IN VENETO DECISIVI I VOTI DEL M5S: L’ANALISI DELL’ISTITUTO CATTANEO SVELA CHE ZAIA HA VINTO SOLO LA COPPA DEL NONNO
VOTI LEGHISTI MINORITARI, APPORTO DECISIVO DEI GRILLINI E IN PARTE DEL PD NEL 57% DI VOTANTI AL REFERENDUM
Ha il retrogusto dello smacco per il Carroccio, ma Luca Zaia ha trionfato grazie ai voti 5 stelle.
L’elettorato che, in valore assoluto, potrebbe aver contribuito di più alla vittoria del Sì al referendum per l’autonomia del Veneto non è quello della Lega, come sarebbe lecito immaginare, ma del Movimento 5 Stelle.
Analizzando i numeri riportati dall’Istituto Cattaneo di Bologna, un dato salta subito all’occhio: i grillini (ripetiamo, chi nel 2013 ha votato M5s nelle due circoscrizioni venete) si sono schierati compattamente e unanimemente per l’autonomia in tre delle maggiori città della loro Regione.
È un dato che conferma una tendenza ormai consolidata per gli studiosi di flussi elettorali: in ogni votazione, il “partito di Grillo” identifica un chiaro obiettivo politico e il suo elettorato agisce di conseguenza, scrive il Cattaneo nella sua analisi.
La promozione dell’autonomia del Veneto è stata, evidentemente, percepita come uno strumento da utilizzare contro il “sistema” a cui il M5s si oppone.
Lo studio del Cattaneo prende come riferimento tre dei maggiori centri della Regione: Venezia, Treviso e Padova.
Come era naturale aspettarsi, gli elettori del Carroccio si sono recati in massa per chiedere maggiore autonomia regionale e liberarsi dai “lacciuoli” imposti dai Palazzi romani.
E così hanno fatto anche i grillini.
Partendo dai dati forniti dall’istituto bolognese su come hanno votato gli elettori dei singoli partiti al referendum di domenica nelle tre città , può essere interessante fare un confronto con quanti voti hanno preso gli stessi partiti, in Veneto, alle ultime elezioni politiche.
E da qui ricavarne una stima di massima sul comportamento dei bacini elettorali di Lega, M5S, Pd e via dicendo – al netto dei naturali cambiamenti che hanno di certo interessato in cinque anni le varie formazioni politiche – e sull’impronta lasciata sull’esito referendario.
Quindi i numeri: nelle due circoscrizioni in cui è diviso il territorio veneto, la Lega ha preso 310mila voti nel 2013 contro i 775.718 dei Cinque Stelle.
È evidente che per arrivare al risultato finale del referendum consultivo di domenica (57% l’affluenza, circa 2,3 milioni i votanti, 2,2 milioni i Sì) il solo apporto leghista era di gran lunga insufficiente.
Se gli elettori M5S degli altri centri del Veneto si sono comportati come a Venezia, Treviso e Padova – ma questo al momento non è dato saperlo – il contributo numerico dei grillini sarebbe predominante.
Un’altra analisi, sempre del Cattaneo, mette in evidenza il dato della partecipazione nella regione guidata da Luca Zaia, nonostante la natura puramente consultiva del referendum, che risulta in media con gli ultimi tre referendum costituzionali.
In attesa di dati più precisi sul “colore” dei voti in tutti i centri del territorio, il Cattaneo mette in luce come la spinta maggiore all’affluenza (e quindi al Sì) sia arrivato dalle province di Vicenza, Verona e in parte Padova.
Non solo: ad eccezione di Belluno, la partecipazione è nettamente superiore nei comuni non capoluogo di provincia (un divario di quasi 10 punti percentuali con i comuni capoluogo).
Si palesa, in sostanza, il carattere altamente “periferico” della consultazione grazie all’elevata adesione nelle periferie o comunque nei territori distanti dai grandi centri urbani.
Periferie, beninteso, terreno fertile per un partito anti-sistema come M5S.
Il contributo del Movimento si delinea perciò come rilevante in termini numerici, decisivo forse in termini politici.
Perchè dimostra come il comportamento in massa del “corpaccione” M5S riesca a influenzare le diverse partite che si giocano su scala politica nazionale (su quella locale molto meno).
Anche quando in quelle partite i grillini non giocano da prima punta: a maggior ragione per un referendum promosso dalla Lega come quello del Veneto, dai risvolti regionali ma di elevata caratura nazionale.
In questo senso è da leggere il commento del blog di Grillo sul referendum: “Non è la vittoria della Lega e dei partiti. Autonomia e partecipazione – è la premessa – sono da sempre le stelle polari del movimento 5 stelle. I cittadini di Lombardia e Veneto hanno partecipato, votato e deciso: non possono rimanere inascoltati”.
E poi, la Lega “si è comportata vergognosamente, sventolando il tema dei residui fiscali delle regioni, che con non c’entrano niente”.
Tornando alla coalizione di centrodestra, nel “fu” Popolo delle libertà non ci sarebbe stata, per i ricercatori del Cattaneo, altrettanta unanimità .
L’elettorato che nel 2013 scelse il Pdl fa emergere qualche defezione dal momento che una quota di un certo rilievo (pari al 20% a Treviso, al 28% a Padova e al 68% a Venezia) ha disertato le urne.
“Un risultato che appare in linea con precedenti consultazioni elettorali,ossia con la tradizionale refrattarietà di una parte dell’elettorato ‘berlusconiano’ ad impegnarsi nelle consultazioni referendarie”.
Un altro dato interessante arriva invece dal Partito Democratico.
In questo caso a prevalere è la scelta dell’astensione ma c’è una buona fetta di elettorato dem veneto, quantificabile in un terzo, che si è recata alle urne seguendo le indicazioni di alcuni esponenti del partito per votare a favore dell’autonomia.
Un elettore veneto Pd (nel 2013) su tre ha quindi votato Sì.
Anche in questo caso può essere utile ricordare i voti alle politiche di cinque anni fa per farsi un’idea: nelle due circoscrizioni venete i dem hanno ottenuto 628.166 voti.
Un terzo è quindi pari a poco più di 200mila Sì al referendum veneto.
Ma per il Pd vale, più che per gli altri partiti, la cautela sulla composizione attuale dell’elettorato, dal momento che rispetto al 2013 ha subìto una profonda scissione, perdendo l’ala più a sinistra del partito.
(da “Huffingtonpost”)
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