IL VERO NOME E’ TOTO’
L’OSSESSIONE NOBILIARE DI POVERI CRISTI
Rientra certamente tra le libertà della persona, specie se si è addirittura il fidanzato di una ministra (Santanché) scrivere sul proprio biglietto da visita siffatto nome: Dimitri Kunz D’Asburgo Lorena Piast Bielitz Bielice Belluno Spalia Rasponi Spinelli Romano Principe Dimitri Miesko Leopoldo.
Ma rientra inevitabilmente tra le libertà della persona anche farci sopra due poderose risate. E trarne la conclusione, per certi versi rassicurante, che in Italia non stiamo vivendo una nuova era fascista, non la stanca prosecuzione di quella repubblicana, nessuna post-storia e nemmeno (anche se presto qualcuno lo teorizzerà) una New History: siamo sempre e per sempre nell’Evo di Totò.
Siamo sceneggiati da Age e Scarpelli. Da Castellano e Pipolo, che scrissero, per altro, uno dei film più acuti sul fascismo, “Il federale” di Luciano Salce: è sempre la commedia che ci rappresenta in modo compiuto. E nel caso che in conclusione delle varie inchieste in corso sulla signora ministra l’imputazione più significativa rimanesse il nome del fidanzato, non ci sarebbe da stupirsi.
La smania di apparire grossi in un Paese piccoletto, il “lei non sa chi sono io”, l’ossessione nobiliare di normali cristi che si vergognano, chissà mai perché, di chiamarsi Gino, sono immutabili nei secoli. E sono il motore della nostra storia sociale.
Perfino Totò, che era Totò, si chiamava, o diceva di chiamarsi, Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio. Il giorno che ogni nostro singolo avo pezzente, migrante, contadino, lavandaia, operaia, soldato peserà, nel nostro sentirci italiani, come un titolo di nobiltà, saremo diventati un Paese serio. Dunque mai.
Per la cronaca: gli Asburgo negano ogni legame di parentela con costui. Attendiamo chiarimenti anche dagli Spinelli e soprattutto dai Rasponi.
(da La Repubblica)
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