LA LEGA SI SPACCA E PER ORA SALVA COSENTINO: RINVIATO IL VOTO
SLITTA LA DECISIONE SULL’ARRESTO…”COSI’ IL CARROCCIO DIFENDE IL REFERENTE DEI CASALESI”
Ci lavoravano da 48 ore e ce l’hanno fatta.
Quelli del Pdl hanno fatto saltare il tavolo su Nicola Cosentino nella giunta per le autorizzazioni.
Con l’escamotage di presentare nuove carte, prodotte dal capogruppo Pdl Maurizio Paniz, «che in realtà sono vecchissime» ribattono le Pd Ferranti e Samperi.
Si doveva votare ieri sull’arresto, visto che il 5 gennaio scadono i 30 giorni per rispondere alla richiesta dei magistrati di Napoli, ma sul filo, 11 voti contro 10, ha prevalso il rinvio.
Se ne riparla martedì 10.
Chiosa, a sera, l’autore di Gomorra Roberto Saviano: «Fa paura decidere sul suo arresto: se Cosentino decidesse di collaborare, molti pilastri del potere economico/politico rovinerebbero ».
Il lavorio del Pdl per lasciarlo libero è insistente. Anche lui si muove.
Si è fatto interrogare dal gip di Napoli e ora attende il risultato del tribunale del Riesame sull’ordine di custodia atteso per il 27 dicembre.
Decisione che tutto il Pdl aspetta, nella speranza di giocarselo in giunta, col risultato di svuotare la funzione del vaglio parlamentare.
Il rinvio scatena polemiche.
È «scandaloso » per l’Idv Federico Palomba. «Decisione a dir poco vergognosa, oltre che contraddittoria » per il finiano Nino Lo Presti.
La Pd Anna Finocchiaro definisce «irresponsabile» una Lega che «gioca su troppi tavoli». Ma i numeri comandano.
Quelli della destra prevalgono: 7 Pdl, due leghisti, Vincenzo D’Anna di Popolo e territorio e Mario Pepe, berlusconiano oggi nel gruppo misto.
Che lascia la giunta gongolando.
Perdono i 5 del Pd, i due di Fli, i due dell’Udc e Palomba dell’Idv.
Cade nel vuoto l’appello di Antonio Di Pietro a chiudere il caso Cosentino «entro l’anno» con un voto favorevole all’arresto «per fatti gravissimi».
Ma la Lega, spaccata, consente il rinvio. Che il Pdl non si assume nemmeno la responsabilità di chiedere, mandando avanti D’Anna.
Il caso Cosentino lacera il Carroccio.
Da una parte l’ex ministro dell’Interno Roberto Maroni, che chiama Luca Rodolfo Paolini per farlo votare per l’arresto.
Gli spiega che il partito non può perdere la faccia, dopo che lui stesso ha esultato per la cattura di Zagaria.
Ma Paolini fa insistente professione di innocenza sul tuttora coordinatore del Pdl in Campania che, per i pm di Napoli, è «il referente del potente clan camorrista».
Ripete che nelle carte non c’è «granchè » per ottenere le manette.
Lo maltratta la Ferranti: «Se sei convinto che sia un perseguitato perchè non voti contro l’arresto? ».
Si sparge la notizia che Paolini voglia dimettersi dalla giunta e di forti frizioni con la Lega. Lui smentisce. Mentre è in seduta lo chiama pure Bossi.
I tormenti leghisti si snodano mentre, in aula, si vota per autorizzare il via libera alle intercettazioni che il gip di Palermo Piergiorgio Morosini ritiene fondamentali per motivare l’accusa di corruzione aggravata dalla mafiosità per l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano.
Ci sono 60 assenti, ben 33 del Pdl.
Finisce male per Romano che minimizza («Mi aiuterà a dimostrare la mia estraneità ai fatti che mi si contestano»).
Liana Milella
(da “La Repubblica“)
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