IL REFERENDUM SULL’EURO NON SI PUO’ FARE, E’ VIETATO DALL’ART 75 DELLA COSTITUZIONE TANTO CARA AL M5S, QUINDI BASTA RACCONTARE BALLE
L’ART 75, II COMMA, VIETA IL REFERENDUM ABROGATIVO SULLE LEGGI DI AUTORIZZAZIONE ALLA RATIFICA DI TRATTATI INTERNAZIONALI…E NON SI PUO’ INDIRE NEANCHE UN REFERENDUM PROPOSITIVO, GRAZIE ALLA VITTORA DEL NO AL REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE
l’articolo 75, secondo comma, della Costituzione vieta espressamente il referendum abrogativo sulle leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali”.
Dall’euro l’Italia non può uscire se non cambiando la Costituzione o attivando la procedura di recesso dall’Unione Europea.
Questa è la realtà dei fatti e delle leggi in vigore che evidentemente non conosce chi chiede — come fanno a giorni alterni alcuni rappresentanti politici del Movimento 5 Stelle — che il popolo sovrano si esprima sul rimanere o meno, da parte dell’Italia, nell’area euro.
L’ultimo è stato Alessandro Di Battista che in un’intervista a Die Welt ha detto: “Gli italiani devono poter decidere sulla moneta. L’euro ha avuto questi effetti: la perdita del potere di acquisto, della competitività industriale, la disoccupazione, la disintegrazione sociale. Se l’Europa non vuole implodere, deve accettare che così non si può andare avanti”.
Peccato che, secondo le regole costituzionali in vigore, tra l’altro difese a spada tratta proprio da Di Battista e dai suoi nel recente voto del 4 dicembre, un referendum sull’euro non possa essere ammesso.
“L’euro è stato istituito nel solco del Trattato di Maastricht — spiega Stefania Bariatti, professore di Diritto Internazionale all’Università Statale di Milano — e l’articolo 75, secondo comma, della Costituzione vieta espressamente il referendum abrogativo sulle leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali”.
Dunque un referendum sull’euro, che le cancellerie dei Paesi europei temono più di ogni altra cosa, non si può fare.
Per liberarsi della moneta unica l’unica strada sarebbe quella di modificare la Costituzione proprio all’articolo 75, ma sarebbe un passaggio molto delicato e pieno di insidie, come le proposte del governo Renzi hanno dimostrato.
“Con un’altra legge costituzionale si potrebbe chiedere il referendum sull’euro, ma il principio costituzionale dovrebbe essere modificato per tutte le leggi di autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, non solo per quella oggi considerata dal Movimento 5 Stelle”.
Quindi, se proprio si volesse seguire il ragionamento di Di Battista e dei pentastellati, in primo luogo occorrerebbe cambiare l’art. 75 della Costituzione e poi avviare una consultazione sul mantenimento o meno dell’euro come valuta di riferimento.
La seconda strada per uscire dall’euro che l’Italia potrebbe battere sarebbe quella di uscire del tutto dall’Unione Europea, così come stanno facendo i britannici in seguito al referendum del maggio scorso.
“Ma bisogna attivare l’articolo 50 del trattato sull’Unione Europea”, precisa Bariatti.
E l’articolo 50 prevede infatti un “meccanismo di recesso volontario di un paese dalla Ue”.
Il Paese che decide di recedere deve notificare tale intenzione al Consiglio europeo il quale presenta i suoi orientamenti per la conclusione di un accordo volto a definire le modalità di recesso di tale Paese.
“Tale accordo è concluso a nome della Ue dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata previa approvazione del Parlamento europeo”.
Ma la strada seguita dalla Gran Bretagna, di indire in prima battuta un referendum sull’adesione o meno alla Ue e poi, in un secondo momento, eventualmente attivare l’art. 50, per l’Italia non è percorribile.
Il perchè lo spiega ancora la professoressa Bariatti: “Noi non abbiamo questo tipo di referendum, non è nella nostra Costituzione. La possibilità di proporre un referendum propositivo, che era nella proposta di riforma, è stata bocciata il 4 dicembre. Quindi per uscire dalla Ue i proponenti dovrebbero ottenere un voto politico in Parlamento di segno contrario alla permanenza nell’Unione, che travolgerebbe anche la partecipazione alla Ue”.
(da “La Repubblica”)
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