“IN UN PROCESSO IN CUI LA PRESCRIZIONE MATURI DURANTE LA SOSPENSIONE FERIALE, IL GIUDICE HA IL DOVERE DI PRONUNCIARE ANCHE D’UFFICIO ORDINANZA NON IMPUGNABILE”
SENTENZA MEDIASET: UNA LEGGE DEL ’69 OBBLIGA A DECIDERE ANCHE IN PERIODO DI FERIE
Venerdì 28 giugno la Corte d’appello di Milano ha depositato tutti gli incartamenti all’ufficio postale del Tribunale.
Trenta faldoni preparati in tre giorni, con tutte le carte del processo Mediaset.
Il primo luglio, secondo quanto risulta al sito della Poste, il plico è stato consegnato nelle mani della cancelleria della Corte di Cassazione a Roma.
Sulla copertina del faldone, i giudici milanesi hanno posto – è prassi – la data in cui il processo rischia la prescrizione.
Il presidente del collegio Alessandra Galli – la stessa che l’8 maggio aveva condannato Silvio Berlusconi a quattro anni per frode fiscale – ha calcolato che la prima evasione da 4,9 milioni di euro contestata al Cavaliere finirà in zona rischio nel periodo tra il 15 e il 30 settembre 2013.
Per la seconda, 2,9 milioni del 2003, la zona rischio cade invece un anno dopo.
Ed è per questo che, ieri mattina, la Cassazione ha fissato il processo Mediaset, affidandolo alla sezione «feriale».
Una sorta di corsia preferenziale, per evitare che sul caso possa calare, dopo le vacanze, la mannaia della prescrizione e la sentenza venga rivista forzatamente al ribasso.
Che una parte del capo d’imputazione del Cavaliere fosse a rischio prescrizione, non era una ipotesi così remota.
Ma che questo potesse fare crollare l’intero impianto accusatorio, con il rischio di un nuovo secondo grado, è stata un’intuizione dei giudici della Corte.
Nella motivazione del primo grado, i calcoli sui tempi della prescrizione non erano stati inclusi.
In appello, invece, un semplice ragionamento ha portato le toghe a fissare la “linea rossa” da non superare in una data attorno al 15 settembre.
Questa scelta ha scatenato le reazioni del collegio difensivo di Berlusconi e dei parlamentari del Pdl.
In realtà l’iter seguito rispecchia quello che impone la legge.
Nulla di diverso rispetto a quanto prevede una norma – la 742 del 7 ottobre 1969 – al comma terzo.
«Il giudice che procede» in un processo in «cui la prescrizione maturi durante la sospensione feriale», ha il dovere di «pronunciare anche d’ufficio, ordinanza non impugnabile”.
Operazione anomala – a detta dei testi sfilati a processo – rispetto alle contrattazioni con tutte le altre imprese televisive del mondo.
Proprio attraverso il “filtro” di Agrama i costi dei diritti sarebbero ingiustificatamente lievitati attraverso operazioni estero su estero.
Agrama e società riconducibili allo stesso Berlusconi si sarebbero divisi questa fetta di torta su conti esteri, sfuggendo al fisco.
Dopo due stop forzati per ricorsi alla Corte Costituzionale – prima per il Lodo Alfano e poi per il legittimo impedimento – nell’ottobre scorso il processo è terminato in primo grado.
Berlusconi è stato condannato a quattro anni – tre coperti da indulto – e a cinque anni di interdizione.
Pene più lievi per Agrama (3 anni) e per alcuni ex manager Fininvest. Il capo d’imputazione originale si è già ampiamente dimezzatograzie all’applicazione della cosiddetta legge Cirielli.
Approvata durante il Berlusconi-bis, ha dimezzato i tempi di durata dei processi, e ha già mandato “in cavalleria” le imputazioni sulla frode fiscale del periodo 1999-2001. Le annualità per le quali è arrivata la condanna sono 2002 e 2003.
Cosa succederà adesso?
Le ipotesi sono “da tripla”.
Non potendo la Cassazione entrare nel merito, ma solo verificare la legittimità dei due gradi di giudizio fin qui svolti, si dovrà verificare se la condanna a 4 anni a Berlusconi sia stata emessa rispettando il codice.
Se così fosse, verrebbe respinto il ricorso dei legali Niccolò Ghedini e Franco Coppi. Gli effetti?
Sulle pene accessorie il rischio più alto per Berlusconi, che sarebbe interdetto per 5 anni dai pubblici uffici.
Decadrebbe insomma dalla carica di senatore che attualmente ricopre.
Un’altra ipotesi è che sia accolto il ricorso dei legali degli imputati e venga ordinato un nuovo processo d’appello.
In questo caso, se condannato, i reati del 2002 contestati a Berlusconi sarebbero prescritti, e l’eventuale nuova pena sarebbe per forza di cose inferiore.
L’ultima ipotesi è l’annullamento della sentenza d’appello senza rinvio: sarebbe un totale trionfo per l’imputato.
Emilio Randacio
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