FIRME FALSE, COSI’ FINISCE LA FAVOLA GRILLINA
CROLLA IL FALSO MITO DELLA DIVERSITA’ DEI CINQUESTELLE, GIUSTIZIALISTI SOLO A PAROLE
Pensare di chiudere il pasticciaccio brutto delle firme false con la “sospensione cautelare” di tre deputati e di un’attivista del Movimento 5 Stelle sarebbe come tentare di sigillare la crepa di una diga con il silicone.
Ed è una crepa che si allarga ogni giorno di più, man mano che cresce il divario tra il prima e il dopo, ovvero tra il giustizialismo fondamentalista nel quale Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio hanno gettato le fondamenta di un movimento che ha come slogan “O-ne-stà , o-ne-stà “, e il garantismo alle vongole di questi giorni.
Una crepa dalla quale appaiono le scene grottesche di quei deputati paladini della legalità a tutti i costi che, arrivati davanti al magistrato, si rifiutano di fare il test della calligrafia e balbettano, come un qualsiasi ladruncolo preso con le mani nel sacco, la formula standard di chi sa che ogni sua parola potrà essere usata contro di lui: “Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”.
La differenza tra il prima e il dopo, tra i grillini che assaltavano il Palazzo e quelli che vi sono entrati, passa per due frasi- bandiera.
La prima è di Luigi Di Maio, che un anno fa – invocando le dimissioni della ministra Boschi – ammetteva a Libero di essere un giustizialista convinto: “Non sono a favore della presunzione d’innocenza: se uno è indagato deve lasciare, lo chiedono gli elettori”.
La seconda è di Virginia Raggi che, quando la sua assessora di fiducia Paola Muraro è stata indagata dalla Procura di Roma, ha sostenuto la tesi diametralmente opposta: “Gli avvisi di garanzia vanno valutati caso per caso”.
Purtroppo non bastano la faccia da bravo ragazzo di Di Maio o la vis oratoria da Bar Sport di Alessandro Di Battista (“Le firme false sono solo copiate”) a placare i dubbi che diventano rabbia dei militanti pentastellati che – almeno fino a ieri – credevano ciecamente nella promessa messianica di Grillo di una politica pulita dove tutti discutono amichevolmente, poi votano le leggi sulla Rete e mandano a governare i loro “portavoce” e i loro sindaci, che naturalmente sono onesti per definizione ed entrano nelle stanze dei bottoni per bonificarle con il ddt della Casaleggio Associati.
La realtà , purtroppo, si sta rivelando un po’ diversa, e sorvolando su quel capogruppo di Alessandria beccato mentre rubava negli armadietti della palestra, il numero degli amministratori pentastellati finiti sotto inchiesta o accusati di violare le regole del Movimento è cresciuto di mese in mese.
E ora, dopo le acrobazie dialettiche alle quali Grillo è stato costretto per difendere le imbarazzanti nomine della sindaca di Roma, la storiaccia di Palermo ha messo i Cinquestelle con le spalle al muro: può essere ancora difeso chi si rifiuta di dare una prova calligrafica, chi invoca davanti al magistrato – nella terra dell’omertà – il diritto a rimanere in silenzio?
Naturalmente no, perchè tutto questo sarà pure previsto dal codice di procedura penale, però fa crollare in un colpo solo il falso mito della “diversità ” dei Cinquestelle, giustizialisti a parole e azzeccagarbugli nella realtà .
E basta dare un’occhiata all’ironia che si scatena su Facebook, dove Nuti è diventato “Muti”, e soprattutto ai commenti sul blog di Grillo per accorgersi che i militanti sono furibondi, e non si accontentano affatto della “sospensione cautelare” inflitta ai quattro incriminati (declassati dai probiviri da “portavoce” a “signori”).
Ma come, scrivono in tanti, tutto qui? “Espulsione senza se e senza ma” detta, lapidario, Marzio. “Bisognava cacciarli e basta! Perchè non siamo stati interpellati?” domanda Daniele. Li avete sospesi per 12 mesi, scrive Ivan, ma “in questo periodo loro percepiranno gli stipendi e i rimborsi spese? E dovranno rendicontare?”.
Anche sul sito del Fatto, il giornale amico, tra i 1557 commenti alla notizia delle sospensioni affiora l’ira dei grillini: “Sospesi dal Movimento, però continuano a percepire gli stipendi e indennità , e non dovranno versare nulla, cioè si terranno tutto lo stipendio per intero” commenta “g.d.m.” che evidentemente conosce a memoria il decalogo del portavoce.
Molti, è naturale, trasformano la sanzione in prova della diversità , perchè il Movimento sospende gli inquisiti mentre gli altri no, ma l’analisi più dura è quella di un post anonimo: “Si comincia col copiare il compito e si arriva alle firme false, alle raccomandazioni e alle tangenti. Siamo un popolo di furbi, che vivono di raggiri e tante piccole bugie. Renzi è un bugiardo? È un gran bugiardo. Ma lo siamo anche tutti noi”.
Conclusione amara di una bella favola: c’era una volta la diversità dei grillini.
(da “La Repubblica”)
Leave a Reply