IL FUNERALE DELLA SINISTRA COMUNISTA: L’ADDIO A INGRAO TRA “BELLA CIAO” E IL DISAGIO DEI RENZIANI
LA LEZIONE DI REICHLIN PER L’ULTIMO SALUTO
Commossa, la folla saluta il compagno Pietro Ingrao: “Una mattina, mi sono svegliato, o bella ciao,
bella ciao”. Qualche pugno tra le bandiere rosse, nessuna del Pd.
Sul palco, la intonano, sussurrata, Luciano Violante e Andrea Orlando. Poco più in là Gianni Cuperlo, Roberto Speranza pure Francesco Boccia la intonano: “È questo il fiore del partigiano, morto per la libertà ”.
Luca Lotti è una sfinge, labbra immobili. Matteo Renzi fa il vago.
Poca folla, il funerale di Ingrao ai tempi in cui quello della sinistra, forse, si è consumato. Walter Verini, a voce bassa: “Certo, una volta avremmo riempito San Giovanni, altri tempi. Però sai che ti dico? Lo so che la nostalgia è pericolosa, ma io ho nostalgia. Ho nostalgia di Ingrao, di Amendola, di Berlinguer, della politica che appassionava, con la P maiuscola”.
Nel discorso di Alfredo Reichlin c’è tutta la grandeur del comunismo italiano, quel senso della storia, maestoso e razionale, il ricordo come memoria da cui trarre una lezione: “Quando i Tg domenica hanno dato la notizia, l’hanno così sintetizzata: è morto il capo della sinistra comunista. C’è, nella sintesi giornalistica, un dato di verità . Che chi dice che questo paese ha una storia, non è solo una sommatoria di individui, è un storia fatta di passioni e di comunità ”.
Le parole di Reichlin risuonano solenni, misurate ed essenziali.
Le parole di un capo comunista che saluta un capo comunista. Nichi Vendola ha gli occhi lucidi, il capo basso: “È un groviglio di emozioni”.
E un capo comunista come Reichlin, nel ricordare un capo comunista, sa che il privato è politico, che quella ferrea razionalità storicista del Pci impone di leggere il presente come storia, senza fronzoli e nostalgie.
Non c’è l’aneddoto, c’è, tanto, la lezione del compagno Pietro Ingrao.
Una critica severa a questo presente e a questa sinistra: “Tuttavia questa storia non l’abbiamo conservata o costruita bene, non so se perchè volevamo la luna o non l’abbiamo voluta abbastanza. E allora, oggi, la gente esprime un bisogno insopportabile di senso. Della parola sinistra si sono persi molti significati, ma io sento rinascere il bisogno di uomini che pensano e guardano lontano, che sanno che il vecchio non può più e il nuovo non c’è abbastanza. E si interrogano su come riempire questo vuoto”.
Già , il vuoto. Renziani quasi spaesati, poco partecipi. Lorenzo Guerini, Emanuele Fiano, poco più in là David Ermini.
Tra il Partito della Nazione la sinistra c’è più di qualche metro.
Alfredo D’Attorre, quasi teso di fronte al feretro di Ingrao: “La sinistra è sopravvissuta a molte cose, sopravviverà anche a Renzi”.
Vicino c’è Boccia: “Menomale che Verdini ci ha risparmiato la sua presenza. Almeno il passato è salvo. Il futuro invece…”.
In parecchi lo vedono nelle parole di Reichlin: “La politica, spiega Ingrao, deve avere una dimensione etica e culturale, non è solo lotta tra individui. Pietro è stato questo, la fusione tra politica e vita, la politica come storia in atto, come lotta per cambiare il tessuto profondo del paese, come non lasciare gli uomini soli di fronte al potere del denaro”.
E alla politica sguaiata, sciatta, tweet e pensieri di 140 caratteri, il comunista ricorda la grande lezione di Antonio Gramsci: “Serve un pensiero nuovo per l’epoca nuova. E per vincere bisogna capire quel tanto di verità che c’è nell’avversario. Questa è l’egemonia”.
Parla Laura Boldrini, la figlia Chiara, Ettore Scola: “Pietro Ingrao era un uomo che faceva innamorare le persone”.
Stavolta, alla fine, Bella Ciao la cantano più forte, tra le bandiere del Pci di allora, di Tsipras e Sel.
Renzi è seduto sul palco, ci rimane a lungo, evitando di cantare una canzone simbolo della sinistra: “Certo — dice Speranza — bisognerebbe prendere il discorso di Reichlin come base per ricostruire la sinistra”.
Quella vecchia volpe di Paolo Cirino Pomicino, però si gira verso la piazza. I pugni alzati sono a stento un centinaio: “Il popolo comunista non c’è più. Si è perso da tempo”.
Bella ciao, bella ciao, e attorno il vuoto.
(da “Huffingtonpost”)
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