione a difesa dei partigiani e dell’antifascismo – grazie a cui «abbiamo oggi la democrazia» – sia Claudio Durigon, proprio lui che fu costretto a dimettersi da sottosegretario del Lavoro, durante il governo Draghi, per aver proposto di intitolare una piazza al fratello di Benito Mussolini.
(da La Repubblica)
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