JOSEPH PETROSINO, IL POLIZIOTTO ANTI-MAFIA CHE CAMBIO’ L’IMMAGINE DEGLI ITALIANI A NEW YORK
UN CAMPANO A NEW YORK CHE DIVENNE UN MITO DEL RISCATTO DEL NOSTRO PAESE
Prima di Rudy Giuliani, prima ancora di Frank Serpico, c’era Joseph Petrosino, il mitico poliziotto anti mafia che cambiò l’immagine degli italo-americani a New York. Ora un nuovo libro, scritto da Paul Moses e intitolato «An Unlikely Union», celebra la sua figura come la più influente per ricostruire il rapporto fra irlandesi e italiani all’inizio del secolo
Un campano a New York
Petrosino era nato in Campania, era emigrato a New York, e lavorava come scaricatore di porto.
Facendo l’informatore contro il racket della «Black Hand», era riuscito a guadagnarsi un posto da agente.
All’epoca la polizia di New York era dominata dagli irlandesi, che consideravano i colleghi italiani «inutili», come titolò il giornale «Brooklyn Eagle», perchè automaticamente venduti alla mafia.
Joseph però si rimboccò le maniche, fu promosso detective, e nel primo anno di servizio in questa posizione fece 98 arresti, diventando un mito.
Nel 1904 il dipartimento di Polizia decise di creare una speciale unità anti mafia, ma su 8.151 agenti solo 17 erano italiani, e quindi pochissimi parlavano la lingua necessaria ad infiltrare Cosa Nostra.
L’unità speciale
Petrosino ottenne il comando dell’unità , e per non farsi scoprire la insediò in un appartamento anonimo di Waverly Place, fingendo che fosse una impresa di costruzioni.
Il trucco funzionò così bene, che i vicini chiamarono la polizia per avvertirla dell’attività condotta nel loro edificio da muratori italiani sospettati di appartenere alla mafia, e un gruppo di agenti che non sapeva della missione segreta affidata a Petrosino fece un raid nel suo ufficio, che non finì a pistolettate solo perchè Joe tirò fuori in tempo il suo distintivo di detective.
Era diventato così bravo che nel 1909 il capo della polizia lo mandò in Italia per una operazione segreta: doveva scoprire le radici criminali di alcuni boss emigrati negli Usa, per poi cacciarli.
Il capo della polizia però non resistette alla tentazione di rivelare la missione di Petrosino, la mafia lo seppe, e lo ammazzò a Palermo.
Ora viene da chiedersi se fu solo un errore o un tradimento.
Paolo Mastrolilli
(da “La Stampa“)
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