IL VERTICE A PALAZZO CHIGI CON I RAPPRESENTANTI DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE MAGISTRATI È STATO UN FLOP
MELONI HA AVUTO PURE IL CORAGGIO DI RINFACCIARE LE “SENTENZE POLITICHE” SULL’ALBANIA (I GIUDICI NON APPLICANO NORME ILLECITE)… IL PRESIDENTE DELL’ANM, CESARE PARODI: “OGNUNO ANDRÀ PER LA SUA STRADA. SIAMO PRONTI AL REFERENDUM CONTRO LA RIFORMA DELLE CARRIERE”
Nessun passo avanti. Zero aperture verso il dissenso delle toghe: la riforma sulla separazione delle carriere tra pm e giudici «andrà avanti» e pure spedita. «Nessuna sostanziale modifica. Ma almeno adesso è tutto più chiaro», allarga le braccia Cesare Parodi, il presidente dell’Anm, uscendo a sera da Palazzo Chigi. E se il bluff del governo era previsto, la cronaca consegna un faccia a faccia dall’esito anche peggiore tra la presidente Meloni, i ministri e l’Associazione nazionale magistrati.
Con punte d’asprezza: con le toghe che hanno chiesto «rispetto» e stigmatizzato l’aggressività piovuta su tanti giudici «perché avevano emesso sentenze sgradite» e la premier che replica: ma anche io sono stata attaccata. Rievocando le «sentenze politiche» sull’Albania, i «post di magistrati» asseritamente prevenuti, criticando anche la scelta dell’Anm di appropriarsi dei «simboli di tutti».
«Esibire il tricolore, issare la Costituzione — ha chiesto con sorriso affilato la premier — significa raccontare che il governo li vuole colpire?». Di fronte a lei, dieci magistrati: tutti col tricolore sul bavero. Le distanze restano. L’obiettivo, per entrambe le parti, ormai è uno solo: fare campagna per il referendum. Ecco com’è finito l’atteso incontro tra giudici e governo.
C’è delusione, a sera, tra i dieci guidati da Parodi. «Quando ho detto che siamo avviliti per come alcuni magistrati sono stati bersagliati, la premier ha risposto che la politica a sua volta sente di essere attaccata».
Le toghe lasciano il mini dossier in otto punti: richieste «per migliorare davvero la giustizia», assunzioni, tecnologia, depenalizzazione, intervento sulle carceri. Meloni assicura «interesse»
Due ore di confronto comunque non sono servite a nulla. Di là tutta la giunta Anm, oltre a Parodi, tra gli altri, il segretario Rocco Maruotti, i due vice Marcello De Chiara e Stefano Celli; di qua Meloni con il ministro Nordio, il sottosegretario Mantovano, i vice Tajani e Salvini («È grazie all’Anm se i tre si sono visti d’accordo su un tema, in queste ore», ironizza un big di maggioranza, fuori Chigi). Lei cita ancora Borsellino, battibeccano un po’ su Falcone («lui non pensava a questa separazione», in coro l’Anm).
Parodi espone tutti i rischi, chiede conto della voce secondo cui «vorreste sottrarre il controllo della polizia giudiziaria al pm». Meloni scuote la testa: secco no. Maruotti chiede: se non volete il pm sotto il potere politico, perché avete bocciato l’emendamento che lo impediva? Risposta: «Era chiaramente provocatorio».
Nordio cita Shakespeare: le buone ragioni cedano il passo alle ottime ragioni. Parodi tira una linea: «Un fallimento, l’incontro? No: siamo più motivati ancora a spiegare tutti i rischi ai cittadini». E sabato, nel comitato direttivo, l’Anm affronterà le prossime mosse.
(da agenzie)
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