DOCCIA FREDDA PER MELONI: ANCHE I GIURISTI CONVOCATI DAL CENTRODESTRA BOCCIANO LA RIFORMA COSTITUZIONALE VOLUTA DALLA DUCETTA
BALDASSARRE: “SE FOSSI SENATORE NON LO VOTEREI. L’ELEZIONE DEL PARLAMENTO E DELLA SUA MAGGIORANZA TRAINATA DA QUELLA DEL PREMIER VIOLA ‘IL PRINCIPIO SUPREMO’ DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI” … VIOLANTE: “LE ATTUALI TENSIONI TRA GOVERNO E PARLAMENTO DOMANI VERREBBERO SCARICATE TRA IL PREMIER E IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA”
C’è una ragione se, al termine dell’ultimo giro di audizioni in commissione Affari costituzionali del Senato, la ministra Maria Elisabetta Casellati ha sentito l’esigenza di ribadire – come mai prima – che l’elezione diretta del premier è “irrinunciabile”
Tanto più che, alla luce dello scontro con le opposizioni (tutte contrarie tranne Italia viva), finirebbe per diventare una riforma di parte imponendo quindi il ricorso al referendum, che in passato è sempre fallito. Un passaggio vivamente sconsigliato dalla totalità degli esperti auditi a palazzo Madama.
Le osservazioni sono tutte sul tavolo. Stamattina al Senato è stata convocata una riunione di maggioranza per fare il punto sulle riforme istituzionali. All’ordine del giorno dell’incontro un primo confronto sugli emendamenti, che possono essere depositati fino al 29 gennaio. A prendere parte all’incontro, cui partecipa il governo con Casellati e con Luca Ciriani, il presidente della Commissione affari costituzionali, Alberto Balboni, i capigruppo a palazzo Madama di FdI, Lucio Malan, della Lega, Massimiliano Romeo, e di FI, Maurizio Gasparri.
Gli ultimi sei giuristi ascoltati martedì – vale a dire Sabino Cassese, l’ex presidente della Corte costituzionale Antonio Baldassarre e Paolo Becchi per il centrodestra; Luciano Violante, Mauro Volpi e Jens Woelk per il centrosinistra – hanno tutti convenuto sulla necessità di migliorare la stabilità del governo e di rafforzare i poteri del presidente del Consiglio, ma con altrettanta chiarezza hanno dichiarato che l’elezione diretta non è la strada giusta.
Secondo Baldassarre, Violante e Volpi il fatto che “l’elezione del Parlamento e della sua maggioranza sia trainata da quella del premier” viola “il principio supremo” (Volpi) della separazione dei poteri. Evidenziando pressoché all’unanimità come tale soluzione creerebbe conflitti tra il presidente del Consiglio, che ha una legittimazione popolare, e il presidente della Repubblica, che ne ha una indiretta: viene “eroso il ruolo” del Capo dello Stato, ha detto Cassese.
Suggerendo anche una via d’uscita, rilanciata pure da Baldassarre e da Violante: riprendere il sistema della legge elettorale del 2005 in cui la coalizione sigla “un patto davanti agli elettori”, offrendogli “una indicazione comune del programma e del capo del governo, che vengono scelti con un atto unico”. Così facendo si “costringono i votanti a indicare la propria scelta pubblicamente e si vincola la coalizione al rispetto dell’accordo”. E alla fine “non si indebolisce neppure il ruolo del Quirinale”, il quale dovrebbe semplicemente “accertare il risultato elettorale”, ma spetterebbe a lui il potere di nomina del presidente del Consiglio. Come d’altra parte avvenuto anche con il Mattarellum tra il 1994 e il 2006. Più tranchant Baldassarre, che pure è favorevole al sistema presidenziale: “Se fossi senatore non voterei questo testo”.
“Questo testo, per come formulato, potrebbe non raggiungere i risultati ricercati”. È assai negativo il giudizio dell’ex presidente della Camera Luciano Violante.” La prima obiezione – ha spiegato – è che dal testo esce un sistema bicefalo. Le attuali tensioni tra governo e Parlamento domani verrebbero scaricate tra il premier e il presidente della Repubblica”, perché il secondo ha una “legittimazione” inferiore. E siccome nelle “società molto polarizzate” tipiche di molte democrazie occidentali servirebbe un arbitro in grado di dirimere eventuali conflitti, nel ddl Meloni-Casellati “non si capisce” chi sia: “Il presidente del Consiglio è uomo di parte, il presidente della Repubblica non ha la legittimazione, ma il problema dell’arbitro è oggi rilevante”, insiste Violante. Non è l’unica obiezione.
Il costituzionalista Mauro Volpi va giù durissimo: “Prevedere che il voto alla maggioranza parlamentare con il 55% dei seggi sia trascinato dal voto dato alla persona del premier credo sia abnorme e viola il principio supremo della separazione dei poteri, con il Parlamento ancora più debole di oggi”, spiega.
Tutti, infine, hanno lanciato un appello alle forze politiche affinché trovino un accordo. “Se non si vogliono ripetere le esperienze del 2006 e del 2016 – che potrebbero ricorrere con un referendum – la soluzione ottimale sarebbe una riforma con la maggioranza dei due terzi come risultato di un lavoro comune del Parlamento”, ha esortato Cassese rispondendo alle domande dei senatori.
E “credo sia molto utile cercare un punto di incontro intorno alle due preoccupazioni di fondo: erosione della sovranità del popolo ed erosione dei poteri del presidente della Repubblica”. Possibile da raggiungere proprio con la proposta di cambiare la legge elettorale, che per il giurista però richiederebbe anche una modifica costituzionale, ovvero “consentire con un atto unico di scegliere maggioranza e premier”.
(da La Repubblica)
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