IL TESTO INTEGRALE DELL’ARTICOLO DI PHILIP STEPHENS SUL “FINANCIAL TIMES”: “L’ITALIA E’ TORNATA”
“MONTI PUO’ DIRE LA VERITA AL POTERE TEDESCO: LA SUA STORIA DI RIFORMISTA LIBERALE E LA SUA IMMAGINE RISPETTATA GLIELO PERMETTONO”…. “DOPO UN’ASSENZA DI VENTI ANNI, L’ITALIA TORNA PROTAGONISTA SULLO SCENARIO EUROPEO”
Angela Merkel siede in cima alla lista di potere d’Europa.
Sarkozy può rivendicare di essere il più energico fra i leader del continente.
Mario Monti ne è il più interessante. Dopo un’assenza durata circa un ventennio, l’Italia torna in scena.
Il destino di Monti potrebbe diventare il destino d’Europa.
L’altro giorno la casa bianca ha detto che detto che Monti incontrerà presto Barack Obama.
Descrivere questo annuncio come esuberante sarebbe riduttivo.
Monti e Obama dovrebbero discutere delle misure onnicomprensive che il governo italiano sta prendendo per ricostruire la fiducia dei mercati, e per rinvigorire la crescita attraverso riforme strutturali, così come di un allargamento delle difese finanziarie.
Traduciamo: Obama segue Monti su tutto, inclusa la pressione che Monti sta esercitando sulla Merkel.
C’è stato un tempo in cui l’Italia contava qualcosa, in Europa.
L’Italia ha guidato il grande balzo verso l’integrazione europea negli anni ’80. Il summit di Milano del 1985 ha dato la spinta per la costruzione del mercato unico.
Cinque anni dopo, a Roma, veniva fissata la timetable per l’introduzione dell’euro.
Ciò aveva causato il famoso “No, No, No” di Margaret Thatcher alla moneta unica, che aveva trascinato la ribellione dei tories.
Per quanto possa sembrare strano, i conservatori inglesi erano, una volta, in maggioranza pro unione europea.
L’era di Silvio Berlusconi mise fine alla influenza italiana.
Sebbene fosse accolto sempre calorosamente da Vladimir Putin, Berlusconi veniva schivato dai suoi pari in Europa, visto come causa di imbarazzo ed irritazione.
Mario Monti, un serio accademico con un piano serio, è diverso in ogni senso. Berlusconi faceva battute orrende circa l’aspetto fisico della Merkel.
Monti parla con lei di economia.
C’è un altro italiano ai vertici. Mario Draghi — l’altro Mario — ha già scritto i titoli della sua azione, durante la ancor breve presidenza della BCE.
In termini di rispetto dell’ortodossia economica, Draghi si posiziona come un “tedesco onorario”.
E tuttavia una grossa operazione di rifinanziamento lanciata sotto la sua direzione ha sostenuto il sistema bancario, e calmato i mercati finanziari.
Lo schema della BCE non vuol’essere una regola permanente, ma ha dato lo spazio politico alla Merkel per negoziare sul “Fiscal Compact”.
Circa le sempre presenti ombre sulla Grecia, ci sono segnali che la crisi dell’euro stia passando dalla fase acuta ad una fase cronica.
La posizione di Monti è cruciale perchè sarà in Italia che si deciderà il destino a lungo termine dell’euro.
Se la Grecia dovesse cadere, Irlanda, Portogallo e Spagna si troverebbero sulla linea del fuoco, anche se sarà l’Italia a giocare nel ruolo da pivot.
Se la terza economia europea non dovesse essere capace di mettersi su una credibile rotta economica, l’euro, come progetto pan-europeo, non avrebbe futuro.
Monti ha un paio di buone carte da giocare.
Le sue misure di austerità di sono già dimostrate impopolari, ma i politici italiani eletti non sono in splendida forma. Berlusconi fa il cecchino da bordo campo, ma la sua coalizione di centro-destra uscirebbe massacrata da una eventuale votazione anticipata.
Sicchè Monti è convinto di avere un altro anno, fino alla scadenza elettorale del 2013, per avviare e rendere operativa la sua strategia.
La seconda carta è che Monti può dire la verità al potere tedesco.
La sua storia come riformista liberale nella Commissione Europea è fuori discussione.
La sua condotta sfida ogni stereotipo circa la inettitudine del Sud-Europeo.
E Obama lo segue da vicino quando dice alla Merkel che un regime indefinito di austerità trasformerebbe il patto fiscale in un patto suicida.
C’è il sospetto che Sarkozy risenta negativamente della “intrusione” di Monti. Il presidente francese non ha la vocazione a dividere con altri le luci della ribalta.
Finora ha preteso che la leadership europea fosse un affare a due fra Francia e Germania. In verità , la “chimica” fra il Presidente e il Cancelliere è tutto tranne che buona.
Accade che Sarkozy abbia più interesse di molti altri nel successo di Monti. Dovunque io incontri le èlites francesi (come nell’ultimo bilaterale franco-inglese) sono colpito dalla loro insistenza sulla vitale necessità che l’euro sopravviva.
Cosa vogliano dire, credo, è che il crash della moneta unica vedrebbe la Francia spinta al secondo livello in Europa, privata di qualsiasi residuale pretesa ad avere una influenza globale.
Non ci sono garanzie che Monti ce la faccia.
Grandi tagli di spesa e aumento delle tassazioni sono una cosa.
Il vero test ci sarà con la liberalizzazione dell’economia.
Qui si confronterà con pratiche restrittive e cartelli in cerca di rendite di posizione.
Questa settimana le città italiane sono state paralizzate da tassiti e camionisti.
Farmacisti, avvocati, benzinai sono sul piede di guerra, in difesa dei propri privilegi.
Non sarà facile.
Le scelte sono inevitabili. Il dibattito sul futuro dell’eurozona è polarizzato.
Da una parte coloro che sostengono che ci si può salvare solo se l’Europa meridionale, cattolica, assorbirà la cultura protestante, nordica, della frugalità e del duro lavoro.
Sull’altra sponda ci sono coloro che pensano che tutto finirebbe bene se la Germania fosse pronta a spendere di più e a sottoscrivere i titoli di stato dei vicini di casa meridionali.
Entrambi i gruppi di ipotesi sono inguaribilmente naives.
La sfida che deve fronteggiare l’Europa — quella cristallizzata dalla crisi dell’euro — è di adattarsi ad un mondo in cui l’Europa non può più determinare i rapporti di cambio.
I padroni della politica e dell’economia possono polemizzare quanto vogliono sui meriti o i demeriti della svalutazione, o dei giochi d’equilibrio fra rettitudine fiscale e politiche espansive della domanda.
La domanda chiave è se l’europa può ancora competere in un mondo nel quale non è più in grado di controllare le oscillazioni.
Ecco perchè ciò che Monti sta facendo in Italia è di importanza vitale.
Philip Stephens
(da “Financial Times”)
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