LA LETTERA DI BERSANI NON FERMA RENZI, ANCHE ORLANDO SI SCHIERA CON LUI
“BERSANI E I SUOI CERCANO OGNI MOTIVO PER ROMPERE, LO FARANNO DI FRONTE A QUALUNQUE OFFERTA, ORMAI NON C’E’ RITORNO”
Matteo Renzi è dispiaciuto. Ma pensa che ormai non ci sia più nulla da fare con Pierluigi Bersani, l’avversario interno, l’ex segretario che se lui gli diceva “gufo”, gli rispondeva con la “mucca in corridoio”.
Metafore zoologiche di altri tempi, cui Renzi pensa pure con nostalgia ora che gli sembrano passate, andate forse per sempre, a due giorni dall’assemblea nazionale che farà scoccare l’ora fatidica del congresso del Pd 2017 e insieme quella della scissione del Pd.
Inesorabile per il segretario che sente di aver fatto tutti i passi possibili per evitarla.
Renzi passa la giornata al Nazareno con i suoi.
Si consulta con il vice Lorenzo Guerini, ascolta dal capogruppo alla Camera Ettore Rosato il resoconto della riunione dei deputati ieri sera. C’è anche Matteo Orfini nella sua stanza. E Matteo Richetti. E a pomeriggio inoltrato arriva anche Maurizio Martina. Ci sono contatti continui con Dario Franceschini, attivissimo per evitare il patatrac.
E con Andrea Orlando. Persino lui, ormai attestato su una esplicita linea critica con Renzi, riconosce che stavolta è la minoranza che dovrebbe fare un passo avanti.
“Dalla maggioranza ieri e oggi sono arrivati segnali importanti — scrive Orlando su Facebook – È fondamentale che ne arrivino da subito anche dalla minoranza. Solo così si può ricostruire il filo del dialogo. Credo che tutta la minoranza veda le conseguenze disastrose di una scissione. Si inizi a lavorare a partire dalle aperture che ci sono state in queste ore”.
Al Nazareno la parola più pronunciata è “ormai”. Della serie: Bersani e i suoi cercano ogni motivo per rompere, vogliono rompere e lo faranno di fronte a qualunque offerta. Ormai è fatta, non c’è nulla che il segretario possa tentare per evitare la rottura.
Renzi e i suoi sono convinti così. Per questo in vista di domenica la linea non tentenna. L’assemblea lancerà il congresso con primarie entro il 7 maggio, prima che scatti la campagna elettorale per le amministrative.
L’unica cosa destinata a cambiare è la data di lancio della candidatura di Renzi al Lingotto di Torino: il segretario l’ha annunciata per il secondo weekend di marzo, ma si è dimenticato di verificare la disponibilità della location. Che infatti che per quei giorni è occupata da iniziative concertistiche. Possibile rinvio in vista.
Ad ogni modo, il ‘congresso subito’ sbatte contro Bersani che, in esclusiva su Huffpost, alza il tiro, torna al suo punto di partenza, insiste col congresso in autunno dopo amministrative che prevedibilmente non faranno esultare nè il Pd, nè il suo segretario.
Insomma, Bersani fa saltare anche la fragile intesa raggiunta ieri sulla conferenza programmatica da tenersi insieme al congresso, chiesta da Orlando che infatti oggi difende ancora la mediazione raggiunta.
“Sembra che l’obiettivo sia la scissione e non il congresso”, tira le fila Rosato in riferimento al fatto che “i bersaniani l’avevano chiesto il congresso e ora che lo facciamo non lo vogliono?”.
“Ormai il vincolo di fiducia è saltato…”, dice Richetti, conversando in un corridoio del Transatlantico dopo aver incontrato Renzi al Nazareno. La sua è una presa d’atto. Richetti è un renziano che non ha mai nascosto critiche al leader, fino al punto di incrinare i rapporti, poi recuperati prima del referendum.
E ora racconta: “Ieri in assemblea di gruppo ho anche dato ragione a Bersani, roba che lui non s’aspettava: è sobbalzato sulla sedia. Ma gli ho dato ragione sul governo: ok lo appoggiamo fino al 2018, ci sono tante cose da fare. E anche sulla legge elettorale: è vero, dobbiamo discutere a fondo. Ma il congresso no. Insomma: Renzi è stato sconfitto al referendum, il minimo che possiamo fare è un congresso prima delle amministrative. Perchè non lo vogliono?”.
Mentre Richetti parla, passa il bersaniano Nico Stumpo che gli dà una pacca sulla testa e se la ride. Si abbracciano. “Ma vedi se dovremo pure far finta di stare in due partiti diversi!”, dice Richetti.
Al di là delle simpatie personali, sembra che il destino politico sia segnato. Sembra che la macchina si sia messa in moto e nessuno riesca a fermarla. E’ solo una questione di quanti saliranno a bordo.
Domanda fondamentale perchè la risposta dirà che primarie del Pd saranno.
Chi saranno infatti gli avversari di Renzi, se se ne vanno tutti da Rossi a Emiliano a Speranza, i tre che dopodomani, alla vigilia dell’assemblea del Pd, hanno lanciato una sorta di ‘assemblea della scissione’?
“E’ in corso un accompagnamento coatto all’uscita del Pd”, ci dice in Transatlantico il deputato pugliese Dario Ginefra, al fianco di Emiliano in questa battaglia, “Sta prevalendo un’idea dirigista del Pd”.
Davvero è così? Aspetta di capirlo anche Orlando. Perchè dall’entità della scissione dipende anche la sua candidatura alle primarie. Per ora, la mediazione del Guardasigilli permette ai renziani di caricare su Bersani.
“Matteo Renzi si è già fermato. Ha deciso di anticipare il congresso per rendere libera e vera la discussione politica e programmatica del Partito Democratico. Adesso si fermi Bersani e la paventata scissione”, dice la senatrice Francesca Puglisi, renziana di Areadem.
“Caro Pierluigi Bersani, in politica si può essere irresponsabili in molti modi. Il peggiore consiste nel perseguire la rottura mentre si dice di voler cercare l’unità ; nel chiudere la porta in faccia agli altri fingendo di lottare per tenerla aperta”, dice Dario Parrini, segretario del Pd Toscana e deputato.
Ora il cerino è nelle mani di Bersani. Sull’altra riva ad aspettare Renzi, Orlando e anche Dario Franceschini che invece non si rassegna alla scissione e anche ieri sera ha tentato mediazioni all’assemblea del gruppo, predicando premio di coalizione e chiedendo che non fosse messo in votazione il documento del bersaniano Lattuca contro i capilista: “Troppo divisivo”.
Sulla legge elettorale comunque è tutto da rifare, a cominciare dal calendario d’aula. “Non vorrei stesse prevalendo il ‘meno siamo, meglio stiamo’, visto che si potrebbe votare col proporzionale”, dice Ginefra alludendo ai posti in lista, argomento nascosto di ogni tesi congressuale.
(da “Huffingtonpost“)
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