LA FRANCIA PLURALE TRA LUTTO ED ORGOGLIO
UN OCEANO PACIFICO CONTRO IL TERRORISMO… E HOLLANDE RADDOPPIA I CONSENSI
La Francia ha indossato i colori più belli per un’oceanica marcia contro il terrorismo e in memoria dei 17 caduti innocenti dei giorni scorsi.
Le piazze e i boulevard di Parigi si sono riempiti all’inverosimile del popolo della Rèpublique, quello dell’universalità dei diritti: franco-francesi e africani, ebrei con la kippa e musulmani che ora si sentono sotto tiro, famiglie intere con i bimbi sul passeggino e gente di tutte le età , senza bandiere di partiti e sindacati. Semmai bandiere di tutto il mondo.
Niente cordoni, fiumi di gente e striscioni fai-da-te. L’unico servizio d’ordine, con fascia rossa, l’hanno assicurato militanti di tutti i partiti, dai post-gollisti (Ump) ai comunisti.
Una sfilata “senza precedenti” dice il ministero dell’Interno.
La Prefettura rifiuta di dare i numeri e le stime più attendibili arrivano a due milioni di persone, tre o poco meno con con le manifestazioni in altre città francesi.
La Place de la Rèpublique era strapiena due ore prima, i due cortei fitti fitti hanno riempito i boulevard, marciapiede compresi, per poi riunirsi nella grande place de la Nation.
Non ci stavano tutti, strapiene anche le poche strade alternative accessibili, c’è chi non si è mai mosso da Rèpublique.
Cantavano la Marsigliese, innalzavano i cartelli “Je suis Charlie, je suis flic (poliziotto, molto più carino di sbirro, ndr), je suis juif (ebreo, ndr)” e scandivano slogan piuttosto rari, uno per tutti “merci à la police”.
E poliziotti e gendarmi erano lì, a stretto contatto.
Mai viste simili misure di sicurezza: chiuse numerose stazioni della metropolitana, blindati 3 dei 20 arrondissement della capitale, sbarrati gli accessi a quasi tutte le strade che incrociavano i due percorsi.
Tiratori scelti sui tetti, uomini in tenuta antisommossa o con la fascia arancione “police” a tutti gli angoli. La gente, passando, li salutava e li incoraggiava.
Il pericolo di attentati era ritenuto concreto, in Francia ci sono almeno un migliaio di jihadisti potenziali che potevano pensare di fare il botto, anche per imitare gli autori della strage nella redazione di Charlie Hebdo, dell’omicidio di una vigilessa 26enne e del sanguinoso sequestro di venerdì in un supermercato ebraico di periferia.
Chi era in piazza non ha neanche visto il corteo guidato dal presidente Franà§ois Hollande, accanto al presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita e alla cancelliera tedesca Angela Merkel e seguito da una cinquantina capi di stato e di governo dell’Europa e di mezzo mondo.
Compreso Matteo Renzi, certo, accolto molto affettuosamente da Hollande all’Eliseo ma poi confinato in seconda fila, dove sembrava quasi mettersi in punta di piedi. C’erano anche quelli che non avrebbero mai pensato di marciare insieme, il palestinese Abu Mazen e l’israeliano Benjamin Netanyahu.
All’Eliseo è tornato perfino Nicholas Sarkozy, accompagnato da Carla Bruni. Si è visto Romano Prodi.
“Oggi Parigi è la capitale del mondo”, ha detto Hollande.
Il presidente ha vinto la scommessa dell’unità nazionale, raccogliendo la profonda emozione di questi giorni e la volontà di non arrendersi di un Paese che, negli anni 80 e 90 e più di recente, aveva già subito la ferocia dell’islamismo ultraradicale.
Meglio ancora, ha emarginato Marine Le Pen che pure ha
molte carte da giocare in un Paese sensibile ai riflessi securitari più o meno xenofobi. La leader del Front Nazionale ha manifestato a Beaucaire, 17 mila abitanti nel sud della Francia.
Intanto Hollande potrebbe aver superato, nei numeri, le folle che accompagnarono Charles de Gaulle sugli Champs-Elysèes dopo la Liberazione e Franà§ois Mitterrand al Panthèon all’indomani della vittoria socialista del 1981. Gli ultimi capi di Stato scesi in piazza.
Circolano, all’Eliseo, sondaggi secondo i quali il presidente, in pochi giorni, avrebbe raddoppiato gli indici di popolarità , passando dal 16-17 al 35-36 per cento.
Non a caso qualche cartello innalzato qua e là ieri diceva “non à la recuperation politique”, cioè alla strumentalizzazione. E da domani la Francia sarà di nuovo alle prese con la sfida fondamentalista: dovrà decidere se la lotta al terrorismo giustifica o meno ulteriori restrizioni delle libertà , reclamate anche dagli specialisti di polizie e servizi.
Alessandro Mantovani
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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