IL POPOLO DEI PRECARI IN PENSIONE CON 160 EURO
I PARASUBORDINATI SONO LA CATEGORIA PIU’ POVERA
Chi sta peggio dei lavoratori atipici? Gli atipici in pensione.
Stando ai calcoli dell’Inps percepiscono un assegno medio da 160 euro al mese.
Loro sono quelli che, per almeno 20 anni di lavoro e stipendi striminziti, hanno versato i contributi alla gestione separata dell’ente previdenziale italiano, nella cassa dei parasubordinati perchè erano inquadrati come co.co.co, contrattualizzati a progetto, parasubordinati o collaboratori esterni.
Finalmente sono andati in pensione, ma avranno davvero poco tempo per rilassarsi, perchè con un assegno da 160 euro dovranno darsi (ancora) da fare per arrivare a fine mese.
A rivelare gli importi in questione è Tito Boeri, presidente dell’Inps, che ha deciso di pubblicare sul sito www.inps.it il monitoraggio dei flussi di pensionamento relativo al 2014 e al primo semestre di quest’anno.
Come prevedibile, i parasubordinati sono la categoria più povera.
Complessivamente il traguardo del buen retiro è stato raggiunto da 326mila ex lavoratori parasubordinati e nel 2014 la pensione è stata raggiunta da 26.294 di loro, altri 13.531 ci sono arrivati nei primi sei mesi di quest’anno.
Tutte pensioni di vecchiaia, guadagnata cioè per raggiunti limiti di età , mentre nessuno ha ottenuto una pensione di anzianità , quella che si conquista sgobbando per 41 e mezzo per le donne e 42 anni e mezzo per gli uomini.
L’età dei pensionati atipici è piuttosto alta, 68 anni, sono per lo più uomini (73 per cento) e la metà di loro proviene dal Nord Italia, mentre solo un decimo risiede al Sud o nelle isole.
Quanto prenderanno di pensione i precari? L’Inps ha elaborato per l’Espresso online un’analisi puntale della previsione pensionistica di due lavoratori.
I problemi dei futuri pensionati atipici sono due e hanno origini storiche.
Innanzitutto l’aliquota versata dai precari nella loro cassa previdenziale è inferiore rispetto a quella pagata dai colleghi che un contratto vero e proprio ce l’hanno.
Nel 1996, quando è nata la gestione separata, i primi co.co.co versavano all’Inps il 10 per cento del loro stipendio lordo, poi il 27 per cento ed entro il 2016 l’aliquota sarà alzata al 30 per cento. Comunque meno rispetto al 33 per cento versato dai lavoratori dipendenti.
Per i collaboratori il calcolo della pensione si fa esclusivamente con il metodo contributivo (cioè dividendo il totale dei contributi versati per un coefficiente di aspettativa di vita) e se nei primi anni di lavoro i soldi accantonati nel fondo Inps sono pochi si finirà per scontare questa carenza quando si andrà in pensione.
Ecco perchè Tito Boeri sarebbe favorevole all’introduzione di un contributo di solidarietà da parte dei pensionati di oggi a quelli di domani, che nel frattempo devono fare i conti con un secondo problema.
Infatti quando l’atipico perde il lavoro smette anche di versare la quota previdenziale all’Inps e rischia così assegno pensionistico groviera, con un sacco di buchi contributivi.
La nostra previdenza è strutturata in modo che pochi abbiano tanto e, negli ultimi anni, la spesa per le pensioni sta ingessando sempre di più l’economia, penalizzando chi ancora non ha raggiunto l’età .
Mentre sul fronte dell’invalidità , il divario Nord-Sud è abissale
In autunno Tito Boeri invierà ai lavoratori dipendenti la busta arancione con all’interno un calcolo di quando si potrà andare in pensione e a quanto ammonterà l’assegno.
Dal 2016 sarà inviata anche ai parasubordinati. Ma farsi un’idea della pensione a dimensione di precario è già possibile usando il calcolatore online elaborato da Itinerari Previdenziali, comitato scientifico dell’economista Alberto Brambilla, in collaborazione con la società informatica Epheso e il Mefop, la società del ministero dell’Economia per lo sviluppo del mercato dei fondi pensione.
Ad esempio, un collaboratore a progetto quarantunenne, con alle spalle 13 anni di contributi e un reddito che si aggira attorno ai 15 mila euro lordi all’anno, andrà in pensione a 69 anni e 3 mesi.
Ponendo che la sua carriera sia già piuttosto assestata e dunque non preveda particolari aumenti di retribuzione (al punto che l’ultima busta paga si assesterà intorno ai 19.500 euro), nella peggiore delle ipotesi (cioè con una crescita del pil nazionale dello 0,5 per cento) percepirà un assegno di 13 mila euro.
Gloria Riva
(da “L’Espresso”)
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