E IL PD NON OBIETTA SU BRUNO, BERLUSCONIANO DOC E AMICO DI PREVITI
L’ESPERTO IN TRANSAZIONI D’AFFARI E AMICO DI TUTTI
Il segreto di Donato Bruno, che l’ha portato fin quasi sulla soglia della Consulta, è questa sua aria ammiccante, da gran furbacchione.
Lo incontri e subito lui, cordialmente, corre incontro e ti saluta.
Gli rivolgi la parola e, anzichè guardare l’orologio, si mostra paziente, col sorriso sulle labbra.
Ha un vocione dal timbro baritonale che rassicura. Raramente si sbilancia nei giudizi, specie se tranchant; in compenso ascolta come se fosse un confessore o, perlomeno, ne dà l’impressione…
Di politici così alla mano ne circolano pochi, più facile incontrare personaggi tronfi o narcisi.
Per cui già questo sarebbe sufficiente a fare di Bruno un beniamino, amatissimo dai peones di Forza Italia che l’hanno portato sugli scudi, al punto da vincere i dubbi di Berlusconi.
Perfino a sinistra l’uomo risulta simpatico, tanto che da quella parte nessuna voce si è levata per contestare il ticket con Luciano Violante.
E a pensarci un attimo è ben strano questo sostegno afasico del Pd, forse addirittura è la dimostrazione di quanto quel partito sia mutato in fretta, perchè fino a poco tempo fa nessuno si sarebbe sognato di dare via libera a una candidatura così marchiata, anzi il solo ipotizzarla avrebbe provocato scandalo e proteste tra i più timorati in quanto tutti sanno che Bruno è un vecchio sodale di Previti, che ha difeso «Cesarone» in Parlamento, che i due tuttora si frequentano, si consultano, agiscono di conserva.
La circostanza in sè non deve meravigliare: entrambi in fondo sono berlusconiani (Previti ormai un po’ meno), tutti e due esercitano la professione di avvocati, l’uno e l’altro prosperano sulla piazza di Roma.
Bruno viene dalla Puglia, per l’esattezza nacque 65 anni fa a Noci che si trova nelle Murge baresi, ma da tempo immemore si è trasferito nella Capitale.
Ha uno studio elegante in Via Veneto con tre segretarie e otto associati, tra i quali il figlio Nicola balzato agli onori delle cronache (con grande tormento di papà ) nell’ambito dell’inchiesta recente sulle baby-squillo dei Parioli.
Più che di cause civili, lo studio Bruno è fulcro di transazioni e di affari che vanno a gonfie vele, se è vero che 3 anni fa il candidato bipartisan alla Consulta aveva dichiarato redditi per la bellezza di 1 milione 751 mila euro.
Chi frequenta il noto ristorante «Da Tullio», in via San Nicola da Tolentino, spessissimo lo incontra in compagnia dei suoi facoltosi clienti, a cominciare da Stefano Ricucci, l’immobiliarista che 9 anni fa era sotto i riflettori per la love story con la Anna Falchi e per l’inchiesta giudiziaria sui «furbetti del quartierino».
Un altro immobiliarista che Bruno considera più d’un fratello è Renato Della Valle. Trascorrono le vacanze insieme, qualcuno sostiene che abbiano pure interessi in comune. Di sicuro è grazie a Della Valle che Bruno conobbe Berlusconi.
Accadde nel 1996 e da allora gli prese la passione per la politica. Per 4 volte il nostro Donato è stato eletto alla Camera e una quinta, l’ultima, in Senato.
Si è già parlato di lui per la Consulta nel 2008 e anche per il ministero della Giustizia che gli fu soffiato da un altro amico di «Cesarone», vale a dire Francesco Nitto Palma, oggi sospettato magari a torto di essere tra i «franchi tiratori».
Ricapitolando: berlusconiano doc, amico di Previti, avvocato di Cassazione ma senza speciali benemerenze sul piano accademico.
È un curriculum che potrebbe prestare il fianco a critiche. Ciò nonostante, il Pd non solleva obiezioni…
Il mistero trova una risposta, secondo chi ben conosce Bruno, nella sua natura consociativa, cioè ecumenica, alla Gianni Letta per capirsi, che lo rende amico di tutti e di nessuno, una figura senza spigoli e accomodante, quasi un «omino di burro» nel paese dei balocchi. In tutti gli anni che è stato presidente della Commissione affari costituzionali, mai che Bruno abbia preso una decisione sgradita alla sinistra, o che si sia reso responsabile di un minimo sgarbo.
Quando lasciò quella presidenza, invitò a cena tutti i commissari senza distinguo tra destra centro e sinistra.
La fedeltà nei confronti del Cavaliere è stata temperata da una filosofia politica che si riassume nel «volèmose bene».
E che stasera potrebbe valere a Bruno uno scranno tra i custodi della Costituzione.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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