IL TRACOLLO DELLA LEGA, SORPASSATA DA FORZA ITALIA, PORTERA’ IL CAPITONE A FORZARE ANCORA DI PIÙ LA MANO CONTRO LA DUCETTA DA QUI ALLE EUROPEE, PER RECUPERARE VISIBILITÀ E CONSENSI
ALLE AMMINISTRATIVE DI GIUGNO, SOPRATTUTTO IN VENETO, LEGA E FDI RISCHIANO DI CORRERE SEPARATI. DAL CARROCCIO AVVERTONO: “I MELONIANI VOGLIONO PRENDERSI TUTTO, MA NON HANNO NOMI”
L’elmetto per il momento è servito. Giorgia Meloni non ha intenzione di toglierlo. Il testa a testa degli exit poll aveva spaventato i dirigenti di Fratelli d’Italia. Il sospiro di sollievo è arrivato con le proiezioni: il fronte ha tenuto. Per Meloni l’Abruzzo rappresentava la sfida da non poter sbagliare, a maggior ragione dopo la dolorosa sconfitta in Sardegna.
La bocciatura rimediata da Paolo Truzzu due settimane fa ha costretto la premier a cambiare strategia, passando a una campagna tutta in difesa. Lo si è capito dal comizio di Pescara di martedì scorso molto diverso da quello pronunciato a Cagliari due settimane prima, dove la premier aveva alternato le famose «vocine» per denigrare i critici a un lungo elenco di successi del suo governo. «Abbiamo fatto qualche errore», ha detto nei giorni scorsi Meloni, senza però entrare nei dettagli di un’analisi della sconfitta, rimandata in vista dell’appuntamento di ieri.
Che la partita fosse considerata decisiva lo dimostra anche lo sforzo del governo: praticamente tutti i ministri si sono riversati in Abruzzo su chiaro mandato della presidente del Consiglio.
La vittoria di Marco Marsilio fino a un mese fa era data per certa da tutti, persino nell’opposizione, ma la Sardegna aveva rimesso in gioco il centrosinistra con l’idea esplicita di dare una spallata al governo.
Ancor prima di sapere l’esito finale dai seggi abruzzesi, Meloni ha deciso di cambiare passo: meno Palazzo Chigi e più contatto con le persone, per la campagna elettorale delle Europee, ma non solo. Basta scorrere l’agenda dei prossimi giorni per rendersene conto: la premier oggi resterà a Palazzo Chigi per un Consiglio dei ministri (con un ordine del giorno non banale, a partire dal caso dei dossieraggi e la nomina a sherpa del G7 dell’ambasciatrice Elisabetta Belloni), da domani, poi, la premier uscirà sempre più spesso dal Raccordo anulare.
La strategia ovviamente ha molto a che vedere con la campagna elettorale delle Europee, che sarà iper personalizzata sulla sua figura, a maggior ragione se la premier dovesse, come tutti in Fratelli d’Italia credono, finire per candidarsi come capolista in tutte le cinque circoscrizioni.
Già prima di conoscere nel dettaglio il risultato di ieri notte, il governo ha una consapevolezza, nata in Sardegna: l’opposizione esiste. Uno dei punti di forza di Meloni in questi mesi è stato proprio l’assenza di una possibile alternativa al suo governo. I risultati della Sardegna e una certa vitalità mostrata dalla candidatura di D’Amico, nonostante la sconfitta netta, sono la prova che questo argomento può essere messo in discussione.
In gioco ieri c’era anche la stabilità della maggioranza.
I risultati di due candidati chiaramente meloniani potevano indurre Matteo Salvini a non accettare più lo strapotere nel governo «della mia amica Giorgia». E anche se, secondo le prime proiezioni, la Lega sembra aver in parte frenato l’emorragia, Salvini resta un fattore di instabilità che in Fratelli d’Italia hanno già cominciato a vedere nei mesi scorsi. Il vicepremier ha aperto un fronte al giorno.
L’ultimo porta la data di sabato, quando la Lega ha chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sui presunti dossieraggi, un’idea del ministro Carlo Nordio, sulla quale Meloni ha messo il veto. La vittoria in Abruzzo, senza umiliazioni per il Carroccio, può segnare una tregua. Ma il sorpasso di Forza Italia, nettissimo secondo le proiezioni, non lascia tranquillo Salvini. Con tutto ciò che ne potrebbe conseguire
(da La Stampa)
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