LA CORNICE C’E’, MANCA IL QUADRO
MES, SURE E BEI OPERATIVI DA GIUGNO… IL RECOVERY FUND DIVENTA URGENTE MA NORD E SUD RESTANO DIVISI SUL NODO CHIAVE: PRESTITI O SOLDI A FONDO PERSO?
Non è bastata la disponibilità di Angela Merkel a contribuire di più al bilancio pluriennale europeo, “l’unico strumento” che Ursula von der Leyen ritiene possa ospitare il nuovo fondo europeo per la ripresa dopo la crisi Covid-19.
Al Consiglio europeo riunito in videoconferenza per oltre quattro ore, nord e sud Europa si dividono su una nuova direttrice: quanta parte dei fondi raccolti con bond comuni verrà erogata sotto forma di prestiti e quanta sotto forma di sovvenzioni a fondo perduto.
E così i 27 leader europei non vanno oltre le aspettative: si mettono d’accordo sulla cornice, vale a dire creare il nuovo fondo, ma manca il quadro.
Va detto che questo risultato non era affatto scontato un mese e mezzo fa. Addirittura “impensabile”, lo definiscono da Palazzo Chigi dove Giuseppe Conte esulta per l’esito del vertice: “E’ passato il principio che il ‘recovery fund’ è uno strumento urgente e assolutamente necessario. C’era l’Italia in prima fila a chiederlo”.
Ma per la proposta della Commissione europea, che dovrà dettagliare la dimensione del fondo — von der Leyen si limita a parlare di “trilioni e non miliardi” – e cercare “l’equilibrio” tra prestiti e sovvenzioni, bisognerà aspettare la “seconda o terza settimana di maggio”, dice la presidente in conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo Charles Michel.
Per la precisione, la data cerchiata in rosso è il 6 maggio. Inizialmente, la Commissione avrebbe dovuto presentare la proposta il 29 aprile. E dopo il 6 maggio, seguiranno le trattative tra gli Stati membri: nuovo Eurogruppo, nuovo vertice dei leader in videoconferenza per poi prendere la decisione finale con un summit a Bruxelles, cioè un incontro fisico tra i capi di Stato e di governo. Sempre quando la pandemia lo renderà possibile, di fatto questo è il metodo prescelto: la strada lunga, insomma.
Significa che c’è ancora tanto lavoro da fare.
La divisione tra gli Stati che chiedono più sovvenzioni a fondo perduto (Italia, Francia, Spagna, Portogallo e i paesi firmatari della lettera a Michel per il burrascoso consiglio del 26 marzo scorso in cui si chiedevano “strumenti di debito comune”) e quelli che invece spingono per i prestiti (Olanda in testa al fronte del nord, come al solito) è fresca e tutta da passare al setaccio. Anche se la riunione di oggi non ha avuto le increspature del Consiglio di fine marzo.
Il premier olandese Mark Rutte ribadisce che per lui il fondo europeo di ripresa dovrebbe erogare “prestiti”, mentre le “sovvenzioni” dovrebbero rimanere prerogativa del bilancio, ma anche lui promette “un approccio costruttivo”.
Da parte sua, Michel promette che verranno “privilegiati i paesi più colpiti”, “l’Europa dovrà dimostrare all’Italia che il progetto è forte e solidale e lo faremo”, e guarda il bicchiere mezzo pieno: “Il fatto che siamo arrivati a discutere di modalità significa che almeno siamo d’accordo sulla cornice”
Conte chiede che il fondo abbia una disponibilità di “1.500 miliardi”, con sovvenzioni a fondo perduto e non solo prestiti — appunto — perchè solo così, spiega, “si preserva l’integrità dei mercati”. Ma è il fattore tempo che preoccupa di più: “I soldi devono arrivare entro l’estate”, chiede il premier.
Nessuno si fa illusioni sulla possibilità di raggiungere un accordo sul bilancio entro l’estate (a febbraio i leader hanno fallito, gettando alle ortiche un vertice durato due giorni). Al governo in Italia coltivano ancora la speranza. Però c’è un altro spiraglio: la possibilità di mettere in piedi una ‘soluzione ponte’ per erogare immediatamente i finanziamenti che servono a fronteggiare la crisi.
Ne parla von der Leyen: “Molti Stati lo hanno chiesto e noi come Commissione prenderemo in considerazione questa richiesta”. Ne parla il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, nel suo intervento davanti ai leader prima dell’inizio del summit, facendo l’esempio di quando il piano dell’ex presidente della Commissione Jean Claude Juncker fu legato “all’intervento ponte di garanzia offerto dalla Bei (Banca europea per gli investimenti, ndr.) per assicurare l’immediata operatività del fondo”. Ne parla anche la governatrice della Bce Christine Lagarde, presente al Consiglio.
Però stavolta Merkel è in piena attività di mediazione, convinta che nessuno Stato possa prosperare se l’Ue non si regge, a cominciare dalla sua Germania. Anzi, a quanto si apprende da fonti diplomatiche, al vertice la cancelliera ha anche detto che bisogna “uniformare le politiche fiscali in Europa”.
E’ un colpo all’Olanda, paradiso fiscale nell’Ue, un segnale ai paesi del sud. Von der Leyen fa notare che intanto “3,3 trilioni di euro” sono stati messi in campo dall’Ue, con diversi strumenti tra cui l’intervento della Bei, il Mes, il piano Sure della Commissione di sostegno all’occupazione: questi tre, è stato deciso oggi, saranno operativi a giugno.
Ma invita i paesi ad aumentare la disponibilità del bilancio: va raddoppiata per almeno per i primi 2-3 anni, dall’1,2 per cento Pil Ue al 2 per cento, ovvero da 1000 a 2000 miliardi di euro.
Il ‘recovery fund’ è un progetto, non più un’idea. Ma ora servono i dettagli, che sono sostanza.
Dopo lo scontro nord-sud sulla discriminante ‘Mes-Eurobond’, ora c’è quello sempre nord-sud su ‘prestiti-sovvenzioni’, ‘loans-grants’ per usare il linguaggio internazionale. Non si presenta più semplice.
(da “Huffingtonpost”)
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