IMPRESENTABILI, ENNESIMA FARSA: IL GRILLINO INCONTINENTE FA INFURIARE LA BINDI
ALLA FINE SPUNTANO SOLO QUATTRO NOMI PUGLIESI, MA SE CONSIDERASSERO GLI INQUISITI PER PECULATO SAREBBERO 400
“Solo” quattro nomi, tutti pugliesi. In tutto saranno una dozzina e per lo più campani. Ma per conoscerli bisognerà aspettare venerdì, in zona cesarini visto che dalla mezzanotte scatterà il silenzio elettorale. Forse, però.
Il condizionale è d’obbligo perchè in questa storia delle liste pulite il diavolo ha assunto varie fattezze e ci ha messo vari zampini. Come prevedibile.
Ad esempio quello di un Cinque stelle frettoloso di informare i suoi colleghi pugliesi. Ma anche le prefetture che, nonostante le richieste, non hanno inviato i dati richiesti e necessari per identificare i candidati e fare le verifiche giudiziarie.
Così, forse, venerdì avremo i nomi degli impresentabili che tutta Italia aspetta da giorni. Ma poco sarà quello che sembra.
Molto, invece, resterà fuori dalla black list.
“Se nel codice etico dell’Antimafia fosse stato inserito il peculato, gli impresentabili sarebbero stati 400” commenta l’ineffabile senatore Ciro Falanga approdato nel gruppo di Fitto.
Ma il peculato non c’è, così come tutti i reati che non hanno l’aggravante mafiosa. Venerdì, forse, la montagna partorirà un topolino. Pasticciato, per giunta.
Il “diavolo” assume le fattezze del deputato grillino Francesco D’Uva, capogruppo M5S in Commissione antimafia e, ironia della sorte, certamente il gruppo politico che, con Sel, più di tutti ha preteso che la lista degli impresentabili fosse resa pubblica.
Nel pieno della riunione dell’Antimafia, appena il presidente Rosi Bindi rende noti i quattro nomi dei candidati pugliesi impresentabili, il giovanotto si mette a digitare sul telefonino nomi, cognomi, reati e liste di appartenenza.
Il risultato è immediato: sui siti appare il resoconto dell’informazione che doveva restare riservata e alla cui segretezza il deputato doveva sentirsi vincolato.
Quando Bindi viene informata della fuga di notizie, diventa una furia. “Chi è stato?” ha tuonato. “Lui” ha indicato un altro deputato zelante all’incontrario. E D’Uva, candidamente: “Ma io l’ho solo detto i miei colleghi sul territorio….”.
Apriti cielo. Giurano che il presidente Bindi non ha bestemmiato ma ha fatto molto di più senza scomodare il Padre Eterno.
A quel punto s’è bloccato tutto. Erano le 18.
E dire che a quell’ora la riunione, iniziata alle 16, pur pesantissima era giunta a un buon compromesso: rinviare tutto a venerdì.
Questa volta “il diavolo” ha assunto le fattezze delle prefetture campane.
Succede infatti che, nonostante le richieste dell’Antimafia, le prefetture campane non hanno inviato a San Macuto le liste dei candidati campani.
O meglio, non hanno inviato le liste con l’identificazione anagrafica dei candidati. Senza la certezza sull’identità , non è possibile la verifica giudiziaira.
Così, nonostante i tre magistrati (tutte donne) consulenti della Commissione abbiano lavorato senza sosta dal 15 maggio, non hanno potuto verificare la posizione nel registro giudiziario dei candidati campani.
Una svista? Un errore? Solo sciatteria? La domanda sarà certamente girata al ministro dell’Interno Angelino Alfano.
“E’ stata sprecata un’occasione” commenta a fine riunione il senatore Beppe De Cristofano, campano di Sel.
“Le intenzioni della Commissione Antimafia erano nobili e giuste, abbiamo fatto un Codice etico apposta per avere liste pulite e in queste settimane i consulenti e il presidente Bindi hanno fatto un duro lavoro su una massa di dati enorme (circa settemila candidati, ndr). Spiace dover arrivare a poche ore dal voto con elementi parziali”.
I quattro “impresentabili” pugliesi, dunque: due sono con il candidato fittiano Schittulli; uno con Poli Bortone e uno con Emiliano. Per due di loro i reati sono prescritti. Giovanni Copertino, in lista con Poli Bortone, è stato condannato per corruzione aggravata, il reato è poi prescritto.
Fabio Ladisa, lista Popolari per Emiliano, è a giudizio per furto aggravato, tentata estorsione e truffa. Massimiliano Oggiano è imputato per voto di scambio e associazione mafiosa, nonostante questo Schittulli lo ha messo in lista. Così come Enzo Palmisano, condannato in primo grado per corruzione e truffa aggravata, è stato poi beneficiato dalla prescrizione.
Sono “puliti” i candidati liguri e toscani.. Qualche altra verifica è in corso in Veneto e nelle Marche.
Resta presentabile il candidato governatore Vincenzo De Luca perchè l’abuso d’ufficio non è inserito nel codice etico dell’Antimafia.
E resta presentabile anche la moglie del boss candidata in Campania. E’ incensurata. E non sarà eletta. Ma il suo clan potrà contare il pacchetto di voti di cui dispone. E metterlo sul tavolo. Quando servirà .
Un topolino, appunto.
(da “Huffingtonpost”)
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