IL VIRUS RALLENTA UN MINIMO, MA SIAMO TROPPO IN RITARDO SUI VACCINI
PAGHIAMO LE FALLE NELLE CONSEGNE E LE VACCINAZIONI ALLE PERSONE SBAGLIATE
La corsa del virus sia pure leggermente sta rallentando, ma è difficile prevedere un miglioramento effettivo dello scenario prima della fine di maggio. I segnali positivi che si registrano derivano infatti più dalle restrizioni che dalle vaccinazioni, la soluzione definitiva per uscire davvero dall’impasse Covid e programmare la riapertura del Paese.
L’Istituto Superiore di Sanità, nel consueto report settimanale, ha certificato il calo dell’indice Rt nazionale – passato da 1,08 di sette giorni fa a 0,98 – e dell’incidenza del contagio, ma la situazione non è omogenea nel Paese. Per il virologo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, Massimo Clementi, è “il risultato, da un lato, delle zone rosse e delle chiusure disposte da metà marzo, dall’altro dell’andamento regionalizzato delle vaccinazioni, che ha causato difformità tra i territori. Ora il generale Figliuolo sta tentando di omogeneizzare il percorso, speriamo riesca al più presto. Bisogna recuperare il tempo perduto, siamo ancora troppo indietro con le vaccinazioni” .
Serve, insomma, quel “cambio di passo” annunciato dal commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, trasposizione sul piano vaccini dell’imperativo “accelerare” del presidente del Consiglio Mario Draghi e unica strada per far uscire il Paese dall’emergenza sanitaria.
Obiettivo difficilmente raggiungibile nell’immediato senza nuovi e più consistenti carichi di fiale rispetto a quelli annunciati. Numeri alla mano, confermati oggi dal ministro della Salute Roberto Speranza, nel secondo trimestre dell’anno (aprile, maggio e giugno) dovrebbero arrivare 50 milioni di dosi.
Di queste, 8 – o qualcosa in più tenendo presente consegna per ora solo annunciata del primo carico del vaccino Johnson&Johnson nella seconda metà del mese – ad aprile. Poco in più dei 7,6 milioni arrivati a marzo.
Troppo poco per segnare l’atteso cambio di passo, che dovrebbe arrivare con i 42 milioni – sui 50 totali del trimestre – a questo punto attesi tra maggio e giugno. “Il problema resta la carenza di dosi – sottolinea Clementi
Per tenere sotto controllo il virus non resta dunque che “perseverare nel mantenimento delle misure di rigore intraprese”, per dirla con il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro. Non a caso il mese di aprile sarà ancora all’insegna delle chiusure.
Nonostante i segnali positivi “che certificano un lieve miglioramento della situazione epidemiologica dell’Italia in uno scenario internazionale segnato – pensiamo alla Francia e all’Austria – dalla recrudescenza del virus, nel quale fa eccezione la Gran Bretagna, per aver vaccinato tutti”, sottolinea Clementi.
È questo che si deve fare, “vaccinare quanto più possibile e in tempi rapidi”, ripete il virologo. Un’immunizzazione estesa e veloce ridurrebbe anche e in tempi brevi la pressione sugli ospedali, ancora alta com’è emerso dal monitoraggio settimanale, nel quale l’Iss ha messo in evidenza la criticità delle condizioni in cui in tanta parte del Paese versano i reparti di terapia intensiva occupati oltre soglia in diverse Regioni. Numeri che, per Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, Aaroi-Emac, “sicuramente risentono di un ritardo di almeno 15 giorni rispetto alla diffusione dei contagi. E quindi rispetto all’efficacia di qualunque tipo di norma restrittiva sulla riduzione dei contagi”. Insomma, il dato è alto perché “si riferisce ai contagi di due settimane fa”, ma Vergallo spera “che la schiarita cominci a intravedersi a partire dalla prossima settimana”.
Vaccinando di più, però, diminuirebbe il numero dei malati gravi, calerebbero i ricoveri e e di conseguenza la pressione sulle terapie intensive, ma si allenterebbe anche la circolazione del virus, “che vedrebbe ridotte capacità e possibilità di variare”.
Si colpirebbero anche le varianti, a cominciare da quella inglese ormai, come ha dimostrato un recente studio dell’Iss, in Italia prevalente sul ceppo originario e più contagiosa del 35%.
Per Clementi il modello da seguire per la vaccinazione è Israele. “Vaccinando a tappeto hanno dato poco spazio al virus per variare e nonostante la metà dei contagi fosse da variante inglese, il vaccino è stato efficace”, spiega il professore dell’Università San Raffaele.
Nel nostro Paese resta stabile il tasso di positività, ma il numero dei morti – oggi 481, ieri 501- è sempre alto. “Un dato anomalo, troppo elevato per quello che è l’andamento del contagio”
La vaccinazione, “fatta in modo più oculato”, avrebbe sicuramente contribuito a ridurre il numero dei morti. “Ma in diverse regioni è stata data la priorità alle persone sbagliate, pensando di difendere categorie a scapito degli anziani, che andavano protetti per primi e invece non abbiamo ancora concluso la vaccinazione degli over80 – aggiunge il virologo – completata la fascia dei sanitari si doveva seguire uno stretto criterio di età anagrafica andando a ritroso, puntando sulle categorie più fragili ed esposte ai rischi del virus”.
Ora bisogna accelerare. Gli effetti delle restrizioni cominciano a vedersi, “manca l’effetto delle vaccinazioni ed è su questo che bisogna concentrarsi”, va avanti Clementi. “Stiamo per farcela”, dice il virologo. In due o tre mesi, “possiamo raggiungere una situazione più tranquilla”, dice il virologo. Poi arriverà l’estate “e il caldo che, come i raggi ultravioletti, depotenzia il virus”.
Nel frattempo, “dobbiamo soffrire ancora un po’ con le restrizioni e intanto si deve fare di tutto per imprimere una svolta alla campagna vaccinale”. Che resta la strada per arrivare a riaprire il Paese.
Se ne riparlerà dopo aprile. Dosi permettendo.
(da “Huffingtonpost”)
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