FERMO, LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI NON CAMBIA
LA MOGLIE DI EMMANUEL SI CORREGGE SUL FATTO CHE IL PALETTO FU PRESO DAL MARITO, MA TUTTE LE TESTIMONIANZE CONFERMANO CHE FU MANCINI A COLPIRE LA VITTIMA QUANDO ORMAI LA LITE ERA CONCLUSA… E LA TESTIMONIANZA DEI VIGILI E’ AGLI ATTI
Ha in parte corretto le sue dichiarazioni davanti ai magistrati la vedova di Emmanuel Chidi Nnamdi, il nigeriano morto per difendere lei, Chinyere, dagli insulti dell’ultrà Amedeo Mancini, finito in cella per omicidio preterintenzionale aggravato da finalità razziste.
La donna, sentita una seconda volta dagli inquirenti, ha precisato che è stato il compagno a scagliare il paletto stradale contro il fermano e non il contrario, come finora sostenuto.
In linea con le altre testimonianze, tutte concordi sul punto, Chinyere ha detto che durante la lite e la conseguente colluttazione, è stato Emmanuel ad afferrare il segnale stradale (di quelli mobili con base circolare di ferro) e a scaraventarlo contro Mancini il quale, in seguito al colpo, è caduto per terra.
Le prime dichiarazioni
Nella prima versione, invece, la vedova aveva sostenuto che era stato il compagno il bersaglio del paletto. Chinyere si è giustificata dicendo che non parla bene l’italiano e che in quel momento, quando ha reso la testimonianza, era sotto choc e molto provata per quanto accaduto.
Per i suoi legali, pur nello stretto riserbo che mantengono sulla vicenda, non si tratta di una precisazione .
Non cambia la ricostruzione dei fatti
La precisazione di Chinyere non cambia in ogni caso la ricostruzione dei fatti da parte dei magistrati.
Ricostruzione che, sia nel provvedimento di fermo della Procura guidata da Domenico Seccia sia nell’ordinanza con cui il gip Marcello Caporale ha confermato il carcere per Mancini, si è sempre basata sulle dichiarazioni dei testimoni oculari non coinvolti nella vicenda e di quelli che sono giunti sul luogo dell’aggressione subito dopo, compresa una pattuglia della polizia municipale.
Gli insulti razzisti
Mancini d’altro canto non ha mai negato di aver rivolto epiteti razzisti a Chinyere e alla vittima (tra questi, «africans scimmia» e «negri di merda»), epiteti che hanno scatenato la reazione di Emmanuel.
Continua però a dire di averlo fatto perchè, convinto che stessero armeggiando insieme a un’altra persona di colore intorno a un’auto con l’intenzione di compiere un furto. La circostanza, tuttavia, non ha trovato conferma in altre testimonianze.
Inoltre è confermato che Emmanuel era ancora vivo quando sopraggiunsero in via XX Settembre due vigili urbani. Era lì, agitato, per la colluttazione appena avuta con Mancini. Poi improvvisamente un rumore sordo, un tonfo ed è caduto a terra.
È l’effetto di quel pugno sferrato da Mancini poco prima, non il fatto che avesse battuto la testa sul marciapiede come qualcuno aveva detto in un primo momento.
Nel ricostruire la dinamica dei fatti secondo il gip non “può essere invocata la legittima difesa: difatti l’indiziato ha inferto il pugno letale dopo essersi avvicinato nuovamente a lei (giacchè il primo scontro era cessato e i due stavano tra di loro distanti)”.
(da agenzie)
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