ESERCITO IN PUGLIA SOLO PER BLOCCARE I NO TAP, NON A FOGGIA DOVE C’E’ LA MAFIA
CHI DIFENDE IL TERRITORIO E’ NOTORIAMENTE PIU’ PERICOLOSO DEI MAFIOSI
Ora che il pallottoliere dei morti ammazzati nel foggiano si fa imbarazzante ecco che Palazzo & Media di riferimento si preoccupano della vicenda. “Una guerra dimenticata” è il titolo del commento firmato da Antonio Polito sul Corriere; e uno dovrebbe domandare sia sul “dimenticata” sia sul “guerra”.
Guerra di mafia. Allora, se c’è una guerra dovrebbe esserci un esercito.
Che invece non c’è. O almeno non c’è nel nord della Puglia.
L’esercito tra poche settimane lo vedremo in tenuta anti-sommossa nel Salento a difendere il gasdotto trans-Adriatico dai comitati No Tap, i quali com’è noto sono più pericolosi della criminalità organizzata.
Domenica avremo modo di toccare con mano la violenza dei No Tap perchè animeranno una manifestazione rivoluzionaria e armata, che partirà nel pomeriggio da Melendugno. Lunedì nessuno ne parlerà se non per dare risalto all’arretratezza e alla violenza di costoro: del resto con tutte le paginate di pubblicità che i signori della Tap stanno comprando sui giornali…
I militari, dicevamo.
E’ un po’ quel che accade in Val di Susa dove l’Esercito italiano da tempo presidia il cantiere dell’Alta Velocità dalle incursioni di quei mafiosi-camorristi-ndranghetisti-narcotrafficanti dei No Tav.
Ora, sfiga (per l’Italia mainstream) vuole che le tesi dei No Tav stiano diventando anche le tesi dei francesi. Porcaccia miseria.
Vedremo se il tempo sarà galantuomo anche coi vari comitati dissidenti sparsi nel Bel Paese a difesa di interessi collettivi.
Per ora, l’Esercito userà le sue armi contro quei pericolosi guerriglieri e la stampa finanziata dal sistema bancario ci racconterà quanto sono aggressivi e violenti questi viddani salentini. Altro che la mafia del foggiano…
Ps. Sarebbe interessante capire anche perchè i cantieri di queste opere debbano essere presidiati dall’esercito e non da guardie private visto che l’interesse aziendale è per ora quello più evidente.
Gianluigi Paragone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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