EUROPEI A RISCHIO ESPULSIONE DALLA GRAN BRETAGNA: SU OLTRE 3 MILIONI, GLI ITALIANI SONO 500.000
IL MINISTRO MAY: “NIENTE GARANZIE A CHI LAVORA E VIVE IN GRAN BRETAGNA”… MA TEMONO LA RITORSIONE: I BRITANNICI IN ALTRI PAESI EUROPEI SONO 1,5 MILIONI
Tre milioni di cittadini europei che risiedono e lavorano in Gran Bretagna, tra cui più di mezzo milione di italiani, potrebbero essere teoricamente “deportati”, ovvero espulsi, come conseguenza dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea.
à‰ la posizione assunta da Theresa May, ministro degli Interni britannico e attualmente il candidato favorito per diventare leader del partito conservatore nelle primarie e primo ministro al posto del dimissionario David Cameron
Intervistata in tivù, Theresa May dichiara: «Ci sarà un negoziato con la Ue su come risolvere la questione dei cittadini europei che si sono già stabiliti nel Regno Unito e dei cittadini britannici che vivono negli altri paesi della Ue. Al momento non ci sono cambiamenti nel loro status e nei loro diritti, ma naturalmente è un elemento che dovrà fare parte della trattativa sui nostri futuri rapporti con la Ue».
Spiega al quotidiano Independent una fonte a lei vicina: «Quello che la ministra intende è che non sarebbe saggio promettere fin d’ora a tutti i cittadini europei residenti in Gran Bretagna che potranno restare qui a tempo indeterminato. Se lo facessimo, gli stessi diritti si applicherebbero a qualunque cittadino della Ue che si trasferisse qui durante il negoziato con la Ue e fino alla nostra uscita dalla Ue. E se prendessimo un simile impegno, potrebbe esserci un enorme influsso di cittadini europei che vorrebbero venire qui fino a quando avrebbero questa opportunità ».
Precisa la stessa fonte: «Sarebbe una cattiva posizione negoziale. Non avrebbe senso garantire i diritti dei cittadini della Ue in Gran Bretagna senza avere le stesse garanzie per i cittadini britannici (circa 1 milione e mezzo, ndr) che vivono nei paesi della Ue»
Si tratta dunque soltanto di una posizione tattica, non di principio.
Ma è sufficiente a spingere l’Independent ad aprire il proprio sito con il titolo: «Theresa May rifiuta di escludere la deportazione dei cittadini della Ue residenti in Gran Bretagna per evitare un afflusso di immigrati».
E basta a provocare l’immediata reazione di Tim Farron, leader del partito liberal democratico, finora l’unico partito britannico che ha messo nel programma per le prossime elezioni la permanenza della Gran Bretagna nell’Unione Europea: «È scandaloso che Theresa May non dia agli europei che vivono, lavorano e pagano le tasse in Gran Bretagna la certezza che avranno il diritto di restare qui. Chiediamo alla ministra degli Interni di garantire che il futuro di tutti gli europei che risiedono qui potrà essere nel Regno Unito ».
Sull’argomento interviene pure un’altra candidata alla leadership dei Tories, la ministra dell’Energia Andrea Leadsom, sostenendo che i diritti degli europei giù presenti in Gran Bretagna vanno protetti e che essi non possono essere usati come “gettone negoziale” sul tavolo della trattativa.
Una cosa è certa: per i 3 milioni di europei del Regno Unito, così come per 1 milione e mezzo di britannici negli altri 27 paesi della Ue, cresce l’incertezza, come rivela la corsa degli uni e degli altri a procurarsi un secondo passaporto, britannico o europeo, per non perdere lo status e i diritti a cui si sono abituati.
Sempre che la Gran Bretagna, alla fine, esca davvero dall’Europa.
Autorevoli esperti legali avvertono il governo che il referendum è consultivo e solo il parlamento ha il potere di approvare la secessione dalla Ue.
Più che una decisione, Brexit somiglia sempre di più a un enigma che nessuno sa risolvere.
“Anarchia in Gran Bretagna”, come titola l’Economist.
(da “La Repubblica”)
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