LA MINA PUBBLICITA’ SULLA RIAPPACIFICAZIONE SALVINI-BERLUSCONI
L’UNICO MODO PER METTERE IN DIFFICOLTA’ SALVINI E’ TOCCARE LA ROBA DEL CAVALIERE AL QUALE IL LEGHISTA AVEVA DATO GARANZIE
L’entità della posta in gioco è nelle parole che Silvio Berlusconi scandisce dopo la lettura dell’intervista al Fatto di Vito Crimi, sottosegretario con delega all’Editoria: “Questa — dice l’ex premier — è la prima cosa che voglio chiarire con Salvini quando ci vediamo. La Lega vuole stare a guardare mentre mi riducono le aziende in rottami?”. La rottamazione consiste nella proposta di introdurre i “tetti” sulla pubblicità in tv, spostandola su altri comparti. Un colpo morale, per Mediaset.
Che il Fatto quantifica attorno ai 750 milioni di euro l’anno, pari al 20 per cento dei ricavi. Questa la cifra che perderebbero le aziende se la fetta di pubblicità del Biscione venisse ricondotta alla dimensione degli ascolti.
È una mina sul “patto” sostanziale che ha reso possibile la nascita del governo giallo-verde, fondato sul “via libera” di Silvio Berlusconi in cambio della tutela, o quantomeno della non belligeranza sui suoi interessi aziendali.
Mina peraltro piantata proprio alla vigilia dell’incontro ad Arcore con Matteo Salvini, per chiudere su Marcello Foa la questione della presidenza della Rai.
La domanda nasce spontanea: perchè, proprio adesso stressare la trattativa, annunciando di voler colpire Berlusconi sulla cosa che gli sta più a cuore?
Il sottosegretario Crimi non è uno sprovveduto che si fa prendere dal narcisismo mediatico, anzi è uno accorto, attento a misurare passi e parole.
E non è casuale neanche la scelta del giornale, punto di riferimento del vasto mondo pentastellato, che da settimane ormai invita Di Maio a “staccare la spina”, perchè la convivenza con Salvini si sta mostrando insostenibile.
Sta succedendo questo. In un crescendo di competition e insofferenza tra i due partner di governo — vai alla voce: giustizia, nazionalizzazione, finanziaria — i Cinque stelle hanno deciso di dare una “sterzata” rispetto all’impostazione tutta istituzionale fin qui seguita che ha prodotto uno stato di subalternità al leader della Lega, vero premier di fatto di questi primi mesi di governo.
E dunque, a Cernobbio, ad esempio, Di Maio, titolare di un polo economico non irrilevante, quest’anno non è andato per mantenere una distanza simbolica dall’establishment.
Per dirne un’altra: tra tutte le date disponibili, la manifestazione “Italia a Cinque Stelle” è stata convocata lo stesso week end della Leopolda, col preciso intento (se ne è parlato con Grillo e Casaleggio) di polarizzare lo scontro col nemico di sempre, Matteo Renzi, già battuto al referendum e alle politiche, insomma una sicurezza.
Ma soprattutto c’è la questione Silvio Berlusconi, non tanto perchè considerato il nemico che turba i sonni per forza e potenza di fuoco, ma in quando tallone d’Achille di Salvini.
Detta in modo un po’ brutale: il leader della Lega, assurto a simbolo del rinnovamento sovranista, si porrà , sul dossier dei tetti pubblicitari e non solo, come alfiere del “cambiamento” o come difensore degli interessi di Berlusconi?
C’è una istantanea che fotografa il cambiamento di clima attorno al cuore del patto di governo.
Sabato scorso, Giuseppe Conte e Luigi Di Maio si sono incontrati con l’amministratore delegato di Vivendi Arnauld de Puyfontaine a Bisceglie, nell’ambito del convegno Digithon, organizzato come ogni anno dal parlamentare del Pd Francesco Boccia.
È stata l’occasione per due chiacchiere a quattr’occhi. Un passo indietro: qualche mese fa, poche settimane prima della nascita del governo gialloverde, lo status quo televisivo fu garantito a Berlusconi grazie a una operazione garantita dal governo Gentiloni, ma mai contestata (anzi la Lega la lodò) dai futuri partener di governo. Ovvero l’ingresso di Cassa depositi e prestiti in Telecom e l’alleanza con fondo di investimento Elliott (il nuovo proprietario del Milan per intenderci) in funzione anti-Vivendi.
Tornando a Bisceglie. De Puyfontaine dal palco ha spiegato che per Vivendi l’Italia resta un investimento di lungo termine e soprattutto ha parlato dell’importanza strategica di Sparkle, la società di Tim che il fondo Elliot dopo l’ingresso in Cdp vorrebbe vendere.
Insomma, Conte e Di Maio hanno messo la testa sul dossier e hanno cominciato a capire l’anomalia dell’alleanza di Cdp con un fondo speculativo.
E anche su quali interessi di Berlusconi si fonda questa sorta di desistenza tra il Cavaliere e il governo, attraverso Salvini.
È chiaro quale è il gioco di Vivendi finora bloccato: rientrare nella partita Mediaset attraverso un diverso ruolo di Cdp, i cui vertici sono stati nominati da poco — diciamo così per semplificare — in “quota” Cinque Stelle.
Dalla Lega trapela un imbarazzato silenzio, alla vigilia dell’incontro di Arcore al momento previsto tra domenica e lunedì.
(da “Huffingtonpost”)
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