INTERVISTA A COTTARELLI: “NON VEDO VIE D’USCITA PER IL GOVERNO, IL PIL E’ INCHIODATO ALLO ZERO”
“TROPPO GRANDE LA DISTANZA TRA LE LORO PROMESSE E LA NECESSITA’ DI RIDURRE DEFICIT E DEBITO”
L’Italia è ferma. Immobile allo stop e con il motore spento. Questo motore, cioè l’economia, non ingrana una marcia per ripartire, figurarsi una direzione.
Lo dice l’Istat: nel secondo trimestre dell’anno il Pil si è inchiodato allo zero. Altro che crescita e anno bellissimo. E ora? Con un accordo flebile con Bruxelles da onorare e una manovra d’autunno già carica di impegni obbligati, il dato del Pil sballa il quadro dei conti e il cantiere fragile del Governo.
Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici, prefigura un aumento del rapporto debito-Pil, uno dei fattori-chiave per la tenuta delle finanze. “L’anno scorso – dice in un’intervista a Huffpost – vedevo una possibilità , ma alla luce di come stanno andando le cose ora non vedo vie d’uscita per il Governo. La differenza tra quanto è stato promesso, dallo stop all’aumento dell’Iva alla flat tax, e il deficit che deve scendere è troppo grande”.
Professore, siamo ancora in stagnazione. La crescita zero fa saltare la strategia del governo sui conti pubblici?
“Il Pil cresce poco, l’inflazione è bassa. Mi aspetto un aumento del rapporto debito-Pil dopo una tendenza alla stabilizzazione che c’è stata dal 2015 al 2018. Già l’anno scorso è iniziato a crescere e quest’anno lo farà ulteriormente. Non siamo in recessione, ma se ci finiamo saremo nei guai perchè il debito aumenterebbe velocemente”.
Qual è l’exit strategy?
“Esattamente un anno fa, a luglio, scrissi un articolo dove dicevo che il Governo italiano e la Commissione europea potevano mettersi d’accordo per un deficit intorno al 2 per cento. Ma adesso non riesco a capire davvero come farà il Governo”.
Perchè?
“La differenza tra quanto è stato promesso, dallo stop all’aumento dell’Iva fino alla flat tax, e il deficit che deve scendere è troppo grande. Servono 30 miliardi. Se ora il Governo dice che questi soldi non li vuole trovare e passa la linea che fino ad oggi non si è osato fare abbastanza, allora si dice che si aumenta il deficit e poi venga quel che venga”.
Ecco, il punto è questo. Cosa ci aspetta?
“Sarà un autunno incerto. Il rischio è che si innesti un nuovo scontro con l’Europa. E a seguire può esserci chi, nella Lega, anche se in una posizione minoritaria, tornerà a dire che è meglio uscire dall’euro”.
Sembra di essere tornati indietro di un anno. Siamo ancora destinati a tensioni sui mercati?
“Per la fine dell’anno sono possibili due scenari. Uno è quello in cui i mercati se ne stanno tranquilli. È possibile che nella seconda metà dell’anno potremmo avere qualche segnale di positivo con gli effetti un po’ del reddito di cittadinanza e di quota 100, che possono aumentare il livello del Pil. Si parla però di uno 0,2 nel terzo e nel quarto trimestre, che porterebbe la crescita a fine 2019 tra lo 0,1 e lo 0,2 per cento. Questo se i mercati stanno tranquilli e lo spread non aumenta”.
E il secondo scenario?
“Dipende da come sarà sciolto il nodo della manovra. A oggi non sappiamo come sarà risolta questa partita. Credo che da parte della Lega ci sia la tentazione di alzare il deficit per dare una spinta fiscale, ci sarà la tentazione di dire ‘non abbiamo osato abbastanza, ci siamo piegati all’Europa’. Insomma credo che qualcuno giocherà al lascia o raddoppia”.
Un gioco pericoloso?
“Il rischio è quello che lo spread ritorni su, di un’economia che non riesce a beneficiare dell’eventuale abbassamento della tassazione. Ma anche se i mercati se ne stanno tranquilli, temo che ci possa essere solo un effetto espansivo di breve periodo, un effetto temporaneo sul Pil ma non sul tasso di crescita permanente, che è ben altra cosa”.
Per tirare su la manovra i soldi a disposizione sono pochi, anzi tutti da trovare. Anche alla luce dei dati di oggi, la flat tax è un progetto da archiviare?
“Io credo che ovviamente sia utile tagliare le tasse e che sia utile farlo per i ceti medio-bassi, però questo taglio deve essere finanziato non prendendo i soldi a prestito. Perchè se poi l’effetto è quello di far aumentare lo spread, allora quei soldi sono un taglio temporaneo. E allora poi bisognerebbe riaumentare le tasse perchè i soldi presi a prestito vanno restituiti”.
In che punto va collocato il Paese? Siamo il rischio Italia di cui si parlava pochi mesi fa oppure il trend può essere invertito?
“Penso che guardando all’Italia, i mercati al momento pensano a un Paese che sta perdendo terreno, un Paese che cresce poco. A fine 2018 c’era la percezione che si andava verso la crisi del 2011, oggi la fase è più incerta ma i mercati cambiano idea velocemente”.
L’economia interna ha il tratto della sfiducia: consumi in calo, mood preoccupato e sfiduciato delle imprese, investimenti al palo. Il dato sull’occupazione sembra andare in direzione opposta: basta per invertire la rotta?
“Gli occupati a giugno non sono aumentati. C’è stata la riduzione della disoccupazione perchè si è ridotto il numero di chi cerca lavoro, a un certo punto qualcuno si è stufato di farlo”.
Come è stato possibile arrivare a questo scenario? Sono quindici mesi di fila che il Pil si aggira intorno allo zero.
“Il contesto internazionale non è favorevole. L’area euro ha fatto lo 0,2, rallentando dallo 0,4 e noi siamo passati dallo 0,1 a zero. Continuiamo a crescere meno dell’Europa, il problema è questo. Se fosse una gara di bici si potrebbe dire che noi perdiamo rispetto agli altri sia in salita che in discesa e anche nei tratti pianeggianti”.
Lo stato di salute di un’economia è determinata anche dai fattori interni, dalle scelte di un governo. La ricetta di Lega e 5 stelle è stata sbagliata?
“Non si sono fatte le cose che servono per far crescere l’Italia più dell’Europa perchè questo dobbiamo fare per recuperare il gap. Il taglio della burocrazia non c’è stato: il decreto Concretezza della Bongiorno è poca roba. Serve una giustizia civile che funziona più velocemente, ma Lega e 5 stelle si stanno muovendo in modo controverso. E poi il taglio delle tasse che deve essere permanente, sostenibile, finanziato”.
(da “Huffingtonpost”)
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