ITALIA, PATRIA DEI CONDONI: SONO STATI BEN 52 IN 63 ANNI DI REPUBBLICA
VENTUNO IN 46 ANNI DI MONARCHIA, CINQUANTADUE NEL DOPOGUERRA, QUASI OTTANTA IN UN SECOLO… PRIMA DEL 1971 EVITAVANO SOLO LE CONSEGUENZE PENALI, DOPO SI SONO AGGIUNTI GLI SCONTI SUI PAGAMENTI… MA QUASI SEMPRE LE ENTRATE SONO RISULTATE INFERIORI ALLE ATTESE
Narra la storia italica che il primo condono di pene pecuniarie del XX secolo fu varato con il Regio Decreto num. 367 dell’11 novembre del 1900.
Da allora è stato un susseguirsi di provvedimenti in tal senso, per un totale di 73 condoni in 109 anni, alla media quindi di uno ogni venti mesi.
Nella prima fase monarchica furono 21 in 46 anni, nella seconda repubblicana si è assistito a un’ulteriore accelerazione, fino ad arrivare a 52 in 63 anni.
Siamo così riusciti a tagliare il traguardo sia del Paese con il maggior numero di evasori fiscali che quello del maggior numero di provvedimenti di condono, tanto per non farci mancare nulla.
Sul finire della Prima Repubblica, tra il 1987 e il 1992, si arrivò al record “nazionale” di un condono ogni 18 mesi, ma lo spartiacque più importante è il 1971: mentre prima di quella data i condoni evitavano solo le conseguenze penali, dopo di allora sono iniziati anche gli sconti sui pagamenti.
Fu inaugurata la stagione di quei condoni che avrebbero dovuto fare tabula rasa di ogni pendenza precedente come premessa di un “fisco più efficiente”.
Dalla riforma tributaria del 1974 firmata dal ministro Visentini ai due “condoni tombali” del ministro Formica: quello del 1982, col governo Spadolini, che riguardò tutte le imposte Irpef e quelle di registro e diede 11 miliardi di lire di gettito, e quello del 1991, col governo Andreotti, che diede 6.500 miliardi di lire di gettito.
Senza dimenticare il governo Craxi che nel 1985 propose un condono edilizio per tutti gli abusi realizzati fino a un anno prima.
L’esigenza è sempre stata la stessa, fare cassa per forzieri dello Stato sempre più esangui e bisognosi di trasfusioni di denaro liquido.
Nel ciclo 1987-92 lo Stato incassò 20.000 miliardi, contro però i 60.000 preventivati.
Un flop storico fu in particolare il condono sulla tassa dei rifiuti, per cui si erano stimati 700 miliardi di entrate e che invece ne diede solo 15.
Nella seconda Repubblica spicca invece il flop del condono edilizio del ministro Fantozzi e del governo Dini: entrate per 4.836 miliardi contro i 6.900 preventivati.
Sempre Fantozzi nel 1985 inventò il “concordato di massa”: tutti i possessori di partita Iva si videro recapitare una lettera per il pagamento di eventuali differenze, in base ai nuovi strumenti presuntivi di calcolo del reddito.
Offrendo sconti fino al 50%, alla fine l’introito fu di 9 miliardi rispetto agli 11 previsti.
Arrivando ai giorni nostri e agli scudi fiscali, tanto cari a Tremonti, rivolti principalmente al rimpatrio di capitali esportati all’estero, ricordiamo che quello del 2003 fece rientrare circa 60 miliardi di euro, con un gettito di un miliardo e mezzo di euro.
Una cifra che con il nuovo scudo fiscale si vorrebbe almeno raddoppiare, avendo prevista in’entrata di almeno 3 miliardi.
Senza i quali non c’è, come al solito, neanche un euro non per fare cose straordinarie, ma semplicemente per rinnovare i contratti degli statali.
Il che è tutto dire.
Basti pensare che il contratto delle forze dell’ordine è scaduto da 21 mesi e le proposte sono di zero euro di aumento per il 2008 e di 40 euro lordi per il 2009.
E poi qualcuno parla di sicurezza…
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