IL GOVERNO MELONI PREMIA GLI EVASORI, IL “FISCO” DELLA DUCETTA È “AMICO” SOLO DI CHI FREGA LO STATO A DANNO DEI POCHI ITALIANI CHE PAGANO LE TASSE PERCHÉ COSTRETTI (I DIPENDENTI)
AUTONOMI, PICCOLI IMPRENDITORI FALLITI E GRANDI EVASORI SARANNO ANCORA PIÙ INCENTIVATI A EVADERE…È UNA RESA CHE VALE OLTRE 600 MILIARDI DI EURO E LA SORA GIORGIA HA PURE IL CORAGGIO DI DIRE: “AIUTIAMO GLI ONESTI”
La grande rinuncia vale 600 miliardi. Si arrende, lo Stato. Ai grandi evasori, ai piccoli imprenditori falliti, agli autonomi infedeli che tali restano nonostante i pignoramenti e i prelievi sui conti correnti. A sé stesso, soprattutto. Perché i 600 miliardi in questione sono dovuti: tasse, contributi, multe.
Finiranno invece nel cestino, sotto forma di cartelle che da strumento di riscossione si trasformeranno nel veicolo della resa.
Perdona e cancella i debiti, la destra al governo.
Eccolo il lato oscuro del Fisco «amico» che stamattina Giorgia Meloni tornerà a rivendicare in Parlamento, affiancata dal fedelissimo viceministro dell’Economia Maurizio Leo, il regista del «discarico » che si declinerà presto nel grande regalo a chi non è in regola con il pagamento delle imposte. Anche il titolare del Tesoro Giancarlo Giorgetti ci metterà la faccia. Domande dei giornalisti non ammesse, modalità convegno-comizio. Ma nel decreto approvato 48 ore fa dal Consiglio dei ministri sono chiare le tracce del colpo di spugna.
Basterà aprire le porte del magazzino dell’Agenzia delle Entrate, arrivato a contenere 1.206 miliardi di crediti non riscossi, e i giochi saranno fatti. Oltre la metà di queste somme, circa 661 miliardi, fa riferimento a cartelle datate. Alla fine del 2027, quando finiranno nella discarica della grande rinuncia, avranno tra i 10 e i 27 anni d’età. Anni in cui l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha provato invano a recuperare il dovuto. L’alibi per il colpo di spugna è pronto: le cartelle sono intestate a soggetti deceduti e a ditte cessate. Vero, per un valore di 148 miliardi.
Fanno riferimento a nullatenenti, in tutto 73 miliardi. Altrettanto corretto. Ma evidentemente qualcosa non ha funzionato. E il legislatore è stato altrettanto latente se quei crediti da somme dovute si sono trasformate in una sorta di ricatto da parte dei contribuenti infedeli. E poi c’è chi è riuscito a farla franca – in questo caso i miliardi “bruciati” sono ben 295 perché i pignoramenti possono arrivare fino a un certo punto: sono i miliardi che lo Stato non avrà mai indietro nonostante le cosiddette azioni cautelari ed esecutive che hanno aggredito solo una parte della montagna dei debiti.
Il conto inevaso è ancora più consistente. Nella lista ci sono i contributi previdenziali che l’Inps ha chiesto alle Entrate di riscuotere e lo stesso hanno fatto i Comuni con le multe stradali, l’Imu, la Tari e tutti gli altri tributi di propria competenza che non sono riusciti ad incassare.
In tutto 181 miliardi, considerando anche le Regioni, le Casse di previdenza, le Camere di commercio e gli ordini professionali. Sono tutti enti creditori “traditi” dalle Entrate. Dal 2030 diventeranno anche il capro espiatorio del governo. Saranno loro, infatti, i destinatari del “pensateci voi”, alla fine dei cinque anni concessi alle Entrate per riscuotere le nuove cartelle che recheranno la data del 2025.
Potranno affidarsi a soggetti privati per tentare di recuperare il dovuto, ma la possibilità offerta dall’esecutivo suona come una beffa: non ce l’hanno mai fatta, non ce la faranno neppure ora. Ma a loro toccherà l’ingrato compito di stralciare le cartelle, certificando così la resa. Lo stesso faranno le Entrate, con l’Irpef e l’Iva, la parte più “succulenta” del regalo del governo.
La beffa è stata già annusata dai Comuni. Alle Entrate sono rimasti circa 10 miliardi in affidamento eppure, incalzano dall’Anci, l’Agenzia non è riuscita a recuperarli. Piccole somme – in media 250 euro per una multa e 600 euro per l’I-mu – ma l’interesse sembra riservato solo alle grandi cifre. E con la maxi-rateizzazione fino a 10 anni, voluta dal governo, le cose si complicano ulteriormente: l’incasso di una multa spalmato in 120 rate. Due euro al mese girati alle case comunali. Eccola la riscossione della discordia.
Ma alla destra importa solo il colpo di spugna.
(da La Stampa)
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