GIUNTA RAGGI, TESORETTI SEGRETI E RICATTI CHE LEGANO IL NUOVO POTERE AI VECCHI PADRONI DI ROMA
SE LA POLIZZA FOSSE ANCHE STATA DONATA PER UN LEGAME PRIVATO, ESISTEREBBE COMUNQUE UN CONFLITTO DI INTERESSI PER LA PROMOZIONE DI ROMEO… E I FONDI DA DOVE PROVENGONO?
Finisce come in un mesto dèjà vu di una stagione lontana, quella della Milano di Mani Pulite.
La sindaca Virginia Raggi che, passata mezzanotte, piegata da un interrogatorio fiume per abuso di ufficio e falso ideologico, lascia un ufficio della Direzione Anticrimine della Polizia di Stato dove è entrata con il sole.
Inseguita dallo schianto dell’ennesimo, miserabile segreto, custodito dai “quattro amici al bar” (così aveva battezzato la chat chi si era preso Roma). Una polizza sulla vita di 30 mila euro di cui era beneficiaria e accesa da Salvatore Romeo nel gennaio 2016, sei mesi prima che lei, la “beneficiata”, nel frattempo diventata sindaca, gli triplicasse lo stipendio di dipendente comunale e lo nominasse capo della sua Segreteria. In barba a pareri, opportunità , o, più semplicemente, decenza.
Ora dunque si capisce perchè, come si dice da queste parti, “andavano per tetti” i “quattro amici al bar”.
Lei, Romeo, l’ubiquo e ingombrante Raffaele Marra, il fido Daniele Frongia. Non per godere dell’aria del Campidoglio. Ma perchè il cemento che li teneva insieme era ed è evidentemente inconfessabile. Innanzitutto a una parte del Movimento Cinque Stelle. Ora si capisce perchè Raffaele Marra poteva trafficare per conto e a beneficio del fratello Renato (promosso a capo del dipartimento turismo), chiedendo e ottenendo dalla Raggi che ci mettesse la faccia, perchè Marra sapeva bene di come trafficasse la Raggi per conto di Romeo.
Ecco perchè, come a un tavolo di bari tenuto insieme dal ricatto, Raffaele Marra e Salvatore Romeo posavano a padroni del Campidoglio, tracotanti e triviali.
Perchè il primo, sibillino, diceva da libero e fa intendere da galeotto “se parlo io viene giù tutto”. E il secondo, Romeo, di Marra era la controfigura.
Per dirla come la diceva Salvatore Buzzi in una delle più celebri intercettazioni di “Mafia Capitale”, “perchè la mano destra lava la sinistra e tutte e due lavano il viso”.
Altro che Carneade questo Salvatore Romeo.
Si scopre ora – dalle contestazioni mosse durante l’interrogatorio del Procuratore aggiunto Paolo Ielo e anticipate ieri pomeriggio on-line dall’Espresso e dal Fatto mentre la deposizione era in corso – che il tipo era seduto su un tesoretto di 90 mila euro che alimentava almeno tre polizze vita.
Tutte accese prima che la Raggi sbaragliasse a colpi di dossier l’avversario Marcello De Vito nelle comunarie e tutte a beneficio di altrettanti militanti del Movimento Cinque Stelle. Tra loro, la Raggi
Una generosità piuttosto singolare per un signore che all’epoca guadagnava 39 mila euro l’anno. Dunque, perchè accendere quelle polizze? E, soprattutto, con quali soldi? O con i soldi di chi? E, in questo caso, per garantirsi quale ritorno?
Si racconta ora negli ambienti Cinque Stelle che la ragione fosse nel legame privato, privatissimo, tra la Raggi e Romeo. Che la politica “non c’entri” e quella polizza (accesa nel 2013 e modificata nel beneficiario, la Raggi, nel gennaio 2016) fosse il gesto generoso di un uomo a beneficio di una donna che aveva a cuore nell’eventualità gli fosse sopravvissuta.
Il che comunque affosserebbe la sindaca più di quanto già non lo sia. Perchè all’abuso della nomina di Renato Marra si aggiungerebbe ora quella di Salvatore Romeo, per l’appunto. Promosso e triplicato nel reddito tacendo un legame privato e dunque in pieno conflitto di interesse. Perchè, insomma, a “familismo” si sommerebbe altro “familismo”.
Ma le cose potrebbero anche non stare così. E allora ci sarebbe una sola altra spiegazione plausibile.
Quella polizza, come le altre accese da Romeo, potrebbero avere un’origine – diciamo così – non privata, ma politica. Il che non cambierebbe il quadro giudiziario del conflitto di interesse della sindaca, ma, per certi aspetti, ne deturperebbe ulteriormente la figura politica.
Se infatti quelle tre polizze erano una “fiche” puntata su una delle anime del Movimento cinquestelle romano – quella “nero fumo”, quella che doveva garantirsi un serbatoio di voti a destra – perchè prevalesse sulla cordata De Vito-Lombardi, se erano la contropartita per sigillare un patto politico, questo significherebbe che qualcuno, e sarà interessante scoprire chi, usò Romeo come terminale e garante di impegni con quel sistema di poteri e relazioni che, a Roma, ha nomi e indirizzi.
Che, del resto, in questi sette mesi sono affiorati, ogni qual volta è stata bucata la quinta di cartapesta alzata dalla sindaca a difesa di scelte politiche incomprensibili. E dietro le quali hanno fatto regolarmente capolino qualche cliente dello studio Sammarco, la rete dei legami di destra di Marra.
E a cui, a ben vedere, era tutt’altro che estraneo lo stesso Romeo.
Non più tardi del 24 gennaio scorso, sentito come testimone nell’aula bunker del carcere di Rebibbia nel processo Mafia Capitale, Romeo viene infatti incalzato da una significativa domanda del pm Luca Tescaroli: “Che rapporti ha avuto con il sindaco Alemanno?”. “L’ho incontrato una sola volta in vita mia”, rincula lui, specificando che l’occasione era stata la sua partecipazione a un’assemblea dell’Ama, la municipalizzata dei rifiuti, per una nomina in consiglio di amministrazione.
“Diciamo che le cose non stanno esattamente così. Che quel ricordo è un po’ riduttivo”, chiosa una fonte investigativa. Che, insomma, i rapporti con la destra di Romeo, uomo per altro nato a sinistra, fossero più strutturati. Non fosse altro perchè in quegli anni di Alemanno Raffaele Marra è il capo del dipartimento Casa e Romeo è funzionario alle aziende partecipate di cui, nel 2013, Marra sarà capo.
Una coppia che diventerà il cerchio magico di Virginia. E, ora, il suo cerchio di fuoco. Anche se questa non è una storia da acrobati.
(da “La Repubblica”)
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