IL PIANO DI RENZI: PRIMARIE IL 7 MAGGIO E VOTO A SETTEMBRE
NO ALL’OFFERTA DI EMILIANO PER L’ASSISE IN ESTATE… ORLANDO SI PREPARA ALLA SFIDA
“È andata benissimo. Ora il congresso entro maggio e il voto a settembre”. Matteo Renzi non ha esitazioni. C’è già anche una data per le primarie: 7 maggio. La rotta è segnata. Del resto non ha lasciato nulla al caso.
La sceneggiatura dell’Assemblea dei mille delegati dem è stata studiata dal segretario per arrivare al risultato e mostrare che anche senza Bersani, Speranza e Rossi il Pd non sarà monco della sinistra.
Eccola la sinistra del partito di Renzi. Sale sul palco subito dopo le stoccate di Guglielmo Epifani, portavoce unico degli scissionisti. Prima tocca a Piero Fassino. Poi Teresa Bellanova. Infine il pezzo da novanta: Walter Veltroni. La tradizione della sinistra erede di Enrico Berlinguer.
Tre jolly che sono un manifesto politico post rottamazione. Il segretario compulsa il telefonino mentre il dramma politico del Pd accade. Manda messaggi agli amici in sala, segue su Twitter e Facebook le reazioni, i commenti del popolo dem e degli addetti ai lavori.
“È andata come prevedevamo”, scrive in un sms a fine dell’Assemblea. “Loro avevano già deciso, qualsiasi mossa avessi fatto non gli sarebbe andata bene. Non ho io la colpa di questa scissione”. Ne è convinto Renzi. Ha usato toni il più possibile misurati. Niente riferimenti a gufi e rosiconi, nessuna provocazione o battutacce.
Però nessuna apertura, non è arretrato di un millimetro, convinto che l’unico obiettivo della sinistra dem sia sempre stato quello di logorarlo.
Resta aperto il capitolo Emiliano. Renzi ritiene che Michele Emiliano potrebbe ripensarci. Del resto dividere la sinistra dem è sempre stato obiettivo del segretario.
Il governatore pugliese è il più incerto sul da farsi.
È trattativista a oltranza, al punto da sbilanciarsi dal palco a sorpresa: “Siamo a un passo dall’evitare la scissione”. Per smentirsi subito dopo. Su Emiliano, Renzi fa un discorso chiaro: “Michele vuole restare? Allora si candidi nel Pd”.
Sarebbe una bella sfida. Però non si fida, dopo tante giravolte. Emiliano dovrebbe mettersi d’accordo con se stesso, dal momento che ha detto tutto e il contrario di tutto: prima “ho appoggiato Renzi, scusatemi”, quindi “Matteo non ti ricandidare” e ieri infine “puoi rivincere da segretario”.
Di certo – ragiona Renzi – non è stato Emiliano l’uomo del giorno. “Vuoi sapere chi sono stati i migliori? – dice a Matteo Orfini, il presidente-reggente del partito – Bellanova, Veltroni, Fassino”.
Teresa Bellanova, ex sindacalista Cgil, vice ministra allo Sviluppo economico, è introdotta sul palco dal segretario stesso: “È molto più di sinistra quello che ha fatto Teresa, di ciò che hanno fatto certi convegni per anni e anni”.
Fassino – l’ultimo segretario dei Ds ed ex sindaco di Torino sconfitto – è primo nella scaletta a difendere il Pd renziano.
E il segretario lo applaude a lungo, del tutto archiviate le ruggini più e meno antiche, come quando Renzi disse che con un volto fresco Torino sarebbe stata contesa ai 5stelle.
Quindi Veltroni, il fondatore del Pd, il primo leader. Renzi lo mise nella lista dei rottamati, ai tempi della sua scalata alla guida nel partito.Ieri lo indica in platea come il più prezioso dei regali che gli siano fatti. Nel giorno in cui cambia tutto.
Attende defilato Andrea Orlando, il Guardasigilli. Se Emiliano lascia il Pd, Orlando potrebbe essere lui lo sfidante.
La decisione non è presa ma il suo discorso è stato da candidato in pectore: “Il Pd va rifondato”.
(da “La Repubblica”)
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