FUTURO E LIBERTA’, L’ULTIMO SCONTRO, MA SEI SENATORI RIMANGONO CON FINI
NON RIESCE AI BERLUSCONES L’OPERAZIONE AZZERAMENTO DEL GRUPPO: SE NE VANNO SOLO VIESPOLI E SAIA… ORA SI CREERA’ UN GRUPPO DEL TERZO POLO CON UNA VENTINA DI SENATORI
Si rompe il giocattolo Fli al Senato.
Ma Fini riesce a stoppare il temuto esodo.
A Palazzo Madama, dopo Pontone e Menardi, lasciano altri due dei dieci parlamentari che componevano il gruppo: Viespoli e Saia.
In sei, dunque, restano, Baldassarri in testa.
Mentre a Montecitorio rimangono in bilico, Urso e Scalia, in stand-by l’ex ministro Ronchi (e la compagna Cosenza).
A fine giornata, al quartier generale di Gianfranco Fini si tira un sospiro di sollievo. Ma è stata un’altra giornata campale.
Nel tentativo, in parte riuscito, di fermare l’emorragia verso il Pdl.
Giornata cominciata con la fuoriuscita di Barbareschi e Rossi, ufficializzata in aula dal vicepresidente della Camera Maurizio Lupi.
L’attore approda al misto, il deputato piemontese torna al Pdl.
Uscite già annunciate, ma sufficienti a portare l’asticella della maggioranza a 321.
Ore di operazioni concitate, al gran bazar Transatlantico.
Ad apertura di seduta, lo stesso Lupi annuncia che sei deputati Pdl passano al gruppo dei “Responsabili” (Lehner, Mottola, Orsini, Soglia, Stasi e Taddei), in modo da garantire quota 28.
Sufficiente alla maggioranza per riequilibrare le commissioni in bilico a Montecitorio.
Fli, nel frattempo, riunisce i suoi coordinatori regionali. Vertice tesissimo, non tutti condividono la svolta del congresso. Non si presentano il coordinatore siciliano, il deputato Scalia, e i senatori Baldassarri (Marche) e Saia (Veneto). Presagio di altre fughe.
Anche perchè dal Pdl il pressing è incessante, soprattutto su Urso e Scalia. Ronchi nega di fare da pontiere per il ritorno in blocco dei dissidenti al Pdl. Bocchino incontra Urso, su mandato di Fini e ne esce fiducioso: «Adolfo è un’energia positivissima per il nostro partito».
Sta di fatto che nel pomeriggio, in aula, Urso e Scalia vanno a sedere tra i banchi di Fli.
Mentre Patarino, altro considerato in ambasce, ripete di non aver «alcuna intenzione di lasciare Fli».
Bocchino è tranchant: «Ci spiace per gli addii, ma non mercanteggiamo». Briguglio rincara: «Quando i regimi sono alla fine ricorrono ai mercenari, Berlusconi come Gheddafi».
La notizia dell’ingresso dell’ex finiano Luca Bellotti con Denis Verdini a Palazzo Grazioli non fa in tempo ad arrivare alla Camera che Fabio Granata sbotta: «È in corso la più grande operazione di corruzione parlamentare della storia».
Ma è il lungo conclave degli otto reduci senatori Fli a monopolizzare le attenzioni, nel pomeriggio.
Al termine delle 4 ore, l’ormai ex capogruppo Viespoli notifica lo scioglimento: «Sono venute meno le prospettive politiche».
E non smentisce i contatti con Miccichè (Forza del Sud). Saia è già con un piede nel Pdl e il suo collega Butti, a Palazzo Madama, lo saluta così: «Betornato, abbiamo appena ucciso il vitello grasso».
Nella riunione la spaccatura è stata netta.
I sei finiani rimasti fedeli, al termine si ritrovano sul documento di Mario Baldassarri, di critica ai vertici ma di no alla scissione (pur ribadendo «mai con la sinistra»).
Con lui, Germontani, Valditara, De Angelis, Digilio e (pur con qualche titubanza) Contini.
Succede di tutto, in poche ore.
Al “Secolo d’Italia” si insedia il nuovo cda targato La Russa, Matteoli, Alemanno.
Duecento militanti di Fli manifestano davanti alla sede e la occupano.
I cinque consiglieri scorrono i conti del quotidiano finiano, non trovano nulla da imputare al direttore Perina e all’ex ad Enzo Raisi. Solo il disavanzo conclamato di 500 mila euro, circa (ma ridotto da 2,5 milioni).
Un buontempone li chiude a chiave nella stanza. Usciranno con l’aiuto di un fabbro.
Perina: «Dimissioni? Mai, se vogliono, mi caccino, sto andando a impaginare, come sempre. Ho incontrato il cda per chiedere garanzie per i 40 lavoratori, non mi hanno risposto». E il deputato Menia: «Vogliono chiudere una voce libera come in un regime».
La partita resta aperta.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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